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      Estorsione, corruzione e voto di scambio nel lamerino, 17arresti, anche a Cosenza

       

       

      Estorsione, corruzione e voto di scambio nel lamerino, 17arresti, anche a Cosenza

      03 mag 21 Un'operazione dei carabinieri nei comuni di Lamezia Terme, Nocera Terinese, Falerna e Conflenti, in provincia di Catanzaro, e nelle città di Aosta, Arezzo e Cosenza, per l'esecuzione a un'ordinanza di misura cautelare emessa dal gip del Tribunale di Catanzaro, su richiesta della Dda du Catanzaro, nei confronti di 19 soggetti, ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, scambio elettorale politico-mafioso, corruzione, estorsione, intestazione fittizia di beni, rivelazione di segreti d'ufficio e turbativa d'asta, iniziata alle prime ore dell'alba è stata portata a termine in mattinata. Sette le persone finite in carcere, dieci ai domiciliari e due raggiunte da misure interdittive del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione e di rivestire uffici direttivi delle persone giuridiche. Le indagini sono state avviate a seguito della presentazione, da parte di imprenditori lametini di denunce relative a estorsioni poste in essere da appartenenti alla cosca "Bagalà", operante sulla zona costiera compresa tra i comuni di Nocera Terinese e Falerna. Gli accertamenti hanno consentito di delineare gli assetti della cosca capeggiata da Carmelo Bagalà, già attiva fin dagli anni '80, evidenziando la presenza egemone sul territorio del predetto sodalizio, manifestata attraverso la commissione di delitti, aggravati dal metodo mafioso, finalizzati alla gestione diretta o indiretta delle attività economiche, con particolare riferimento alle imprese attive nel settore turistico-alberghiero. Emersi rapporti illeciti tra la cosca ed alcuni esponenti delle amministrazioni comunali di Falerna e Nocera Terinese, con capacità di influenza su processi decisionali, amministrativi ed elettivi.

      Le persone arrestate : Carmelo Bagalà, di 80 anni; Alfredo Carnevale (37); Alessandro Gallo (32); Mario Gallo (57); Vittorio Macchione (70); Vittorio Palermo(63); Eros Pascuzzo(34). Ai domiciliari sono finiti Maria Rita Bagalà (52); Francesco Cardamone (40); Giovanni Costanzo(54); Vincenzo Dattilo (64); Francesco Antonio De Biase (50); Luigi Ferlaino (53); Raffaele Gallo (26); Giovanni Eugenio Macchione (62); Antonio Rosario Mastroianni(74); Antonio Pietro Stranges(68). Indagati in stato di libertà, invece, Antonio Cario(51) e Antonio Gedeone (53).

      Tra arrestati ex sindaci e amministratori, indagato anche giornalista direttore network regionale

      Due ex sindaci e un vicesindaco in carica (che è un carabiniere) sono tra le persone coinvolte nell'operazione "Alibante", condotta dai carabineri del Gruppo di Lamezia Terme e del Comando provinciale di Catanzaro, con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. I due ex amministratori finiti ai domiciliari sono Giovanni Costanzo, di 54 anni, ex primo cittadino di Falerna ed ex consigliere provinciale, e Luigi Ferlaino, di 53 anni, ex sindaco di Nocera Terinese. Analogo provvedimento anche per Francesco Cardamone, 40 anni, attuale vicesindaco di Nocera Terinese e carabiniere. Tra gli indagati in stato di libertà c'è anche un giornalista, Pasquale Motta, direttore del network televisivo "LaC" ed ex sindaco di Nocera Terinese che "pur non potendosi ritenere inserito stabilmente nella struttura organizzativa" secondo quanto riporta l'ordinanza della Dda di Catanzaro "di fatto svolgeva in maniera preponderante la funzione di referente politico del boss Carmelo Bagalà".

