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      Tragedia Cutro: CC primi a soccorrere tra buio e disperazione. Le accuse della Cei

       

       

      Tragedia Cutro: CC primi a soccorrere tra buio e disperazione. Le accuse della Cei

      01 mar 23 Sono stati i primi ad intervenire ed ai loro occhi è subito apparso uno scenario apocalittico: dal buio della notte sagome di uomini e donne, completamente bagnati e con ferite alle braccia ed al volto, gli andavano incontro sbracciandosi per chiedere aiuto. I due carabinieri del radiomobile della Compagnia di Crotone, i primi soccorritori a mettere piede, alle 4.30, sulla spiaggia di Steccato di Cutro dopo il naufragio del barcone carico di migranti, non hanno avuto un attimo di esitazione e sono andati incontro a quelle ombre. Con il loro intervento hanno salvato 2 persone e recuperato una ventina di corpi. Le terribili ore vissute, sono cristallizzate nella relazione di servizio agli atti dell'inchiesta. Seguendo le indicazioni dei superstiti, i militari si sono diretti verso il luogo segnalato, totalmente all'oscuro, "e dopo circa 50 metri, grazie all'ausilio delle torce in dotazione - scrivono - notavamo la presenza di un corpo sulla battigia che constatavamo sommariamente essere privo di conoscenza presumibilmente già deceduto". Da quel momento è stata una corsa contro il tempo nel tentativo di salvare vite. Nel mare agitato hanno visto i resti di una barca, e immergendosi in acqua hanno scorto "la presenza di due corpi privi di conoscenza, sotto l'imbarcazione ed in pericolo di essere schiacciati. Abbiamo estratto i corpi riscontrando che una donna era già deceduta, mentre un uomo era in evidente sofferenza respiratoria". Dopo averlo prelevato e portato sulla spiaggia "riprendeva via via coscienza". Dopo avere chiesto aiuto alla centrale, e considerando che erano "gli unici soccorritori presenti", i due carabinieri hanno chiesto aiuto alla Centrale operativa. I militari si sono poi immersi in acqua per recuperare tre corpi che, una volta a riva, sono risultati già deceduti. Poi hanno trovato altri corpi, "tra i quali anche un bambino, nei confronti del quale veniva praticato un massaggio cardiaco di emergenza con esito negativo in quanto il corpo si presentava privo di vita". Altri 15 corpi li hanno recuperati subito dopo "mentre, già sulla spiaggia, venivano rintracciate circa 50 persone, tutte bagnate e con evidenti ferite lacero contuse, in evidente stato di agitazione ed esasperazione, alcune delle quali in lacrime che proferivano delle frasi in una lingua non comprensibile". Fatti spostare i superstiti in una zona sicura, i due carabinieri si sono gettati nuovamente in mare per soccorrere un uomo portandolo a riva. Solo allora, i militari hanno visto sopraggiungere dalla spiaggia alcune persone, che poi hanno scoperto essere dei pescatori del luogo, che si sono uniti nell'opera di recupero delle vittime e dell'aiuto ai vivi. Gli altri soccorritori sono arrivati ancora dopo. Uno dei pescatori, che si trovava nella zona al momento dell'incidente, ha riferito di avere visto, "a poche centinaia di metri dalla riva, un'imbarcazione in legno di medie dimensioni con a bordo tante persone". I migranti "stavano segnalando un SOS con le luci del telefono presumibilmente". Poi la tragedia: "ad un tratto notavo che l'imbarcazione, per via del mare agitato e delle forti onde, si è ribaltata e contemporaneamente distrutta in diverse parti''.

      Le accuse della Cei

      La Chiesa continua a smarcarsi da coloro che ritengono la tragedia verificatasi nel mare di Calabria solo una disgrazia. L'appello a guardare anche alle "responsabilità" che sono all'origine dell'accaduto arriva dal presidente della Cei, il card. Matteo Zuppi. "Dobbiamo ripartire dal dolore e da questo deve scaturire una determinazione rinnovata capace di vedere le responsabilità e anche le omissioni che possono favorire tragedie come queste", ha detto l'arcivescovo di Bologna, ribadendo che tragedie come il naufragio di Cutro in Calabria non devono accadere "mai più"; per questo bisogna "partire da questo dolore e viverlo". Solo così si potranno "trovare soluzioni per un problema che è enorme". Zuppi poi 'benedice' l'opera delle ong: "Ci sono state molte polemiche sulle ong. Dobbiamo sempre ricordarci - ha detto ai microfoni della tv della Cei - per quale motivo le ong sono andate o vanno verso queste rotte: lo fanno per evitare tutto questo e cercare di soccorrere. Purtroppo queste tragedie accadono se non c'è sicurezza e se si è schiavi degli scafisti". A parlare di "responsabilità" è anche il vescovo di Crotone, monsignor Raffaele Panzetta, che oggi ha benedetto le bare nella camera ardente al palazzetto dello sport. "E' chiaro che c'è una corresponsabilità e una responsabilità sociale in quello che è avvenuto e tutto dovrà essere considerato con attenzione". Ma ha aggiunto: "Ci vorrebbe anche, almeno in questo momento, che ci fosse una tregua dalle polemiche e si sperimentasse dentro di sé quella umanissima pietà per le persone che sono morte, per le famiglie straziate dal dolore". "Verrà un tempo in cui non di pancia ma con la testa e con il cuore occorrerà riflettere accuratamente su quello che è avvenuto e su quello che bisogna fare perché queste cose non accadano più", conclude mons. Panzetta. Dalla Cei anche la voce del presidente di Migrantes, mons. Gian Carlo Perego, per il quale "le risorse vanno investite nella tutela della vita, nell'accompagnamento delle persone, non in muri o accordi e campi disumani". Per l'arcivescovo di Ferrara-Comacchio si deve arrivare a "canali umanitari permanenti e controllati nel Mediterraneo verso l'Europa", scrive Perego. Anche l'Osservatore Romano torna con una prima pagina dedicata alla strage di migranti nel mare della Calabria. "Io sto alla porta e busso" è il titolo dell'editoriale del direttore Andrea Monda preso in prestito dal Libro dell'Apocalisse.

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