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      Beni per 9 mln sequestrati da Gdf agli eredi del Re del videopoker

       

       

      Beni per 9 mln sequestrati da Gdf agli eredi del Re del videopoker

      02 set 20 Beni mobili e immobili per quasi 9 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria al Gruppo Sapone, realtà imprenditoriale che avrebbe beneficiato dell'eredità del "re dei videopoker" Gioacchino Campolo e, quando quest'ultimo era finito nei guai giudiziari, era subentrato nel business delle slot. Il provvedimento di sequestro è stato emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Procura. I finanzieri hanno apposto i sigilli a terreni, a fabbricati e società riconducibili ai coniugi Antonio Sapone, di 52 anni, e Maria Ripepi (51) ai quali assieme al figlio Vincenzo Sapone (di 28 anni), sono stati sequestrati anche i rapporti finanziari a causa di una sproporzione valutata in 8,8 milioni di euro. Secondo la Procura, tutti e tre sono "imprenditori attivi nel settore del noleggio di apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro nelle zone del Gebbione e di Sbarre". Ma sarebbero anche "contigui al gruppo mafioso Labate". Il gruppo, secondo quanto emerso dalle indagini, di fatto ha preso il posto di Gioacchino Campolo. I coniugi e il figlio, negli ultimi anni, sarebbero riusciti a fare quel salto imprenditoriale con una vertiginosa crescita economica grazie alle "sponsorizzazioni" assicurate dalla cosca Labate detta "Ti Mangio". Oltre che dalle indagini, la loro vicinanza ad ambienti criminali di questo calibro è stata confermata dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia come Mario Gennaro, Enrico De Rosa e Stefano Tito Liuzzo. Per Antonio Sapone, Maria Ripepi e Vincenzo Sapone l'accusa è di concorso esterno in associazione mafiosa. Ma sono indagati anche per "plurime condotte - scrivono gli investigatori - integranti delitti contro la pubblica amministrazione, grazie al concorso di pubblici ufficiali infedeli che agevolavano la crescita imprenditoriale del gruppo, garantendo il conseguimento illecito di licenze ed autorizzazioni, plurime condotte estrinsecazione minacciosa e violenta dell'intimidazione di matrice mafiosa". Riscontrata la sproporzione tra il reddito dichiarato e il patrimonio posseduto. Il sequestro ha riguardato sei fabbricati, due terreni e due società: la Vieffe Srl e la Vienne Srl. Altre due società, la Savini Group Srl e la Savini Slot Srl, le principali del gruppo, sono state sequestrate a Milano. Perquisizioni sono state fatte nelle sedi dislocate nelle province di Milano, Torino, Vercelli, Bergamo e Monza-Brianza, oltre che in quella di Reggio Calabria.

      Anche corruzione ad agente

      C'è anche un episodio di corruzione nell'inchiesta "Las Vegas" che stamattina ha portato al sequestro di beni nei confronti degli imprenditori Antonio Sapone e Maria Ripepi ritenuti, assieme al figlio Vincenzo Sapone, "contigui" alla cosca Labate. È quanto emerge dal decreto di sequestro firmato dalla presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria Ornella Pastore su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e del sostituto procuratore della Dda Stefano Musolino. "Le indagini - scrive il Tribunale - hanno permesso di accertare la commissione di condotte delittuose di altra natura tra cui la corruzione di un ispettore della Polizia di Stato in servizio presso la questura di Reggio Calabria". Il fatto risale al 2012 e l'ispettore è ormai in pensione. Stando, però, a due informative del marzo 2019 e del gennaio 2020 redatte dalla Guardia di finanza e trasmesse in Procura dal maggiore Giovanni Andriani e dal capitano Flavia Ndriollari, "in cambio dell'assunzione del figlio, il pubblico ufficiale interveniva per fare ottenere a Vincenzo Sapone le autorizzazioni necessarie alle sale giochi e scommesse di viale Calabria e via Camagna". Nelle informative è citata anche un'intercettazione in cui Maria Ripepi veniva tranquillizzata dall'ispettore che - sono le sue parole - stava seguendo la pratica "come se fosse mia". Agli atti c'è anche la testimonianza del collaboratore di giustizia Stefano Tito Liuzzo che, sentito dai pm reggini, afferma "i Labate hanno abbandonato Cedro e si sono messi con Sapone. Tutte le macchinette nella loro zona, loro sono in quota con Sapone. Come Sapone, in poche parole… riesce ad andare ... come faceva Gioacchino Campolo, ecco, ha preso il posto di Gioacchino Campolo. C'č chi dice anche che Gioacchino Campolo č socio di Sapone. In tutta la zona dei Labate, dove Sapone ha aperto punti vendita… scommesse o macchinette, i Labate hanno il 50%". Sugli indagati hanno riferito anche i collaboratori di giustizia Mario Gennaro ed Enrico De Rosa. Quest'ultimo ha detto: "Il posto di Campolo l'ha preso un tale Sapone". Gennaro, invece, ha riportato al pm Stefano Musolino le confidenze di Alberto Cedro, altro imprenditore del settore del gioco con cui il collaboratore ha riferito di essere stato amico. "Alberto mi disse: 'sti quattru malandrini non mi venunu 'nti mia per dare le slot, invece mi vannu 'nti Sapone'".

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