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      Operazione antindrangheta della DDA di Milano, 49 arresti PS

       

       

      Operazione antindrangheta della DDA di Milano, 49 arresti PS

      22 nov 22 La Polizia di Stato, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano, sta eseguendo 49 misure cautelari per associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, minacce, violenza privata, incendio, detenzione e porto illegale di armi aggravati dal metodo e dalla finalità mafiosa. L'indagine della Squadra mobile ha svelato la ricostituzione di una struttura territoriale di 'ndrangheta, la 'Locale di Rho', già oggetto dell'indagine 'Infinito' della Dda di Milano nel 2010, da parte del promotore, condannato in via definitiva per associazione mafiosa, una volta scontata la sua pena. "L'operazione eseguita oggi testimonia che l'agire mafioso della 'ndrangheta in Nord Italia ha assunto da tempo caratteristiche assolutamente sovrapponibili a quelle che ne caratterizzano l'azione nei territori in cui il fenomeno è endemico", ha spiegato il prefetto Francesco Messina, Direttore centrale Anticrimine della Polizia di Stato. E' contestata anche l'associazione fittizia di beni "La narrazione, talvolta sostenuta, di una 'ndrangheta evolutasi al punto da abbandonare l'aspetto militare in favore di strategie criminali più sofisticate non è del tutto precisa.- ha proseguito Messina --. A Milano la Polizia di Stato e la magistratura continuano ad affrontare la minaccia mafiosa ben consapevoli che il contrasto dell'ala militare della ndrangheta deve continuare ancora a lungo e deve essere affiancato da una sistematica aggressione all'accumulo dei patrimoni illeciti, che ne costituiscono la linfa vitale. Peraltro, gli esiti investigativi odierni attestano ancora una volta come sovente la detenzione carceraria non riesca a recidere il legame tra affiliato e struttura mafiosa di appartenenza".

      ... io ti mangio il fegato ...

      "Io ti mangio il fegato a te e questi due infami di mer.., hai capito?". "Oggi vengo a casa tua e ti ammazzo di botte, capito o no?". "Ti faccio vedere io chi sono io, forse non mi conosci bene, non giocare, non me ne fotte un ca... che mi stanno ascoltando, non voglio neanche più i soldi però a casa mia ti ricordi che mi portano un pezzo di te!". Sono solo alcuni dei dialoghi, che dimostrano la forza e la violenza delle intimidazioni e delle minacce estorsive, intercettati nell'inchiesta della Squadra mobile e della Dda di Milano che stamani ha smantellato, con 49 misure cautelari, un clan della 'ndrangheta, quello dei Bandiera, che aveva ricostruito la 'Locale di Rho', nel Milanese, già finita, assieme a molte altre 'locali', al centro dello storico maxi blitz 'Infinito' della Dda milanese nel 2010. Le accuse vanno dall'associazione mafiosa al traffico di droga, estorsioni, minacce, violenza privata, incendio, detenzione e porto illegale di armi aggravati dal metodo e dalla finalità mafiosa.

      Pm prima volta in Lombardia di donna tra capi

      C'era una donna tra i capi del clan della 'ndrangheta di Rho, anche "più spietata degli uomini". Lo ha detto il pm della Dda di Milano Alessandra Cerretti nella conferenza stampa. "Uno degli elementi di novità è il ruolo delle donne - ha spiegato - abbiamo 5 donne tra le arrestate e ad una donna è stato contestato il ruolo di capo e promotore dell'associazione mafiosa". E' "il braccio destro di Cristian Bandiera, figlio di Gaetano, lo sostituisce in una serie di attività, ha sotto di sé due associati ai quali da direttive". E' la "prima volta che in Lombardia verifichiamo il ruolo operativo e organizzativo di un donna" nei clan. Il pm Cerreti, nel corso della conferenza stampa in Procura a Milano sull'operazione della Squadra mobile della polizia che ha eseguito 49 misure cautelari smantellando il 'ricostituito' clan Bandiera, ha evidenziato "il ruolo delle donne" nell'indagine, facendo notare che per la prima volta in un'inchiesta sui clan in Lombardia viene a galla "il ruolo operativo e organizzativo" di una donna, Caterina Giancotti, la quale avrebbe avuto "compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni da compiere - si legge nel capo di imputazione - e delle strategia da adottare". Per esempio, per l'accusa, avrebbe avuto "mansioni operative in relazione alle azioni estorsive ed intimidatorie", avrebbe partecipato alla "spartizione del proventi delle attività illecite", oppure "gestiva direttamente il traffico" di droga, per il quale era anche stata arrestata ai primi di marzo del 2021 in flagranza di reato Pur non avendo partecipato a rituali di affiliazione", non è stata 'pungiuta', ha proseguito il pubblico ministero, secondo la ricostruzione, Giancotti avrebbe avuto nella 'locale di Rho', nel Milanese, "un ruolo riconosciuto di promotore e capo". Elemento nuovo anche perché la 'ndrangheta da sempre si è caratterizzata come "una struttura maschilista" ed è dunque raro vedere una donna ai vertici. "E' il braccio destro di Cristian bandiera, figlio di Gaetano, - ha continuato il magistrato - lo sostituisce in una serie di attività , ha sotto di sé due associati ai quali impartisce direttive ed è più spietata degli uomini". Anche le altre donne finite in carcere, come emerge dall'indagine, hanno compiti "importanti" all'interno dell'organizzazione.

