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      Traffico di rifiuti tra Calabria e Emilia Romagna, 29 misure e sequestri

       

       

      Traffico di rifiuti tra Calabria e Emilia Romagna, 29 misure e sequestri

      19 ott 21 Ventinove misure cautelari personali, diverse delle quali rivolte ad esponenti apicali della 'ndrangheta, e il sequestro di cinque aziende di trattamento rifiuti tra Calabria e Emilia Romagna sono state eseguite stamani dai carabinieri del Gruppo forestali e del Comando provinciale di Reggio Calabria nell'ambito di una inchiesta della Dda reggina. Gli indagati sono accusati, a vario titolo di, associazione mafiosa, traffico illecito di rifiuti ed altri reati ambientali al termine di una indagine condotta dal Nipaaf, il Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale Agroalimentare e Forestale dei Carabinieri Forestali. All'operazione, denominata "Mala pigna", hanno partecipato anche i carabinieri forestali dei Reparti in Calabria, Sicilia, Lombardia ed Emilia Romagna, con il supporto dello squadrone eliportato "Cacciatori Calabria" e i militari dell'ottavo Nucleo Elicotteri Carabinieri di stanza a Vibo Valentia. I provvedimenti sono stati emessi dal gip Vincenza Bellini su richiesta della Dda di Reggio Calabria guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri.

      Rifiuti interrati con valori sopra 6000%

      Rifiuti speciali, anche pericolosi, venivano interrati nel suolo, anche sotto terreni agricoli alcuni dei quali sono risultati gravemente contaminati da sostanze altamente nocive con valori che in alcuni casi sono arrivati al 6000% sopra il limite previsto con il concreto pericolo di contaminazione anche della falda acquifera sottostante. E' quanto emerso nel corso delle indagini "Mala pigna" dei carabinieri Forestali coordinate dalla Dda di Reggio Calabria che ha portato all'arresto di 19 persone - 10 ai domiciliari - all'obbligo di dimora per altri 9 indagati e un obbligo di presentazione. Secondo la ricostruzione degli investigatori, autocarri aziendali partivano dalla sede di una società con il cassone carico di rifiuti speciali, spesso riconducibili a "Car Fluff" (rifiuto di scarto proveniente dal processo di demolizione delle autovetture) e giungevano in terreni agricoli posti a pochi metri di distanza, interrando copiosi quantitativi di rifiuti, anche a profondità significative. Gli accertamenti eseguiti hanno portato alla scoperta anche dell'interramento di altri materiali, quali fanghi provenienti presumibilmente dall'industria meccanica pesante e siderurgica. Dietro lo smaltimento illecito dei rifiuti, secondo l'accusa, vi sarebbe stata la famiglia di Rocco Delfino, ritenuto il "tutore degli interessi della cosca Piromalli", che avrebbe utilizzato allo scopo alcune sue aziende operanti nel settore dello smaltimento avrebbe promosso un'associazione volta al traffico illecito di rifiuti mediante la gestione di aziende, come la "Mc Metalli srl" e la "Cm Servicemetalli srl", fittiziamente intestate a soggetti terzi ma riconducibili, per l'accusa, alla diretta influenza e al dominio della sua famiglia. L'indagine, coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri, dall'aggiunto Gaetano Paci e dai pm Gianluca Gelso, Paola D'Ambrosio e Giorgio Panucci, è partita da un sopralluogo eseguito a Gioia Tauro nella sede della società "Ecoservizi Srl", ditta di trattamento di rifiuti speciali di natura metallica e gestita dalla famiglia Delfino, da decenni attiva nel settore. I primi riscontri hanno evidenziato che la società, nonostante fosse oggetto dei provvedimenti di sospensione dell'autorizzazione al trattamento dei rifiuti e di cancellazione dall'Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, era diventata il fulcro di un'attività organizzata per il traffico di rifiuti speciali di natura metallica, con base operativa a Gioia Tauro e con marcate proiezioni sul territorio nazionale ed internazionale. Obiettivo di Rocco Delfino, per anni socio e procuratore speciale della società, era quello di servirsi dell'immagine e del nome di società apparentemente "pulite", avente le carte in regola per poter ottenere le autorizzazioni necessarie alla gestione del settore.

