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      Filorosso “l'Unical doveva cambiare la Calabria ma non c'è (ancora) riuscita”

       

       

      Filorosso “l'Unical doveva cambiare la Calabria ma non c'è (ancora) riuscita”

      20 set 22 L’Università della Calabria ha cambiato la Calabria oppure la Calabria ha cambiato l’Università della Calabria? Passata la festa per i 50 anni dell’Unical, forse possiamo tentare di ragionare in maniera critica sul dubbio amletico che accompagna la storia dell’ateneo. E' innegabile che tanti giovani calabresi senza l’Unical non avrebbero potuto studiare e laurearsi, senza il Campus e i servizi del Centro Residenziale non avrebbero vissuto pienamente l’esperienza universitaria. Così come senza Filorosso, tanti studenti e studentesse non avrebbero avuto altri spazi di aggregazione, socialità, espressione, impegno. Ma che ricaduta ha avuto tutto questo sul territorio, quanto si è modificato il tessuto sociale, quanto ha influito sulle nostre comunità, sulla qualità della vita, sull’amministrazione e il buon governo? C’è una testimonianza che ci ha colpito più di tutte nel bel revival proposto dalla comunicazione d’ateneo, quella di Giovanni Mazzetti, uno dei 59 docenti che prese servizio ad Arcavacata il primo anno accademico. Provenivano da tutta Italia e non erano qui per accettare un posto di lavoro come un altro, erano qui perché credevano in un progetto rivoluzionario, la missione era formare i giovani calabresi affinché restassero in Calabria ed entrassero con le proprie competenze in ogni settore della vita pubblica, cambiando così la propria regione. Ecco, quel sogno, quella visione (che apparteneva anche a Beniamino Andreatta), dobbiamo riconoscerlo, dopo 50 anni, non sono diventati realtà. Per diverse ragioni, perché erano troppo ambiziosi, perché non tutti ci hanno creduto abbastanza, perché alcuni hanno scelto comode scorciatoie, perché le valutazioni e i ranking hanno preso il sopravvento, perché si è smarrito il senso di comunità e il valore di quella missione. Il Campus ad esempio per noi è una grande incompiuta, potrebbe rappresentare un modello di comunità e di buone pratiche civiche per i cittadini del futuro, una piccola città nella città, connessa con l’area urbana, viva dal punto di vista sociale e culturale, multiculturale, oltre che sostenibile, dal punto di vista della mobilità e dei servizi. Potrebbe, ma non è, non ancora, e le scelte fatte negli anni spesso hanno ostacolato anziché favorire questo modello, preferendo il dormitorio isolato e chiuso in se stesso. Solo ammettendo i suoi limiti, l’Unical potrà guardare al futuro, con la consapevolezza che non abbiamo ancora vinto, il cambiamento che volevamo non è avvenuto, la Calabria non è quella che desideriamo. I nostri giovani continuano a emigrare, i bravi che non appartengono a nessuno non vanno avanti. Se l’obiettivo è ancora il cambiamento, oltre alla festa, bisognerà organizzare momenti di confronto, condivisione e proposta, aperti a tutte le componenti (accademiche e non) che credono in quel sogno originario e intendono adoperarsi per realizzarlo. Filorosso '95

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