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      Sfruttamento lavoratori in nero e prostituzione, arresti, indagati imprenditori agricoli

       

       

      Sfruttamento lavoratori in nero e prostituzione, arresti, indagati imprenditori agricoli

      08 gen 20 Una vasta operazione dei carabinieri di Reggio Calabria, coordinata dalla Procura di Palmi, è stata portata a termine per l'esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare a carico di numerose persone ritenute responsabili, a vario titolo, di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. L'inchiesta ha colpito una rete di caporali, composta da cittadini extracomunitari di origine centrafricana all'epoca dei fatti domiciliati nella baraccopoli di San Ferdinando e a Rosarno, i quali, in concorso con i titolari di aziende agricole e cooperative del settore della raccolta e della vendita di agrumi nella Piana di Gioia Tauro, erano dediti alle attività di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ai danni di braccianti agricoli extracomunitari, a anche al favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione di donne africane.

      12 ore a lavoro e pagati 2 euro l'ora

      Erano costretti a lavorare 10-12 ore al giorno, sette giorni su sette, senza alcuna protezione individuale, a 2-3 euro l'ora i braccianti extracomunitari sfruttati dalla rete di caporali, anch'essi extracomunitari, con la complicità di imprenditori agricoli operanti nel settore della raccolta e vendita di agrumi nella piana di Gioia Tauro, sgominata stamani dai carabinieri con il coordinamento della Procura di Palmi. Un'operazione che, per la prima volta, è scaturita dalla denuncia di un migrante che ha trovato la forza di denunciare i suoi sfruttatori. Complessivamente i carabinieri, in esecuzione di un'ordinanza del gip, hanno arrestato venti persone - 13 in carcere e 7 ai domiciliari - e notificato 9 tra obblighi di dimora, divieti di dimora e obbligo di presentazione alla pg. Tra gli arrestati figurano 13 caporali 7 imprenditori agricoli ai domiciliari, oltre ad altri 2 con obbligo di dimora, 1 con divieto di dimora e 1 con obbligo di presentazione alla pg. L'operazione, denominata "Euno" dal nome dello schiavo siciliano che nel 136 a.C. guidò la prima guerra servile contro il possidente terriero Damofilo, è giunta a conclusione di indagini condotte dai carabinieri della Stazione di San Ferdinando e della Compagnia di Gioia Tauro, col supporto del Nucleo ispettorato del lavoro di Reggio Calabria e scaturite da una denuncia presentata da un bracciante senegalese nei confronti di un caporale di nazionalità ghanese. L'inchiesta, condotta dal luglio 2018 al gennaio 2019, attraverso il ricorso a pedinamenti, osservazioni, riprese video, interrogatori ed intercettazioni ha permesso agli investigatori di fare luce sull'esistenza di una vera e propria rete di caporali composta da cittadini centrafricani che all'epoca vivevano nella baraccopoli di San Ferdinando e a Rosarno. Lo sfruttamento iniziava già alle 5 del mattino quando i caporali, alla guida di minivan e veicoli - il più delle volte inidonei alla circolazione su strada ed al trasporto di persone - iniziavano a caricare a bordo i braccianti radunati in diversi punti di raccolta, quali la baraccopoli di San Ferdinando ed il campo container di Rosarno. Da qui venivano trasportati nei diversi fondi agricoli sparsi nella Piana per essere impiegati nella raccolta degli agrumi. Nei furgoni, omologati per il trasporto di non più di 9 passeggeri compreso il conducente, i caporali riuscivano a caricare sino a 15 persone, costringendo i braccianti, già provati dalle scarse condizioni di vita all'interno della baraccopoli, a trovare posto su sedili di fortuna realizzati con tavole in legno, secchi di plastica, cassette per la raccolta e pneumatici usati di autoveicoli. Dalle indagini sono emersi anche alcuni episodi di detenzione ai fini di spaccio di marijuana e il favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione da parte di un liberiano. Quest'ultimo si occupava di trasportare donne di nazionalità nigeriana, da Rosarno verso la baraccopoli di San Ferdinando ed il campo container di Rosarno dove erano costrette a prostituirsi ed a cedere successivamente parte del ricavato al loro sfruttatore.