      arrestato l'avvocato Pittelli

      C'è anche l'avvocato ed ex parlamentare Giancarlo Pittelli tra i destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Vincenza Bellini nell'ambito dell'inchiesta "Malapigna" coordinata dalla Dda di Reggio Calabria che ha fatto luce su un traffico di rifiuti gestito dalla cosca Piromalli. Pittelli è già imputato nel maxiprocesso Rinascita-Scott della DDA di Catanzaro. 'Ndrangheta:arrestato Pittelli,accusa è concorso esterno Avvocato era ai domiciliari, sarà accompagnato in carcere. Come nel processo "Rinascita-Scott", anche nell'operazione "Malapigna" l'accusa per l'ex senatore di Forza Italia Giancarlo Pittelli è concorso esterno in associazione mafiosa. L'indagine ha fatto luce su un traffico di rifiuti gestito dalla cosca Piromalli di Gioia Tauro. L'ordinanza di custodia cautelare in carcere, firmata dal gip Vincenza Bellini su richiesta della Dda di Reggio Calabria, è stata notificata all'avvocato nella sua abitazione dove Pittelli si trovava agli arresti domiciliari. Dopo le formalità di rito, l'avvocato ed ex parlamentare sarà accompagnato nella casa circondariale.

      Dda: Pittelli politico di riferimento Piromalli

      Tra persone fisiche e società, sono in tutto 44 gli indagati dell'inchiesta "Mala Pigna" coordinata dalla Dda di Reggio Calabria che ha fatto luce su un traffico di rifiuti gestito dalla cosca Piromalli di Gioia Tauro. Per quanto riguarda l'avvocato Giancarlo Pittelli, arrestato per concorso esterno, secondo la Dda era "uomo politico, professionista, faccendiere di riferimento avendo instaurato con la 'ndrangheta uno stabile rapporto 'sinallagmatico'". Questo rapporto, per i pm, era "caratterizzato dalla perdurante e reciproca disponibilità". Pittelli avrebbe garantito "la sua generale disponibilità nei confronti del sodalizio a risolvere i più svariati problemi degli associati, sfruttando le enormi potenzialità derivanti dai rapporti del medesimo con importanti esponenti delle istituzioni e della pubblica amministrazione". Secondo gli investigatori, infatti, l'ex senatore Pittelli aveva "illimitate possibilità di accesso a notizie riservate e a trattamenti di favore". Per questo "veicolava informazioni all'interno e all'esterno del carcere tra i capi della cosca Piromalli detenuti in regime carcerario ai sensi dell'articolo 41 bis". I boss che avrebbero usufruito del rapporto con Pittelli sono Giuseppe Piromalli detto "Facciazza" e il figlio Antonio Piromalli reggente della cosca.

      Giancarlo Pittelli, l'avvocato penalista ed ex parlamentare di Forza Italia arrestato stamani nell'ambito dell'inchiesta "Mala pigna" su un traffico illecito di rifiuti coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, secondo l'accusa avrebbe anche svolto, è scritto nel capo di imputazione, un ruolo "da 'postino' per conto dei capi della cosca Piromalli, nella perizia balistica relativa all'omicidio del giudice Antonino Scopelliti", il sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione ucciso il 9 agosto del 1991 in un agguato a Campo Calabro, nel reggino, mentre rientrava a casa a bordo della sua autovettura. In particolare, l'ex parlamentare, secondo l'accusa, avrebbe sottoposto all'attenzione di un indagato, ritenuto "soggetto di estrema fiducia" della famiglia mafiosa Piromalli di Gioia Tauro, "una missiva proveniente da Antonio Piromalli finalizzata a far risultare un pagamento tracciato e quietanzato per il consulente tecnico che avrebbe dovuto redigere la consulenza per conto di Giuseppe Piromalli detto 'Facciazza' indagato quale mandante, in concorso con altri capi di cosche di 'ndrangheta e di Cosa nostra siciliana, dell'omicidio del giudice Scopelliti facendosi portavoce delle esigenze della cosca". In sostanza, per la Dda reggina, avrebbe pianificato "un sistema al fine di eludere la tracciabilità del denaro necessario alle strategie difensive, proveniente da profitti criminali".

