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    Operazione Minotauro: inchiesta partita da rivelazioni pentito

     

     

    Operazione Minotauro: inchiesta partita da rivelazioni pentito, durata 5 anni. Caselli: grave intreccio politiica-mafia

    08 giu 11 Un duro colpo alla 'ndrangheta che da tempo si è radicata a Torino e provincia: 151 arresti sono stati eseguiti la scorsa notte dai carabinieri nelle province di Torino, Milano, Modena e Reggio Calabria. Altre 40 persone sono state indagate in stato di libertà. Contestualmente la guardia di finanza ha eseguito sequestri per complessivi 117 milioni di euro. A coordinare la maxi-operazione, frutto di cinque anni di indagini, è stata la Direzione Distrettuale Antimafia della procura del capoluogo piemontese. Tutto è partito dalle rivelazioni di un collaboratore di giustizia, Rocco Varacalli. Ma poi l'inchiesta ha avuto risvolti quasi inaspettati. In manette sono finite, nella quasi totalità dei casi, persone di origine calabrese. La maggior parte di loro risiede in provincia di Torino, dove la 'ndrangheta, secondo quanto accertato dall'indagine, è ormai consolidata e strutturata. Gli investigatori hanno individuato e sgominato 11 cellule tra cui la cosiddetta 'crimine', che si occupa delle azioni violente. Numerosi i reati contestati agli arrestati: associazione di tipo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, porto e detenzione illegale di armi, trasferimento fraudolento di valori, usura, estorsione e altri ancora. Evidente il rapporto della 'ndrangheta con la politica. A tale proposito il procuratore di Torino, Gian Carlo Caselli, ha parlato chiaramente di ''amorevole intreccio che dà all'inchiesta un risvolto inquietante". Al momento, però, soltanto un politico, l'ex sindaco Pdl di Leinì (Torino), Nevio Coral, 71 anni, noto anche per essere il suocero dell'assessore regionale piemontese alla Sanità Caterina Ferrero (che ha rimesso le deleghe in seguito al suo coinvolgimento nello scandalo della sanità piemontese), è stato arrestato. Sul suo conto ci sarebbero prove schiaccianti tra cui anche un'intercettazione in cui parla con un affiliato alle cosche di come "creare un gruppo" per avere il controllo del territorio. Il procuratore Caselli, nella conferenza stampa di presentazione dei risultati dell'operazione, lo ha definito "il biglietto da visita della 'ndrangheta da spendere nel mondo politico e imprenditoriale piemontese''. Amare le osservazioni del procuratore Caselli: "credo di poter serenamente dire - ha detto - che stupisce e amareggia, a dir davvero poco, che siano purtroppo in tanti, in particolare politici e amministratori, ad intrattenere abitualmente simpatici e proficui rapporti, quasi sempre d'affari o di scambio, con persone riconducibili all'ambiente e all'entourage mafioso, creando un amorevole intreccio di cui questa inchiesta offre, utilizzando dati in 'presa diretta', uno spaccato inquietante".

    De Vita: Operazione straordinaria. Quella che ha portato a 151 arresti tra affiliati alla 'ndrangheta in tutta Italia è stata, per il comandante provinciale dei carabinieri di Torino, colonnello Antonio De Vita "un'operazione fatta da uomini straordinari con mezzi ordinari". L'inchiesta, partita dalle rivelazioni di un collaboratore di giustizia, è durata cinque anni. De Vita ha sottolineato che in questo periodo, pur portando avanti l'operazione e nonostante le ristrettezze economiche "non sono state trascurate le esigenze della città". Il comandante ha dedicato l'operazione a due militari rimasti uccisi in servizio nel 2009: il carabiniere Carmelo Gamuzza, 26 anni, morto nello scontro con un'auto guidata da un conducente sotto effetto di droga, e il brigadiere Marino Ferraro, 42 anni, travolto da un treno mentre inseguiva uno spacciatore. L'inchiesta sull' 'ndrangheta che oggi ha portato a 151 misure cautelari e' partita dalle rivelazioni di un pentito. Lo ha rivelato il procuratore di Torino, Gian Carlo Caselli. Si tratta di Rocco Varacalli. "Parlando in termini pugilistici - ha detto Caselli - abbiamo dato un uno-due di speciale incisività alla 'ndrangheta. I carabinieri hanno fatto uno sforzo eccezionale, in cinque anni che sono stati difficili e faticosi''. E sullo sforzo dell'Arma il comandante provinciale Antonio De Vita ha precisato di non avere parlato di ristrettezze economiche, ma di "ottimi risultati raggiunti quando ci sono la squadra e lo spirito". Guardando il gigantesco tabellone con la genealogia dei 151 arrestati ha aggiunto: "di solito sono contrario ai tabelloni, ma in questo caso era il modo migliore di raffigurare tutto il lavoro che abbiamo fatto".