      boss intercettato: legge del clan tornata a Rho

      "La legge è tornata, la 'ndrangheta è tornata a Rho". Sono le parole intercettate di Gaetano Bandiera, al vertice, assieme al figlio, della 'locale" di 'ndrangheta di Rho, nel Milanese. Parole pronunciate dopo aver espiato la condanna definitiva a lui inflitta nel maxi processo milanese seguito allo storico blitz 'Infinito' del 2010. La frase è stata riportata dal procuratore aggiunto della Dda di Milano Alessandra Dolci nella conferenza stampa di stamani indetta per illustrare l'operazione della Squadra mobile della polizia che ha eseguito 49 misure cautelari smantellando la cosca. Dolci ha spiegato che "negli ultimi anni si è parlato spesso di 'ndrangheta a vocazione imprenditoriale", ma "questo non ci deve far dimenticare l'esistenza di una mafia tradizionale". Questa indagine, ha proseguito, "smentisce l'ossimoro di mafia silente", anche perché, come ha sottolineato il procuratore aggiunto, le intimidazioni e l'attività estorsiva "a tappeto" sul territorio passavano anche per "teste di maiale e teste di capretto" e "minacce di morte".

      Donna boss, faccio io le regole e sono cattiva

      "Vuoi che divento cattiva ed io divento cattiva". "Non me ne frega un c.., se no ti taglia la testa". "Adesso mi sono rotta il c... (...) le regole le faccio uguali per tutti io". E' questo il tenore delle minacce usate da Caterina Giancotti, 45 anni, finita in carcere oggi e accusata di avere avuto un "ruolo di organizzatore" nel clan della 'ndrangheta di Rho, nel Milanese, stando a quanto emerge dalle intercettazioni contenute nelle oltre 1300 pagine di ordinanza cautelare a carico di 49 persone, eseguita dalla Squadra mobile e firmata dal gip Stefania Donadeo. Giancotti, stando agli atti, sarebbe stata "persona di estrema fiducia di Bandiera Cristian Leonardo", figlio dello storico boss Gaetano, e lo avrebbe aiutato "negli atti di intimidazione e nelle estorsioni, nel traffico di armi, nel commercio della sostanza stupefacente, sino a sostituirlo, in assenza di quest'ultimo, con potere decisionale". In particolare, nel recupero crediti e nel traffico di cocaina. Il suo ruolo è aumentato "nel periodo tra il 23 ottobre e il 1° novembre 2020" in occasione "dell'assenza" di Cristian Bandiera, "ristretto all'interno del carcere di Bollate, poiché posto dall'Amministrazione Penitenziaria in quarantena fiduciaria". A quel punto, la donna lo ha "sostituito" nella gestione "delle attività illecite, coordinando" anche "i sottoposti" Antonio Procopio e Alessandro Furno, che avevano in lei "il loro punto di riferimento". A un debitore, ad esempio, diceva: "io non ti lascio tranquillo, perché oggi li devi portare". Spesso, si legge ancora, assumeva "la parte di intermediario per evitare conseguenze negative da parte di Bandiera" e diceva a chi doveva pagare frasi come queste: "Poi va a finire che uno perde la pazienza e si finisce a litigare e io voglio evitare".

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