      Gratteri, indagine segnale fiducia cittadini "Imprenditori si sono ribellati e hanno denunciato"

      "Vorrei che questa indagine fosse un ulteriore segnale di fiducia per i cittadini calabresi e del territorio del lametino. Stiamo avendo i riscontri". Lo ha detto il Procuratore della Dda di Catanzaro Nicola Gratteri nella conferenza stampa per illustrare gli esiti dell'operazione "Alibante" che ha portato all'esecuzione di misura cautelare nell'ambito dell'inchiesta "Alibante" per associazione per delinquere di stampo mafioso, concorso esterno, voto di scambio, estorsione, scambio elettorale politico-mafioso, corruzione, reati aggravati dal metodo mafioso. Secondo quanto emerso dalle indagini la cosca Bagalà esercitava un controllo capillare del territorio compreso tra i Comuni di Falerna e Nocera Terinese, intervenendo su ogni settore strategico, in particolare quello turistico alberghiero, condizionando l'elezione degli amministratori e dialogando con cosche, anche potenti, nel resto della regione. Fino a quando due imprenditori non si sono ribellati e hanno denunciato. "Sono tutti quei reati tipici - ha aggiunto Gratteri -che denotano il controllo del territorio in questo caso sui Ccomuni a 15 chilometri più nord di Lamezia Terme. Questa è un'indagine durata qualche anno con epicentro nel 2017 ed è stata curata quasi in modo quotidiano dal procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla. I carabinieri con la loro professionalità hanno portato elementi tranquillizzanti, dal nostro punto di vista, sul piano della prova". Gratteri ha sottolineato che "il proposito è quello di incrementare, come Procura, questo rapporto di fiducia, di non stancarci mai di rivolgerci alle parti offese, agli estorti agli usurati com'è avvenuto in questo caso nel quale abbiamo due persone che hanno denunciato. Due persone vessate, soffocate dalla famiglia di 'ndrangheta Bagalà. Alla fine hanno avuto fiducia e si sono rivolte a noi, hanno avuto fiducia e questa loro fiducia è stata ripagata perché oggi abbiamo dato risposte alle loro domande di giustizia per le vessazioni subite nel corso di diversi anni".

      Dda: documentati 30 anni di operatività cosca Capomolla,azione pervasiva in tutti ambiti quotidiani territorio

      Ha permesso di documentare oltre 30 anni di presenza della cosca Bagalà nella fascia tirrenica della provincia di Catanzaro e nei Comuni di Falerna e Nocera Terinese, l'operazione "Alibante" culminata con l'esecuzione di 19 misure cautelari. E' emerso così il profilo di un clan dedito all'acquisizione delle attività economiche soprattutto nel settore turistico alberghiero ma che aveva acquisito tutta una serie di connivenze e tentativi anche di infiltrazione nelle amministrazioni comunali. L'indagine è nata nel 2017 grazie alla denuncia di due imprenditori con il boss Carmelo Bagalà aveva intrapreso un progetto imprenditoriale che prevedeva la realizzazione di una struttura alberghiera. Il progetto era poi naufragato perché gli imprenditori si sarebbero trovati di fronte ad una situazione alla quale non potevano far fronte perché la cosca stava cercando di acquisire la titolarità dell'impresa e non versava le somme che avevano pattuito. "Quella riconducibile a Carmelo Bagalà, è un'organizzazione criminale - ha detto il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla - che ha visto la sua comparsa in concomitanza con una serie di attività di indagine che hanno interessato le cosche che tradizionalmente erano stanziate nell'area di Sambiase, quartiere di Lamezia Terme, in particolare confederate con la cosca Iannazzo, oltre ad avere rapporti risalenti con cosche storicamente collocate in quel territorio come i Pagliuso. I Bagalà hanno mantenuto rapporti strettissimi con esponenti della criminalità organizzata calabrese di diversi territori e questo sta a dimostrare il riconoscimento che viene loro dato anche in altri ambiti particolarmente elevati della criminalità organizzata". Gli investigatori hanno anche registrato interferenze nelle scelte e nelle elezioni a Nocera Terinese e Falerna. Condizionamenti che vanno dal 2014 in poi. Accusato di concorso esterno, infatti, è anche l'ex sindaco di Falerna, oltre al vicesindaco di Nocera Terinese. "La cosca era pervasiva - ha aggiunto Capomolla - in tutti gli ambiti quotidiani di quel territorio. L'esponente di vertice dei Bagalà veniva interessato per la risoluzione di qualsiasi problema". Tra gli indagati vi sono, infatti, imprenditori di riferimento del territorio, qualificati avvocati, commercialisti.

