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      Operazione CC contro cosche Gioia, 49 arresti, anche prete e finanziere

       

       

      Operazione CC contro cosche Gioia, 49 arresti, anche prete e finanziere

      09 mar 23 Un'operazione dei carabinieri del Gruppo territoriale di Gioia Tauro contro la 'ndrangheta ha portato all'esecuzione di 49 ordinanze di custodia cautelare. L'operazione, denominata "Hybris", coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, riguarda le cosche Piromalli e Molè di Gioia Tauro, due dei gruppi storici della 'ndrangheta. Per 34 delle persone destinatarie dei provvedimenti restrittivi é stata disposta la custodia cautelare in carcere, mentre 15 sono finite ai domiciliari. L'operazione, coordinata dal procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri e sostituto della Dda Paola D'Ambrosio, ha permesso di ricostruire gli assetti funzionali delle due cosche accertandone la supremazia nel narcotraffico internazionale e il controllo delle attività illecite in tutta la piana di Gioia Tauro. I reati contestati vanno dall'associazione mafiosa al traffico internazionale di droga e alle estorsioni

      Ai domiciliari anche prete e finanziere

      Ci sono anche un finanziere, Salvatore Tosto, di 49 anni, e un sacerdote, don Giovanni Madafferi, parroco della chiesa "Santa Maria Assunta" di Castellace, tra le persone finite ai domiciliari nell'ambito dell'operazione "Hybris", coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, contro le cosche Piromalli e Molè di Gioia Tauro, due dei gruppi storici della 'ndrangheta. Il finanziere è accusato assieme alla moglie di aver rivelato a Cosimo Romagnosi, ritenuto esponente della cosca Piromalli, l'esistenza di un'indagine a suo carico. Mentre don Madafferi è accusato di aver attestato "falsamente, in certificati destinati a essere prodotti all'autorità giudiziaria, qualità personali, rapporti di lavori in essere o da instaurare relativi ad un soggetto imputato che avrebbe in tal modo dovuto beneficiare dell'affidamento in prova". Sono complessivamente 59 gli indagati nell'inchiesta "Hybris" che ha portato all'arresto di 49 persone di cui 34 in carcere.

      Prete sospeso dal vescovo

      Don Giovanni Madafferi, il sacerdote arrestato stamattina nell'ambito dell'inchiesta "Hybris", contro la cosca Piromalli di Gioia Tauro, è stato sospeso cautelativamente dal vescovo Francesco Milito. Lo ha comunicato la Diocesi di Oppido Mamertina-Palmi. "Avendo appreso questa mattina dagli organi di stampa - è detto nel testo della nota - le notizie che coinvolgono il sacerdote don Giovanni Madafferi, attualmente parroco della parrocchia Santa Maria delle Grazie e San Giorgio in Sinopoli, la Diocesi esprime rammarico per l'accaduto e confida nell'operato della magistratura. Il vescovo, nel frattempo, ha già adottato nei confronti del predetto sacerdote i provvedimenti previsti in questi casi dal codice di diritto canonico". Il provvedimento riguarda, appunto, la sospensione cautelativa di don Giovanni Madafferi finito ai domiciliari perché, quando era parroco della chiesa 'Santa Maria Assunta" di Castellace, secondo la Dda, avrebbe attestato "falsamente, in certificati destinati a essere prodotti all'autorità giudiziaria, qualità personali, rapporti di lavori in essere o da instaurare relativi ad un soggetto imputato che avrebbe in tal modo dovuto beneficiare dell'affidamento in prova".

      Uno degli indagati rintracciato in Portogallo

      E' stato rintracciato in Portogallo uno degli indagati destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare emessa oggi, su richiesta della Dda di Reggio Calabria, dal gip Stefania Rachele nell'ambito dell'inchiesta ""Hybris" che ha portato all'arresto di 49 soggetti ritenuti vicini alle cosche Piromalli e Molé di Gioia Tauro. Si tratta di Massimiliano Copelli per il quale sono stati disposti i domiciliari per un reato di droga. L'operazione è stata diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri e dal pm Paola D'Ambrosio. Destinatario di un mandato d'arresto europeo, Copelli è stato rintracciato a Setubal dalla Polícia Judiciária, Unidade Nacional de Combate ao Tráfico de Estupefacientes portoghese, attivata dall'Unità I-Can del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia e dall'Esperto per la Sicurezza italiana a Lisbona, su input dei carabinieri.

      Importazione droga da sud America

      Un settore criminale ricorrente in ogni attività di contrasto alle maggiori consorterie della ‘ndrangheta, risulta essere quello dei traffici di grosse partite di stupefacente, soprattutto di «cocaina». Il mercato degli stupefacenti ha modificato nettamente l’approccio criminale: dalla contrapposizione alla federazione delle cosche per effettuare l’importazione di enormi quantitativi di droghe. Il sistema di collaborazione tra le diverse realtà della ‘ndrangheta garantisce minori spese e notevoli facilitazioni, oltre all’intuibile riduzione di quello che potremmo definire come il «rischio d’impresa» in caso di sequestri. In questo ambito un appartenente alla cosca si era impegnato per “importare, in due differenti circostanze, 298 kg e 216 Kg. di cocaina (la prima sequestrata presso il porto di Santos, la seconda al porto di Gioia Tauro, occultata in un container trasportato da una motonave proveniente dal Sud America).”

