NuovaCosenza.com
Google
su tutto il Web su NuovaCosenza
mail: info@nuovacosenza.com
Home . Cronaca . Politica . AreaUrbana . Video . Spettacoli . Sport . Calcio . Meteo .
 

      Condividi su Facebook

      Ho 19 anni, malata di covid, avrei potuto compiere una strage

       

       

      Ho 19 anni, malata di covid, avrei potuto compiere una strage

      22 mag 20 (PG) "Se non fosse stato per un fortuito incrocio di coincidenze avrei potuto compiere una vera e propria "strage" infettando tutti dopo due tamponi che mi hanno detto essere negativi, ma così non era". Questo è il racconto di Katia Cilento, 19 anni di Altomonte che deve fare, troppo presto, i conti con la realtà, amara, della nostra terra. Lei, studentessa modello del Liceo classico Telesio di Cosenza, sta cercando di tenere da parte le emozioni e soprattutto la rabbia; rinchiusa ai "domiciliari" da quasi 70 giorni vuole denunciare quanto le è accaduto. Segnata dentro l'anima da questo mostro invisibile non accetta che la sua terra sia vittima di i inefficenza e superficialità. Lei piena di quella voglia di vivere e lottare che a manco vent'anni ti fa sentire forte come un leone. Quasi invincibile. Pensa "ai giovani il covid non lo sfiora nemmeno". E invece ...

      La vita ti ha riservato una brutta sorpresa: catturata dal covid-19, mostro invisibile che ha paralizzato l'intero pianeta. Ancora, e soprattutto in questi giorni, pare sia opinione comune dei tanti che , dopo le prime aperture, invece di tenere la testa sulle spalle vanno in giro senza mascherine, senza mantenere le distanze, con la "festa" sulle spalle. Anche Katia lo pensava fino allo scorso 15 marzo. Anzi no, fino allo scorso 6 marzo quando in 5 minuti il mostro devastava la sua famiglia, i suoi affetti, la sua vita. Cinque minuti sono bastati. Il tempo di una visita per un caffè ed il contagio è avvenuto. Lo zio, assicuratore di un paese vicino, sempre in giro per lavoro, si era ammalato tre giorni prima. Il medico lo segue dandogli la terapia che ha effetto. Passa la febbre ma nel frattempo si ammala la nonna di Katia che ha oltre 80 anni. Lo zio, che la segue da vicino, va a trovarla. Non sa di essere positivo. Con la scusa trova anche i parenti e con loro prende un caffè al volo. Non sapendo di avere il covid contagia anche un collega. La sera dopo si ammala prima il padre, febbre alta, 38-39, perdita di gusto e olfatto, e poi la madre di Katia. Contagio immediato, altro che incubazione. L'unica ad accusare problemi è proprio la mamma. Febbre alta, tosse, difficoltà di respirazione. Katia la vede andare via in ambulanza. Viene ricoverata. Lei e il padre rimangono chiusi in casa. L'azienda agricola di famiglia va avanti grazie al fratello. Passa un giorno, due, per lei niente contagio. Intanto si ammala di covid anche la nonna di 80 anni. Katia è sicura di avercela fatta. L'ho evitato, pensa. Invece, l'amara sorpresa. Il 15 di marzo arrivano i primi sintomi. Non sono forti ma sono quelli. La febbre, anzi una febbriciattola, si presenta con temperature basse tra i 37.3 e i 37.5. Altro che protocollo dell'oltre 37.5. Perde il sapore e l'odorato. Ma nessun problema respiratorio. Avvisa il medico di famiglia che sta in contatto con lei. Chiama all'Asp per avere un tampone. Il medico di famiglia, che assieme ai medici dell'Asp è sicuro che si tratta di coronavirus, le consiglia l'uso di un antipiretico se dovesse alzarsi la febbre. Inizia per la giovane studentessa il periodo della responsabilità. Chiusa nella sua stanza per oltre 60 giorni, sa di essere una portatrice del virus e inizia la sua "detenzione" familiare. La voglia di cambiare il mondo si trasforma in un incubo. Insiste con le autorità mediche per avere il primo tampone. Per farselo fare deve esagerare i suoi sintomi. Arriva solo dopo 5 giorni, il 19 di marzo.La festa del papà. L'esito è scontato: positivo. Poi un mese di degenza chiusa in casa. Per lei tanta stanchezza accompagnata da spossatezza. Il medico di famiglia la segue ogni giorno prendendo tutti i valori. La febbre è bassa e non supera mai il 37.5, costante fino a inizio maggio.

