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      Arrestato dai CC latitante inchiesta Rinascita-Scott

       

       

      Arrestato dai CC latitante inchiesta Rinascita-Scott

      05 mag 20 I carabinieri hanno arrestato il latitante Gregorio Giofrè, di 57 anni, ricercato dal dicembre scorso nell'ambito dell'operazione Rinascita-Scott, condotta dal Ros e dal Comando provinciale di Vibo Valentia e coordinata dalla Dda di Catanzaro contro le maggiori cosche di 'ndrangheta del Vibonese e che ha portato all'arresto di oltre 300 persone. Giofrè, secondo l'accusa, sarebbe un esponente apicale della locale di San Gregorio d'Ippona, imparentato con Rosario Fiarè, storico capo locale, attualmente ai domiciliari. L'uomo è stato arrestato nella notte nel corso di un intervento in un'abitazione rurale nella campagne di contrada Batia di San Gregorio d'Ippona dai carabinieri del Ros, del Comando provinciale di Vibo e dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria coordinati dalla Dda di Catanzaro. L'abitazione in cui si era nascosto il latitante è di proprietà di un soggetto ritenuto vicino alla cosca ed era munita di un complesso dispositivo di video-sorveglianza. Dopo la cattura di Saverio Razionale e Gregorio Gasparro, Giofrè era ritenuto il più importante esponente della struttura mafiosa in libertà. La locale di San Gregorio d'Ippona, sin dagli anni '80, è stata fedele ai Mancuso di Limbadi ed i suoi più influenti appartenenti sono stati centrali per consentire ai Mancuso stessi la gestione unitaria della 'ndrangheta vibonese. Secondo l'accusa, avvalorata anche dalle dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia, Giofrè, indagato per associazione mafiosa ed una serie di condotte estorsive, aggravate dal metodo mafioso, aveva il compito di organizzare la riscossione delle estorsioni agli imprenditori secondo un sistema centralizzato, valido per tutta la provincia, che consentiva alle cosche di ottenere una somma - normalmente ammontante al 3% del valore dei lavori - sia per quella del luogo in cui il lavoro veniva eseguito ma anche per quella del luogo di provenienza dell'imprenditore, secondo dinamiche che consentivano l'alimentazione di una bacinella comune. Giofrè, inoltre, è anche ritenuto dagli investigatori il punto di riferimento ultimo per le interlocuzioni con esponenti delle cosche di diverse province che conoscevano il suo ruolo e gestivano l'azione estorsiva secondo un modello che conferma l'unitarietà dell'organizzazione mafiosa calabrese, non solo dal punto di vista formale ma anche sostanziale.

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