Cinque Lustri: Gip conferma le accuse, Barbieri resta in carcere

24 gen 17 Ha confermato in toto le accuse delle DDA calabresi il gip di Roma, luogo di residenza dell'imprenditore, contro Giorgio Barbieri riconosciuto il colletto bianco del clan Multo negli appalti pubblici. Assieme a lui in carcere restano anche l'ex socio Carlo Cittadini, Cristiano Zuliani il dominus ex machina dei Morabito attivo nel ripulire l'immagine dei clan attraverso le procure speciali e Mirko Pellegrini. Per tutti confermato sia il fermo che la misura cautelare.

Confermata la misura cauterale per la moglie di Muto, Angelina Corsanto ma non per Maria Vittoria Plastina ed Emilio Cipolla, a cui non è stato riconosciuto il reato di associazione a delinquere. Conferme di carcerazione anche per la parte reggina dell'inchiesta da parte del Gip di Palmi Indellicati che riguarda Massimo Minniti e Paolo Ramondino, gli esponenti del gruppo Bagalà, interfaccia del clan Piromalli, Luigi Bagalà, Giuseppe Bagalà, Francesco Bagalà ('77), Francesco Bagalà ('90), i funzionari corrotti del Comune di Gioia Tauro, Pasquale Rocco Nicoletta e Angela Nicoletta, così come Giorgio Morabito, il collegamento al gruppo Bagalà, che a sua volta è l'interfaccia al clan Piromalli. Domiciliari per Domenico Coppola, Vito La Greco, Angelo Zurzolo, Rocco Leva, Gaspare Castiglione, Santo Fedele, Francesco Fedele e Bruno Polifroni. Per gli arresti nelle altre province i Gip di Agrigento, Locri e Palermo hanno lasciato in Sicilia uno in carcere e due ai domiciliari mentre a Locri i due funzionari della SOA sono stati scarcerati. Lo stesso ha fatto il Gip do Velletri che non ha riconsociuto le esigenze cautelari. Dei 27 decreti emessi dalla DDA di Reggio Calabria, dunque, 13 restano in carcere, 11 vanno ai domiciliari mentre 3 sono stati liberati. In sintesi il gruppo criminale aveva creato una vera joint venture in cui le piazze si scambiavano lavori e appalti. I Barbieri a Gioia hanno messo mani al "Waterfront" di Gioia Tauro, i Bagalà ai lavori di Piazza Bilotti. Una joint venture che, di fatto, sottolinea il forte rapporto tra le cosche Muto e Piromalli.

Ristretto rimane anche il collegamento che Barbieri aveva con il clan Muto, Massimo Longo, fac totum dell'impresa Barbieri che con la gestione della sala giochi -sottolineano gli inquirenti- aveva il delicato compito di trasformare le vincite in introiti per i clan. Undicimila euro al mese che passavano attraverso il trucco degli scontrini della vincite sottratti agli ignari giocatori. Soldi che finivano nelle mani di Davide Bencardino, dipendente della Eurofish di Cetraro dei Muto, anche per lui confermato il carcere, che sua volta li consegnava alla moglie del re del pesce, la Corsanto. Ma anche quando si preoccupò di informare Barbieri delle richieste dei clan cosentini che volevano, presubilmente, la controparte dell'appalto. I due cosentini che si presentarono a Longo, Giuseppe Caputo e Mario Piromallo, sono stati invece scarcerati.

Eclatante esempio di cointeressenza economica tra la cosca Muto e l'imprenditore Barbieri è la gestione della sala giochi “SalaSlot6” a Cosenza, con modalità che consentano l’uscita di importanti somme di denaro attraverso la creazione di un conto dedicato cui far confluire denaro apparentemente proveniente da vincite fatte risultare in capo alla moglie del braccio destro del Barbieri, Massimo Longo, ma che in realtà vengono previamente liquidate per contanti ai reali vincitori.

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