      Gip, avvocato Bagalà amministrava affari illeciti

      L'avvocato aostano Maria Rita Bagalà, agli arresti domiciliari nell'ambito dell'operazione Alibante della Dda, sotto la regia del padre Carmelo Bagalà, ''partecipava alla cosca'' , garantendo ''l'amministrazione dei diversi affari illeciti''. Lo scrive il gip di Catanzaro, Matteo Ferrante, nell'ordinanza di custodia cautelare sottolineando che il legale, oltre a essere la ''mente legale del clan'', curava gli interessi economici e finanzieri del sodalizio. Non solo, aveva assunto anche il ruolo di prestanome della società 'Sole srl' ed era l'intestataria dei beni patrimoniali e delle quote societarie della consorteria "costituenti il provento illecito della varie attività delittuose del clan". Per gli inquirenti, il marito Andrea Giunti, indagato anche lui nell'ambito della stessa inchiesta, non solo era a conoscenza dei fatti, ma amministrativa in prima persona e in maniera occulta, assieme a lei e al suocero, le attività della 'CalabriaTurismo srl', società interdetta per mafia nel 2016. Per l'accusa, i due coniugi erano riusciti a ottenere, indebitamente, un finanziamento pubblico di quasi 600 mila euro proprio attraverso la società 'Calabria Turismo srl'. Soldi che avrebbero utilizzato per la ristrutturazione dell'Hotel dei Fiori a Falerna. Proprio a seguito dell'interdittiva antimafia, il finanziamento pubblico era stato revocato. Nelle 432 pagine di ordinanza cautelare, il gip scrive anche come la Bagalà ''unitamente al padre e al marito si sia impegnata nel reperimento di altre risorse economiche di dubbia provenienza, finalizzate a perseguire il programma criminoso della cosca''. Dalle indagini, su Andrea Giunti è emerso che avrebbe organizzato ''operazioni di riciclaggio di denaro''. Non solo, avrebbe anche utilizzato proventi per acquistare una discoteca a Courmayeur. Anche per Giunti, la procura di Catanzaro aveva chiesto la misura cautelare, respinta dal gip che non ha ritenuto ''raggiunta la soglia della gravità indiziaria" nei suoi confronti.

      Ex sindaco indagato, fiducia in magistratura

      "Ho appreso che sarei indagato nell'operazione denominata 'Alibante', pur non avendo ricevuto, allo stato, alcuna notifica in tal senso. Prendo atto di tale notizia con sconcerto e presumo per fatti riferibili alla mia precedente attività politica nel comune di residenza. La notizia mi amareggia in considerazione del fatto che il mio nome venga associato a presunti soggetti criminali con i quali non ho mai avuto alcun tipo di rapporto e che, anzi, negli anni in cui sono stato amministratore del Comune di Nocera Terinese, ho sempre combattuto, tant'è che sul finire degli anni '90 mi sono trovato parte lesa in uno dei processi relativi a questa cosca". E' quanto afferma, in una nota apparsa sul sito web del network televisivo "La Cnews24", il giornalista Pasquale Motta, attuale direttore responsabile della testata ed ex sindaco di Nocera Terinese. "Anche i soggetti politici coinvolti in questa vicenda, definiti in concorso con me -prosegue Motta - sono stati negli anni sempre avversari degli schieramenti di cui ho fatto parte. A questa vicenda, dunque, sono totalmente estraneo e mi auguro di poter chiarire rapidamente la mia posizione. Faccio presente che il sottoscritto è stato candidato a sindaco nelle elezioni del 2016 e in quella competizione elettorale sono risultato sconfitto. L'azione politica degli anni successivi della lista 'Unità popolare nocerese' non è stata assolutamente determinata dal sottoscritto, ma da un comitato civico estremamente largo, che collettivamente ha deciso le strategie politiche e amministrative. Spero di poter chiarire al più presto, qualora mi venga notificato un regolare avviso di garanzia, la mia posizione. Nel passato ho sempre svolto la mia azione politica nel massimo rispetto della legalità. Per quanto mi riguarda il mio lavoro di giornalista proseguirà nel solco tracciato dalle azioni e dai fatti quotidiani che testimoniano ogni giorno l'impegno costante a sostegno delle istituzioni". "Proseguirò il mio lavoro con la massima fiducia nella magistratura - conclude Motta - una fiducia tra l'altro tracciata dalla passione civile e professionale e, dunque, attendo con serenità che la magistratura possa chiarire la mia posizione".

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