      Indagato voleva corrompere Frattini

      Per un procedimento amministrativo davanti al Consiglio di Stato, Rocco Delfino, arrestato oggi nell'ambito dell'inchiesta "Mala pigna" della Dda di Reggio Calabria su un traffico illecito di rifiuti, voleva arrivare all'ex ministro degli Esteri Franco Frattini. Quest'ultimo, oggi presidente aggiunto del Consiglio di Stato, è completamente estraneo all'indagine e i pm della Procura sottolineano la sua "inconsapevolezza". Il nome di Frattini compare in un'intercettazione registrata dai carabinieri durante un pranzo tra Rocco Delfino e l'avvocato ed ex senatore di Forza Italia Giancarlo Pittelli, arrestato oggi per concorso esterno con la cosca Piromalli. "Nell'occasione - è scritto nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip - Delfino chiedeva a Pittelli se ci fosse una qualche possibilità di influire sulle determinazioni del giudice Frattini, al fine di assicurarsi il buon esito di un ricorso. Pittelli - scrivono sempre i magistrati - dopo aver rivolto nei suoi confronti frasi dal contenuto offensivo, rispondeva negativamente in quanto il dottore Frattini, inconsapevole della vicenda di cui parlavano gli interlocutori, non si sarebbe prestato a favore del Delfino".

      Bombardieri, amministratori favorirono il clan

      "L'indagine ha consentito di rilevare un'interramento di rifiuti ferrosi che hanno inquinato una vasta area collocata vicino all'azienda dell'indagato Rocco Delfino. Stiamo parlando di una cosa gravissima: rifiuti ferrosi mescolati con la terra". A dirlo dichiarato il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri durante la conferenza stampa per illustrare i dettagli dell'inchiesta "Mala pigna" alla quale ha partecipato anche il generale Antonio Pietro Marzo, comandante dei carabinieri forestali. "Attraverso le perizie di parte che venivano concordate - ha aggiunto Bombardieri - si voleva far passare quell'inquinamento quasi irrilevante". Il magistrato ha confermato che la figura centrale dell'inchiesta è Rocco Delfino: "È emersa la sua statura criminale e i suoi collegamenti quale referente della cosca Piromalli. Si relazionava con altre cosche o con quelle della fascia Ionica. Questa è un'indagine importantissima che è stata svolta con professionalità dal Nipaaf dei carabinieri di Reggio Calabria. È stata un'indagine blindata per tre anni partita da un procedimento su un traffico illecito di rifiuti. Da lì abbiamo ricostruito lo spaccato criminale della Piana di Gioia Tauro dove gli indagati gestivano una società già confiscata con la compiacenza e asservimento degli amministratori giudiziari a cui era stata affidata. Amministratori che hanno consentito agli indagati non solo di dirigere l'attività ma addirittura di ottenere in contanti una serie di prelievi che venivano fatti in banca sui conti della società confiscata e versati sui conti degli stessi indagati. Si parla, nel giro di un anno e mezzo di circa 700 mila euro. Evidentemente lo spessore criminale di questi soggetti peraltro con rapporti con alcuni esponenti deviati delle forze di polizia gli ha consentito di andare avanti. Quello che è stato accertato è il ruolo di numerosi professionisti che si sono prestati a svolgere attività illecite in favore dei soggetti rappresentanti la cosca Piromalli". "Oltre alla mafia militare - ha affermato il procuratore aggiunto Gaetano Paci - c'è tutto un mondo di professionisti, di soggetti pronti a rispondere agli ordini di Delfino e ai suoi desiderata. Emerge in modo sconsolato l'atteggiamento di totale asservimento di questi professionisti indagati". Per quanto riguarda il coinvolgimento dell'avvocato Giancarlo Pittelli, arrestato per concorso esterno con la cosca Piromalli, Bombardieri ha ricordato l'intercettazione in cui l'ex senatore di Forza Italia rivolgendosi ai Delfino ha detto: "Io adesso mi devo occupare di voi". "L'attività di Pittelli - ha aggiunto - è a tutto tondo perché accanto a questa condotta ci sono tutta una serie di condotte finalizzate a consentire la prosecuzione del traffico dei rifiuti".