      E qui scoppia il giallo. Dopo un mese, il 14, le viene fatto il secondo tampone e nonostante la febbre le viene dato l'esito: negativo. Come negativo? Ho la febbre. L'Asp la rassicura, sti atranquilla è una febbre di stagione. Sarà. Anche per il papà l'esito è negativo. Dopo 5 giorni, il 20 di aprile, come da protocollo, viene eseguito il secondo tampone. Già Katia pensa a cosa fare perché con il secondo tampone negativo diciamo che il covid è battuto. Infatti il tampone del 20 aprile dà risultato negativo. Katia sarebbe potuta uscire sicura che con due tamponi negativi il mostro è stato ucciso. Ma non sa che qualcuno non ha fatto per bene il suo dovere. Si perchè vuole accertarsi dell'esito. Per una serie fortuita di circostanze riesce a ottenere una copia del referto. E qui ha l'amara scoperta: il tampone del 14 aprile era positivo. Ma perchè i referti non vengono comunicati ai diretti interessati in via ufficiale?

      Quindi, riepilogando: se il 21 aprile all'esito del secondo tampone che le hanno comunicato negativo, Katia fosse uscita di casa avrebbe fatto una strage di contagi.

      Portatrice sana e positiva avrebbe potuto infettare chiunque. Un fatto inaccettabile. Così come è inaccettabile la leggerezza con cui vengono gestiti i tamponi e la leggerezza nel comunicarli. Si era nel periodo di Villa Torano e il pasticcio dei tamponi ha "contagiato" tutti gli operatori. In quel periodo ci sarà stata sicuramente la Madonna del Pilerio a proteggere i cosentini perchè il gran casino del tamponi della RSA ha mandato in tilt tutto il sistema sanitario. Tamponi fatti e risultati comunicati con esito negativo mentre erano positivi. Grazie a Katia, ed alla sua responsabilità, però, Altomonte non ha visto nascere un nuovo focolaio. Intanto il sistema sanitario cosentino, e calabrese, va rivisto. Troppa superficialità nel gestire situazioni delicate come queste. Una pandemia con un mostro invisibile che però è pronto a colpirti alla minima distrazione andrebbe gestita con più attenzione. Ma poi perchè non vengono comunicati con un referto ufficiale i rusltati ai pazienti? Per metterci una pezza dopo? E' gravissimo quanto accaduto.

      Ma non finisce qui perchè Katia, oggi 22 maggio, dopo 70 giorni è ancora in attesa dei quinto tampone. Del passaporto per la libertà. Lei sta bene, così come i suoi genitori che sono guariti. Intanto il 28 aprile ha subito il terzo tampone: esito positivo. Il 4 maggio non ha più la febbre e chiede il quarto tampone che arriva l'8 maggio in concomitanza con l'altra ondata di tamponi fatta per lo sblocco degli ingressi in Calabria. L'esito però arriva il 14 maggio. Sei giorni dopo. Il risultato è "indeterminato". Dicono i medici che quando è indeterminato è sicuramente positivo. Sarà. Ma i dubbi rimangono tanti, troppi. Perchè il risultato le viene comunicato soltanto sei giorni dopo il prelievo. In quel periodo era scoppiato lo scandalo dei tamponi in frigorifero e i risultati sono da prendere con le molle. Si perchè il protocollo ISS dice che i tamponi possono essere conservati a 8 gradi solo per 48 ore e oltre tale limite di tempo andrebbero congelati a -80 gradi. Dubbi su dubbi che lasciano tanti interrogativi. Intanto siamo al 22 maggio e Katia è chiusa in casa da 70 giorni in attesa del quinto tampone. Ma la domanda che ci poniamo e che giriamo alle autorità competenti è questa: quanti casi simili ci sono stati? Siamo stati dei miracolati o semplicemente siamo in mano a qualche incosciente?

      © RIPRODUZIONE RISERVATA

      Cerca con Google nell'intero giornale:

      -- >Guarda l'indice delle notizie su: "Cronaca"

     

     
Pubblicità


news Oggi in Italia e nel mondo

news Oggi in Calabria

Copyright © 2017 Nuova Cosenza. Quotidiano di informazione.
Registrazione Tribunale Cosenza n.713 del 28/01/2004 - Direttore Responsabile: Pippo Gatto
Dati e immagini presenti sul giornale sono tutelati dalla legge sul copyright. Il loro uso non e' consentito