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    Catturato il boss Marcello Pesce dettu "u ballerinu", era a casa ...

     

    Catturato boss Marcello Pesce "u ballerinu", era a casa. Usava il calcio per consenso sociale

    01 dic 16 E' stato catturato dalla Polizia di Stato a Rosarno (Reggio Calabria) il latitante Marcello Pesce, boss della 'ndrangheta ricercato dal 2010 per associazione di stampo mafioso. Marcello Pesce, detto ''U Ballerinu'', fa parte dell'omonima cosca guidata da Antonino Pesce, operativa nella Piana di Gioia Tauro e con propaggini in Lombardia e tutto il Nord Italia. Pesce era nascosto in un'abitazione al centro di Rosarno. Il blitz degli uomini del Servizio centrale operativo e della squadra mobile di Reggio Calabria è scattato attorno alle 5, quando si è avuta la certezza che il boss fosse proprio lì. Assieme a Pesce sono stati arrestati anche altre due persone con l'accusa di favoreggiamento.

    --- Video Arresto boss Marcello Pesce (VIDEO)

    --- Cattura boss Pesce, dichiarazioni e commenti

    Usava il calcio per consenso sociale. E' appassionato di calcio, tanto da essere stato presidente e proprietario - direttamente o indirettamente - di due squadre dilettantistiche Marcello Pesce, detto il "ballerino", il latitante di 'ndrangheta arrestato stamani dalla polizia. Ma l'interesse per il calcio, secondo gli investigatori, non era solo passione. Col controllo di squadre come l'Interpiana di Rosarno, od il Sapri (Salerno), Pesce contava anche di raccogliere l'ammirazione dei tifosi e quindi il consenso per la sua organizzazione criminale. Marcello Pesce, figlio di Rocco e nipote del defunto boss Giuseppe, è ritenuto il capo indiscusso dell'omonima cosca. Negli ultimi anni, ad accusarlo, era stata anche sua cugina, Giuseppina Pesce, figlia del boss Salvatore, divenuta collaboratrice di giustizia.

    Sul comodino libri di Proust e Sartre. Aveva sul comodino molti libri di autori classici e pensatori, Marcello Pesce, il boss latitante. "La cosa che più ha destato sorpresa - ha detto uno degli uomini della sezione 'catturandi' della squadra mobile di Reggio Calabria - è stato l'avere scoperto molti libri che Pesce probabilmente leggeva". Tra i volumi sequestrati a Pesce dagli uomini guidati da Francesco Rattà, dirigente della squadra mobile reggina, "La Recherche" di Marcel Proust, "I Detective selvaggi" di Roberto Bolano, "L'età della ragione" di Jean Paul Sartre, libri di Tolstoj, "che lasciano pensare non solo sulla caratura criminale di questo personaggio". "Stamani - ha detto il questore Raffaele Grassi incontrando i giornalisti - ho ricevuto una telefonata di complimenti dal capo della Polizia che ho partecipato al personale protagonista dell'operazione. Marcello Pesce ha un ruolo molto strategico nella 'ndrangheta, e non solo come capo della sua 'famiglia', ma anche come personaggio di spicco nelle strategie complessive dell'organizzazione". "E' una bellissima giornata - ha detto il procuratore Federico Cafiero de Raho - e tengo a rilevare che nessun latitante catturato finora è stato frutto di fonti confidenziali, ma di duro e discreto lavoro della squadra mobile di Reggio Calabria. Lo dico perché non ci sono patti da osservare perché lo Stato si muove esclusivamente per affermare le regole". "L'operazione - ha detto il procuratore aggiunto Gaetano Paci - non era sicuramente scontata dal punto di vista del risultato. Il personale della polizia di Stato si è trovato ad operare in un contesto molto particolare, dentro un quartiere densamente abitato e con il rischio effettivo di un conflitto a fuoco. Fortunatamente così non è stato, ma non si è trattato solo di un caso, ma di un lavoro preparatorio condotto minuziosamente sul terreno fino a conoscere in maniera quasi certa la posizione di Pesce e l'abitazione in cui aveva trovato complicità. Marcello Pesce non si era certamente autorecluso. Anzi, da numerose segnalazioni si muoveva in tutta Europa per mantenere vivi in contatti, soprattutto per i traffici di stupefacenti." Per Rattà Pesce è "un'intelligenza presta al crimine. Non ha opposto resistenza e ha detto di avermi riconosciuto da alcune immagini televisive. Credo che da questo momento - ha terminato il dirigente della squadra mobile - si sia fatto ancora più spazio a Rosarno per le persone perbene". Insieme a Pesce sono stati arrestati Salvatore e Pasquale Figliuzzi, padre e figlio, incensurati, che erano con lui.