      Mancano scelte politiche

      "C'è compiacimento per un'operazione che ha posto fine ad un fenomeno terribile di sfruttamento. Rimane però l'amarezza di dovere prendere atto ancora una volta della funzione supplente che la magistratura svolge e registriamo l'assenza di scelte politiche che dovrebbero risolvere e prevenire questi fenomeni assicurando a questa gente condizioni di vita dignitose che potrebbero esporli a minori pericoli". A dirlo il procuratore di Palmi Ottavio Sferlazza dopo gli arresti di stamani per sfruttamento di migranti. "Si è trattato di un'operazione importante - ha aggiunto Sferlazza - perché ha consentito di assicurare alla giustizia personaggi senza scrupoli, sia caporali di origine africana sia datori di lavoro titolari di aziende agricole nella piana di Gioia Tauro. C'è compiacimento per un'operazione che ha consentito di smantellare questa struttura che sfruttava persone che già si trovano in una situazione di estremo disagio sociale e emarginazione". "A distanza di anni, dopo i morti che ci sono stati nelle varie tendopoli e baraccopoli per gli incendi a tutti noti - ha concluso il procuratore di Palmi - purtroppo dobbiamo registrare che questo fenomeno di sfruttamento continua, sicuramente alimentato e favorito dalla situazione di degrado in cui questa gente continua a vivere ormai da anni".

      Sferlazza, per sfruttati inferno inaccettabile

      Ha citato un libro di Stefano Rodotà, "Il diritto di avere diritti", il procuratore di Palmi Ottavio Sferlazza per descrivere l'inferno dei migranti sfruttati nella Piana. Un inferno "inaccettabile sul piano umano" lo ha definito Sferlazza, descrivendo nei dettagli i particolari emersi nel corso dell'operazione anticaporalato eseguita dai Carabinieri che per quasi due anni hanno individuato ben 151 parti offese e identificato oltre 400 braccianti che vivono nella tendopoli o nei tuguri della Piana. "Come cittadino provo amarezza nel constatare che ancora esistono uomini che non hanno il 'diritto di avere diritti' e come magistrato mi inquieta l'assenza della politica che non è stata in grado di perpetuare misure di accoglienza ed integrazione" nonostante siano passati dieci anni dalla cosiddetta "Rivolta di Rosarno", ha aggiunto il Procuratore di Palmi apparso provato dallo scempio umano che è stato verificato. Sferlazza ha parlato di un "sistema ben radicato nel territorio, che offende la dignità dei braccianti, la cui paga è molto al sotto della soglia minima contrattuale" che si ferma a 51 euro al giorno per otto ore lavorative. Il comandante provinciale di Reggio Calabria dell'Arma dei Carabinieri, col. Giuseppe Battaglia, ha invece sottolineato la scelta dei braccianti sfruttati di rivolgersi ai militari per denunciare il loro sfruttatori. "E' un segnale importante - ha detto - perché dimostrata come esistono migrarti che invece di allontanarsi per sfuggire alla legge imposta dai caporali, si sono rivolti ai militari dell'Arma".

      Ministro: impegno comtro caporalato

      L'operazione dei carabinieri coordinati dalla procura di Palmi che ha colpito una rete di caporali all'epoca dei fatti ospitati nella baraccopoli di San Ferdinando a Rosarno "testimonia l'attenzione e il costante impegno delle istituzioni ai fini di contrastare il gravissimo fenomeno dello sfruttamento lavorativo da parte di organizzazioni criminali alla ricerca di manodopera controllabile e disposta a sottomettersi". Lo dice il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese che ha espresso il suo apprezzamento per i risultati dell'inchiesta ai militari dell'Arma e alla procura. Si tratta di "comportamenti criminali - aggiunge il titolare del Viminale - che proliferano in situazioni di degrado e di illegalità ed alimentano disagio ed emarginazione".

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