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      Fatta luce su caso di lupara bianca nel vibonese, 2 arresti

       

       

      Fatta luce su caso di lupara bianca nel vibonese, 2 arresti

      07 mar 24 I carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia e del reparto Crimini violenti del Raggruppamento operativo speciale, coordinati dalla Procura di Vibo hanno fatto luce su un caso fallito di lupara bianca risalente al 2021 ed hanno arrestato, a Rosarno e Siracusa, due soggetti in esecuzione di un'ordinanza cautelare in carcere del gip per omicidio. A uno dei due, il provvedimento è stato notificato in carcere dove l'uomo è detenuto per associazione mafiosa e associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, mentre l'altro, già noto alle forze dell'ordine per reati in materia di armi, era libero. Le indagini sono iniziate il 17 dicembre 2021 dopo la denuncia di scomparsa fatta dalla figlia di Giuseppe Salvatore Tutino, all'epoca 60enne, il cui cadavere è stato trovato un mese dopo all'interno di un'auto raggiunta di colpi di fucile, bruciata e interrata tra le campagne di Calimera, una frazione di San Calogero. Grazie all'attività dei carabinieri del Nucleo investigativo di Vibo, del Nor di Tropea e del reparto Crimini violenti del Ros, con il contributo della Sezione intervento operativo del Ris di Messina coordinati dalla Procura diretta da Camillo Falvo, gli inquirenti ritengono di avere individuato gli autori dell'omicidio nei due soggetti arrestati oggi ritenuti vicini ad ambienti criminali del rosarnese. Secondo l'accusa, Tutino è stato ucciso con modalità tipiche delle esecuzioni di matrice 'ndranghetistica: prima l'inganno per farlo allontanare dalla propria abitazione, poi l'esplosione ravvicinata di due colpi di fucile caricato a pallettoni ed infine il tentativo di eliminare il cadavere. I due indagati, che conoscevano molto bene la vittima, in concorso con altri soggetti da identificare, avrebbero infatti impiegato dei mezzi meccanici per eseguire le operazioni di scavo di una buca, all'interno della quale volevano collocare l'auto con all'interno il cadavere dopo averle dato fuoco. A dare l'allarme, nel tardo pomeriggio del 17 gennaio 2022, ai carabinieri di San Calogero era stato il proprietario di un fondo agricolo nei pressi del torrente "Mesima" che aveva trovato una Fiat Panda bruciata risultata poi intestata alla vittima.

      Ipotesi: ucciso per debito di droga

      Un debito di alcune decine di migliaia di euro. E' questo secondo l'accusa il movente dell'omicidio di Giuseppe Salvatore Tutino, per il quale oggi due soggetti sono stati arrestati dai carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia e del Ros. Da quello che hanno ricostruito gli investigatori, la vittima vantava un credito nei confronti di uno degli indagati per motivi legati alla produzione di stupefacenti. Rimasti infruttuosi i suoi tentativi di ricevere quanto dovuto, avrebbe deciso di recarsi nelle coltivazioni di kiwi degli indagati, recidendo le piante per poi vantarsi di non aver alcun timore, anche dopo alcune minacce ricevute dai famigliari di uno degli accusati dell'omicidio. Tale gesto, secondo la ricostruzione accusatoria, oltre ad accendere una profonda ira, avrebbe anche portato alla minaccia operata da uno degli indagati che ha pubblicato su un social network alcuni contenuti, usando come sottofondo una canzone folkloristica, il cui testo era un mix tra una minaccia velata e un rito di affiliazione alla 'ndrangheta: "Chi tanto parla, niente guadagna, solo una cassa fatta da 4 legni e così hanno scritto i Cavalieri di Spagna, la lingua è peggio della gramigna". Un contributo fondamentale per lo sviluppo delle indagini e l'identificazione degli autori del delitto è venuto dal ritrovamento, nei pressi dell'auto incendiata, di un accendino di colore verde raffigurante una banconota da 100 euro. Nonostante sull'accendino - usato presumibilmente per dare fuoco alla vettura con dentro il cadavere - non siano state trovate tracce utili per la comparazione del Dna, il suo ritrovamento ha consentito agli investigatori di raccogliere importanti elementi utili allo sviluppo delle indagini. Una ulteriore svolta è scaturita dall'analisi dei contenuti telematici rinvenuti nel tablet e negli apparati cellulari sequestrati ad uno degli indagati.

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