      Pace Piromalli-Molè dopo summit al cimitero. Arresti

      Nell'operazione "Hybris" sono finiti in carcere i boss e i luogotenenti delle cosche Piromalli e Molé di Gioia Tauro. Per quanto riguarda i Piromalli, è stato disposto il carcere, tra gli altri, per Girolamo Piromalli detto "Mommino" di 43 anni, ritenuto la figura apicale della cosca, Salvatore Copelli (55), Aurelio Messineo (59), Francesco Cordì (46), Rocco Delfino detto "U Rizzu" (61), Arcangelo Piromalli (51), Cosimo Romagnosi (63) e Antonio Zito detto "u Palisi" (72). L'ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata emessa anche per Antonio Molé detto "u Jancu" (33), considerato il reggente dell'omonima cosca, e per Ernesto Madaffari alias "u Capretta" (48), che per conto dei Molé "svolgeva con metodi mafiosi il controllo sul mercato del pesce a Gioia Tauro". L'indagine dei carabinieri ha ricostruito le dinamiche della cosca Piromalli nei mesi antecedenti alla scarcerazione del boss Giuseppe Piromalli, detto "Facciazza", avvenuta nel maggio 2021 dopo 22 anni di detenzione. Grazie alle intercettazioni, la Dda ha potuto registrare un riavvicinamento tra i Piromalli e i Molé a distanza di 15 anni dall'omicidio del boss Rocco Molé avvenuto il primo febbraio 2008. Stando agli investigatori, infatti, i luogotenenti dei Piromalli volevano ripristinare una partnership con i Molé, che avrebbe reso più semplice il raggiungimento degli obiettivi strategici di natura illecita. La ripresa dei contatti tra le due famiglie di 'ndrangheta ha riguardato il controllo del mercato ittico e, in particolare, l'occasione l'ha fornita l'incendio di un peschereccio in un cantiere navale alla Tonnara di Palmi nell'ottobre 2020. La vittima del danneggiamento, invece di denunciare, ha cercato la copertura mafiosa dei Piromalli che, quindi, hanno aperto un dialogo con i Molé poi sfociato in una pace raggiunta durante un summit, organizzato il 3 dicembre 2020 all'interno del cimitero di Gioia Tauro. Nell'ordinanza, il gip Stefania Rachele ha sottolineato la "sistematica attività estorsiva ai danni degli imprenditori". A uno di loro è stata imposta l'assunzione degli affiliati in una fabbrica attiva nella zona industriale del porto di Gioia Tauro. Tra i 15 indagati finiti agli arresti domiciliari ci sono anche Maria Martino (di 69 anni) e Grazia Piromalli (44), rispettivamente moglie e figlia del boss Pino Piromalli "Facciazza". Entrambe sono accusate di estorsione.

      Intercettazione: Piromalli votò per le stragi

      Il boss Pino Piromalli detto "Facciazza" "aveva composto la 'commissione' costituitasi per decidere se la ndrangheta calabrese avrebbe dovuto partecipare o meno alle stragi di Stato attuate dalla mafia siciliana" nel corso della quale il boss votò attraverso Nino Pesce detgto "Testuni" a favore delle stragi. È quanto emerge da un'intercettazione registrata il 17 gennaio 2021 dai carabinieri nell'ambito dell'operazione "Hybris" coordinata dalla Dda di Reggio Calabria che stamattina ha arrestato 49 indagati ritenuti vicini alle cosche Piromalli-Molé di Gioia Tauro. A parlare nell'intercettazione è Francesco Adornato, 72 anni, detto "Ciccio u biondu". Quest'ultimo non è indagato nell'inchiesta di oggi ma è considerato un "navigato esponente della 'ndrangheta", condannato in via definitiva per mafia negli anni novanta e "dunque proprio nel periodo di attuazione della cosiddetta strategia stragista". Nel corso dell'intercettazione, in sostanza, sono stati richiamati i rapporti tra gli esponenti di Cosa nostra siciliana e quelli della 'Ndrangheta calabrese, disegnando uno scenario storico lungo oltre trent'anni e che apre un ulteriore scorcio sulle alleanze tra le diverse matrici mafiose nei primi anni novanta. In particolare al suo interlocutore, Giuseppe Ferraro di 50 anni arrestato oggi, Adornato disse che "la commissione si era riunita presso il resort 'Saionara' sito a Nicotera e che era presente Pesce ed era assente Pino Piromalli ma che quest'ultimo aveva conferito a Pesce il mandato a rappresentarlo". Sempre nella stessa conversazione, il settantaduenne ha spiegato che "Pesce, in proprio ed in nome e per conto di Piromalli, aveva votato a favore della partecipazione alle stragi anche da parte della 'ndrangheta". Il boss di Limbadi Luigi Mancuso, invece, "avrebbe votato contro" le stragi che "erano dirette all'eliminazione del regime di carcere duro". Stando al riassunto di quell'intercettazione tra Adornato e Ferraro, all'epoca, "si progettava di arrivare ad assassinare un ministro e fare un colpo di Stato". "La conversazione - scrive il gip nell'ordinanza - conferma quanto emerso nella sentenza ''Ndrangheta stragista', mettendo in luce il preminente ruolo svolto, nel panorama criminale italiano e non solo calabrese, dalla 'ndrangheta durante la stagione delle stragi". In quel processo, sono stati condannati in primo grado all'ergastolo Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone per i quali il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo nei giorni scorsi ha chiesto la conferma della sentenza alla Corte d'Assise d'Appello di Reggio Calabria. Domani i giudici dovrebbero ritirarsi in camera di consiglio e intanto, oggi, questa intercettazione riscontra le dichiarazioni rese nel primo processo dal pentito Franco Pino.

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