    Ricercato dal 2010. Era ricercato dal 26 aprile 2010, quando sfuggì alla cattura nell'operazione "All inside", Marcello Pesce, il boss latitante arrestato all'alba dalla polizia a Rosarno. L'uomo, al momento dell'irruzione degli agenti dello Sco e della squadra mobile di Reggio Calabria, era in camera da letto e non era armato. Non ha opposto resistenza ed è stato arrestato insieme a due uomini, padre e figlio, che erano nell'appartamento con lui. Condannato in appello a 16 anni e 8 mesi di reclusione per associazione mafiosa, Marcello Pesce è ritenuto dagli investigatori il capo strategico dell'omonima cosca, una delle più potenti dell'intero panorama 'ndranghetista. Pesce era tra i latitanti di 'ndrangheta più importanti ancora liberi.

    Processato con Licio Gelli, entrambi assolti. Marcello Pesce negli anni '90 fu coinvolto insieme all'ex capo della loggia P2 Licio Gelli nell'inchiesta su mafia, politica e massoneria avviata dall'allora procuratore di Palmi Agostino Cordova. I due, oltre a politici e presunti 'ndranghetisti, furono poi assolti nel marzo del 1995 dai giudici del Tribunale di Palmi. L'inchiesta riguardava il presunto intreccio tra un'organizzazione dedita al traffico di droga con armi con il mondo politico ed affaristico con conseguente voto di scambio. Secondo l'accusa, le cosche Pesce-Pisano si erano federate tra di loro per gestire i traffici illeciti con uomini di fiducia che operavano in Toscana, Liguria, Lombardia, Marche, Emilia Romagna, Puglia, Campania e Calabria. A Rosarno, nella piana di Gioia Tauro, c'era la base operativa e decisionale dell' organizzazione. All'inchiesta avevano contribuito anche alcuni pentiti.

    Prefetto: Duro colpo alle cosche. Il prefetto di Reggio Calabria Michele di Bari, è scritto in una nota, "ha rivolto un messaggio di vivo apprezzamento al Questore, alle donne e agli uomini della Polizia di Stato che hanno operato, sapientemente ed efficacemente coordinati dalla locale Direzione distrettuale antimafia, con determinazione e professionalità hanno inferto un ulteriore, duro colpo alla 'ndrangheta, toccata ai vertici della struttura", con l'arresto del boss latitante Marcello Pesce. "Il significativo risultato giudiziario conseguito, sommato alle numerose azioni di prevenzione e contrasto ad ogni forma di illegalità quotidianamente poste in essere dalla Prefettura, dalle Forze di Polizia, dalla Magistratura - afferma il Prefetto - contribuiscono a confermare la fiducia dei cittadini calabresi nelle Istituzioni dello Stato impegnate, in un rapporto di fruttuosa e costante collaborazione e coesione, a prevenire, contrastare e reprimere le forme di dominio della 'ndrangheta nel tessuto sociale, civile ed economico della provincia".

    "Siamo davvero soddisfatti che il lavoro incessante svolto con spirito di abnegazione e paziente determinazione e professionalità dai colleghi della Squadra Mobile di Reggio Calabria e dagli uomini dello Sco, si sia concluso nel migliore dei modi con l'arresto di uno tra i più pericolosi latitanti della 'ndrangheta. Segno che la vigilanza, l'attenzione e l'attività di investigazione non conoscono tregua per assicurare alla giustizia pericolosi criminali". Così Enzo Letizia, segretario dell'Associazione nazionale funzionari polizia (Anfp), sull'arresto del boss Marcello Pesce.

    "Esprimiamo soddisfazione e grande apprezzamento all'ennesimo risultato conseguito dalla questura di Reggio Calabria con l'arresto del pericoloso latitante Marcello Pesce, boss di grande rilievo ed estremamente pericoloso, ancora operante sul proprio territorio nel quale si assicurava la latitanza". Lo dice il segretario generale del sindacato di polizia Siulp, Felice Romano. "Ancora una volta - sottolinea Romano - la straordinarietà del risultato raggiunto, grazie al sapiente e costante lavoro di 'squadra' della Questura di Reggio Calabria con lo Sco e la locale Procura che ha coordinato il tutto, risiede nell'ordinarietà del lavoro delle donne e degli uomini della Polizia di Stato che, con abnegazione e paziente caparbietà hanno saputo rompere il muro dell'omertà e di protezione che quel territorio aveva eretto a difesa della latitanza del pericoloso latitante".

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