    Intreccio preoccupante mafia-politica. ''L'amorevole intreccio tra criminalità organizzata e politica dà a quest'inchiesta un risvolto inquietante. E' una vergogna inaccettabile". Lo ha detto il procuratore di Torino, Gian Carlo Caselli, durante la conferenza stampa sull'inchiesta che ha comportato 151 arresti per 'ndrangheta sul territorio nazionale. Al momento l'unico politico arrestato è Nevio Coral, ex sindaco Pdl di Leinì (Torino), ma l'inchiesta è destinata a proseguire per approfondire i legami dell'organizzazione con il potere. "Il dato oggettivo - ha spiegato Caselli - è la sistematicità del rapporto tra potere politico e organizzazione mafiosa. Il voto di scambio avveniva a qualsiasi livello. Si tratta di episodi singoli, purtroppo numerosi, di politici che intrattengono rapporti con l'ambiente mafioso. Questi vanno al di là degli schieramenti politici: ne abbiamo accertati di orientamenti opposti. Gli affiliati sono convinti che una persona appoggiata sappia dimostrare devozione. Gli accertamenti sono ancora all'inizio"

    Ricerca favori e coperture nel DNA della ndrangheta. Un ritratto amaro quello tratteggiato dal procuratore Giancarlo Caselli alla conferenza stampa sulla maxi-inchiesta sull' 'ndrangheta che ha portato a 151 misure cautelari in carcere. Amaro l'intreccio che emerge tra mafia e politici. "Si tratta di casi specifici che non è lecito generalizzare - ha precisato il procuratore Caselli - del resto è noto come sia nel dna delle mafie, 'ndrangheta compresa, ovviamente, ricercare e coltivare sistematicamente relazioni esterne che assicurino favori, coperture, affari''. "In questo contesto - ha aggiunto il procuratore - centrale é il cosiddetto voto di scambio, del quale anche vi sono significativi esempi in questa inchiesta relativamente e consultazioni provinciali, comunali, europee". Sottolineando come "gli accertamenti relativi alle persone che hanno avuto rapporti telefonici e non solo, con esponenti della 'ndrangheta siano ancora in una fase assolutamente iniziale'', Caselli ha ancora osservato come le indagini abbiano fatto "emergere posizioni decisamente trasversali, cioé riconducibili a soggetti di orientamento o collocazione politica anche opposti, così da interessare, per queste singole e specifiche posizioni, ampie parti del panorama complessivo". "E' una vergogna inaccettabile - ha ribadito e concluso Caselli - che nella città in cui il procuratore Bruno Caccia è stato ucciso su mandato 'ndranghetista, ci siano personaggi che vivono ed operano nel mondo 'legalé, talora con responsabilità istituzionali di rilievo, disposti a trescare e trattare con mafiosi e/o paramafiosi come se niente fosse, con assoluta normalita, è una vergogna inaccettabile"