      cosca Piromalli gestiva filiera rifiuti

      La filiera dei rifiuti partiva da Gioia Tauro e arrivava fino al Nord Italia. A gestirla era la cosca Piromalli. È quanto emerge dall'operazione "Malapigna" condotta dai carabinieri forestali con il coordinamento del procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri, dall'aggiunto Gaetano Paci e dai sostituti della Dda Giulia Pantano e Paola D'Ambrosio. Con l'ordinanza di custodia cautelare, firmata dal gip Bellini, sono finiti in carcere esponenti di vertice della famiglia mafiosa ma anche imprenditori di riferimento della cosca Piromalli. L'epicentro del traffico di rifiuti sarebbe stato Gioia Tauro. Oltre all'associazione mafiosa, la Dda reggina ha contestato agli indagati pure il reato di disastro ambientale.

      Usata società confiscata

      Una società confiscata dal 2007 e nonostante questo ancora utilizzata per schermare le attività illecite nello smaltimento dei rifiuti. E' emerso anche questo nel corso dell'inchiesta "Mala pigna" condotta dai carabinieri Forestali e coordinata dalla Dda di Reggio Calabria che ha portato all'arresto ai domiciliari degli amministratori della società in questione, la "Delfino s.r.l.", facente capo all'omonima famiglia. I due, Giuseppe Antonio Nucara e Alessio Alberto Gangemi, sono indagati in qualità di amministratori giudiziari della società nominati dal Tribunale sezione Misure di prevenzione e successivamente quali coadiutori, giusta nomina da parte dell'Agenzia Nazionale per l'amministrazione dei beni sequestrati e confiscati. I due sono accusati, si legge nel capo di imputazione, in quanto "hanno concretamente e stabilmente partecipato alle attività delittuose del gruppo, adoperandosi, pur nella piena consapevolezza dello spessore criminale di Giovanni Delfino per consentirgli di disporre della società Delfino Srl unitamente al fratello Rocco Delfino cosi consentendo che il sodalizio utilizzasse la società confiscata al fine di acquisire e vendere rifiuti a favore della società Ecoservizi Srl". Per quanto riguarda la figura dell'avvocato ed ex parlamentare Giancarlo Pittelli, dalle indagini sarebbero emersi i rapporti tra lui, l'indagato Rocco Delfino e Aurelio Messineo ritenuto un fedelissimo del boss Pino Piromalli detto "Facciazza". Oltre a veicolare informazioni dall'interno all'esterno del carcere tra i capi della cosca Piromalli, per l'accusa Pittelli si sarebbe attivato a favore di Rocco Delfino nelle vicende giudiziarie riguardanti la revisione del procedimento di prevenzione nei confronti della società in confisca "Delfino srl", pendente dinanzi al Tribunale di Catanzaro Sezione Misure di Prevenzione, con l'intento di "influire" sulle determinazioni del Presidente del Collegio al fine di ottenere la revoca del sequestro di prevenzione, nonché con una serie di ulteriori condotte che avrebbero esulato dal mandato difensivo. Il blitz contro la cosca Piromalli è scattato stamattina all'alba in provincia di Reggio Calabria, e in quelle di Catanzaro, Cosenza, Ravenna, Brescia e Monza-Brianza. I carabinieri forestali hanno eseguito anche un decreto di sequestro preventivo per cinque società operanti nel settore dei rifiuti. I reati contestati a vario titolo sono associazione di tipo mafioso, disastro ambientale, traffico illecito di rifiuti, intestazione fittizia di beni, estorsione, ricettazione, peculato, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, violazione dei sigilli e danneggiamento aggravato.

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