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      ndrangheta a Roma, 26 arresti DIA, anche a Cosenza, sequestro beni per 100 mln

       

       

      ndrangheta a Roma, 26 arresti DIA, anche a Cosenza, sequestro beni per 100 mln

      09 nov 22 Una vasta operazione della Direzione investigativa antimafia (Dia) è in corso a Roma e provincia, nel Lazio e nelle province di Cosenza e Agrigento, per dare esecuzione a misure cautelari nei confronti di 26 persone indiziate di far parte di un'associazione per delinquere di stampo mafioso costituente una 'locale' di 'ndrangheta radicata sul territorio della Capitale, finalizzata ad acquisire la gestione o il controllo di attività economiche in diversi settori facendo ricorso poi a intestazioni fittizie per schermare la reale titolarità delle attività. Numerosi i settori commerciali coinvolti, da quello ittico, alla panificazione, dall'ambito delle pasticcerie al ritiro delle pelli e degli olii esausti. L'organizzazione di matrice 'ndranghetista si riproporrebbe, alla stregua di quanto ricostruito dalle indagini, in termini di gravità indiziaria, anche il fine di commettere delitti contro il patrimonio e l'incolumità individuale, affermando il controllo egemonico delle attività economiche sul territorio. Sono tuttora in corso perquisizioni.

      Sequestro beni per 100 mln

      Un sequestro complessivo di 100 milioni di euro è stato messo in atto dagli uomini della Dia, coordinata dalla Dda di Roma, nell'ambito dell'operazione che ha portato oggi all'arresto di 26 persone accusate di fare parte di una "locale" 'Ndrangheta che operava da anni nella Capitale. Complessivamente sono state poste sotto sequestro 25 società. Gli indagati sono accusati, a seconda delle posizioni, di associazione mafiosa, sequestro di persona e fittizia intestazione di beni. L'operazione di oggi segue quella avvenuta nel maggio scorso. Secondo gli inquirenti, a capo della struttura criminale c'erano Antonio Carzo e Vincenzo Alvaro, legati a famiglie di 'ndrangheta operanti nella zona di Cosoleto (Reggio Calabria). In base a quanto accertato dai pm di Roma, coordinati dagli aggiunti Michele Prestipino e Ilaria Calò, il gruppo criminale puntava ad acquisire la gestione di attività economiche nei settori della panificazione, mercato ittico, pasticcerie e ritiro pelli. Le mani del clan erano finite anche sul business della ristorazione e dei bar.

      Gip: patti mafiosi

      "'Patti mafiosi' volti a garantire gli accordi imprenditoriali per infiltrare l'economia romana mediante iniziative imprenditoriali dirette e controllate da Alvaro quale 'mente commerciale' della Locale". E' quanto scrive Gaspare Sturzo nell'ordinanza cautelare emessa nei confronti di 26 persone accusate di fare parte di una struttura criminale di stampo 'ndranghetista che operava da anni nella Capitale. Per il giudice nei confronti delle persone coinvolte nell'indagine "sussistono i gravi indizi cautelari, dal punto di vista soggettivo ed oggettivo come indicati dall'accusa". Per il magistrato è evidente come "sussista anche l'aggravante dell'agevolazione mafiosa contestata". Il gruppo puntava ad impiegare prestanome "al fine di non fare emergere la struttura dai 'patti mafiosi'".

      Intercettazioni

      "Bisogna trovare un polacco, un rumeno, uno zingaro a cui regalare 500/1000 euro a cui intestare sia le quote sociali e le cose e le mura della società". E' l'intercettazione, citata nell'ordinanza del gip, in cui a parlare è Vincenzo Alvaro, ritenuto dai magistrati ella Dda di Roma a capo della Locale di 'Ndrangheta attiva da anni nella Capitale. Con lui a capo del sodalizio anche Antonio Carzio, entrambi legali alle famiglie di Cosoleto, centro in provincia di Reggio Calabria. Nel dialogo carpito Alvaro prosegue: "poi tutte queste cose che dicono e ti attaccano sono tutte minchiate…io ho fatto un fallimento di un miliardo e mezzo e ho la bancarotta fraudolenta…mi hanno dato tipo l'art. 7 e poi mi hanno arrestato...mi hanno condannato...e ancora devo fare l'appello...vedi tu...è andato in prescrizione…le prescrizioni vanno al doppio delle cose…", aggiunge.

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