    Formule e rito per entrare nelle cosche. "Se fino adesso lo conoscevo come una camorrista di sgarro, da questo momento in poi lo conosco come un fratello di Santa fatto in voce": si tratta di una delle formule utilizzate per la 'promozione' di un componente della 'ndrangheta contenute nel manoscritto ritrovato dai carabinieri in Piemonte. L'inchiesta, i cui risultati sono stati presentati oggi, infatti, ha permesso anche di accertare i meccanismi interni alle 'ndrine presenti sul territorio della provincia di Torino. Tra questi, le vere e proprie cerimonie che venivano organizzate per l'ammissione nell'organizzazione e per la promozione all'interno della stessa, che avvenivano mediante patti di sangue. Nell'ordinanza viene narrato un episodio avvenuto a Settimo Torinese per il conferimento del grado di 'camorrista di sgarro'. Oltre alla pronuncia di formule rituali, il destinatario della promozione era chiamato a scegliere un suo difensore, all'interno del gruppo, nel caso fosse accusato di qualcosa; la cosca a sua volta designava l'eventuale accusatore. Durante il rito, i componenti della 'ndrina ''erano posti a semicerchio"; il capo praticava un taglietto al polso del promosso e poi faceva finta di baciarlo. A quel punto la promozione era da considerarsi ottenuta. Particolare importanza, nell'ambito dei rapporti tra le diverse 'locali' (le organizzazioni 'ndranghetiste di base) avevano invece eventi quali comunioni, feste di compleanno e soprattutto funerali. Alcuni di questi sono stati oggetto di filmati da parte gli investigatori, che hanno visto incontrarsi e parlarsi diversi degli arrestati. Anche in questo caso, hanno documentato i filmati, veniva utilizzato un linguaggio codificato per comunicare. Proprio le immagini, insieme alle intercettazioni ambientali e telefoniche, sono state decisive per individuare tutti i componenti delle cosche e per incasellarli, ognuno con un proprio ruolo, nel maxi-tabellone esposto stamani durante la conferenza stampa di presentazione dei risultati dell'inchiesta.

    Associaizone mafiosa per suocero ex assessore. Deve rispondere di concorso esterno in associazione mafiosa Nevio Coral, 71 anni, per 30 sindaco di Leini (Torino) e suocero dell'assessore regionale alla sanità (che ha rimesso le deleghe) Caterina Ferrero. Le prove a suo carico, hanno detto gli investigatori, sono pesanti. Tra queste anche un'intercettazione di una sua conversazione con un appartenente alle 'ndrine in cui pronuncia la frase ''il principio che dobbiamo adottare è la creazione di un gruppo: ne mettiamo uno in municipio, uno in consiglio comunale, uno alla pro loco e così diventiamo un gruppo forte". Secondo il procuratore Gian Carlo Caselli, si tratta del "biglietto da visita della 'ndrangheta da spendere nel mondo politico e imprenditoriale piemontese. Non c'é alcun dubbio del gip sulla sua consapevolezza". Sempre Caselli lo ha definito "un soggetto ben collocato nell'ambiente 'ndranghetista, che foraggia gli affiliati quando detenuti, che promette posti di lavoro, che consente a esponenti malavitosi di insediare la sede della loro impresa nei capannoni della sua azienda, la Coral spa''

    Procuratore invita alla denuncia. Un invito a denunciare i soprusi subiti dalla criminalita' organizzata, durante la presentazione dei risultati dell'inchiesta sulla 'ndrangheta in Piemonte, e' stato fatto dal sostituto procuratore nazionale antimafia Antonio Patrono. "Quest'operazione - ha detto - è l'occasione per tutte le forze di polizia ma anche per tutti i cittadini di dare un colpo risolutivo per estirpare la criminalità organizzata. Tutti coloro che hanno avuto a che fare con la 'ndrangheta, che ne sono le vittime o che sono a conoscenza di fatti, sanno che non devono avere paura perche' da questa parte c'é la volontà di risolvere i problemi. Per noi è un nuovo inizio"

    Organizzazzione capillare a Torino. Secondo quanto accertato dai carabinieri, la 'ndrangheta aveva messo radici profonde in provincia di Torino. Si era strutturata in un'organizzazione capillare divisa in undici cellule. C'erano le nove cellule 'locali', strutture organizzative di base che hanno la loro sede principale in Calabria, la 'crimine', la struttura-funzione ricoperta e svolta dagli affiliati che avevano la responsabilità delle azioni violente, e una 'bastarda', una cellula territoriale non ufficialmente riconosciuta dall'organizzazione. Tre delle 'locali' erano a Torino: quella principale dei 'gioiosani', provenienti da Gioiosa Ionica (Reggio Calabria), quella dei 'natiloti', provenienti da Natile di Careri (Reggio Calabria), e quella dei 'sidernesi', provenienti da Siderno. Altre sei, invece, si trovavano in provincia, rispettivamente a Cuorgné, Volpiano, Rivoli, San Giusto Canavese, Chivasso e Moncalieri. La cosiddetta 'bastarda', invece, operava nella zona di Rivarolo Canavese.

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