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    Testimone di giustizia in commisione regionale antimafia

     

     

    Testimone di giustizia in commisione regionale antimafia

    16 ott 13 "Non basta dire ai testimoni di giustizia 'non vi lasceremo soli' o 'Forza, fatevi coraggio'. Hanno detto no. Rischiano la vita e vivono tra mille difficoltà. Non è possibile che i mafiosi ce li troviamo per i paesi e le città e i testimoni di giustizia, cittadini coraggiosi e onesti, devono nascondersi e scappare. Parafrasando Martin Luter King vorrei dire ciò che mi impressiona non è il coraggio e l'onestà dei testimoni di giustizia ma il silenzio delle istituzioni. Chiedono aiuto e nessuno gliene dà". Con queste parole il presidente Salvatore Magarò ha aperto i lavori della seduta della Commissione regionale anti 'ndrangheta che oggi ha avuto in audizione il testimone di giustizia Tiberio Bentivoglio, l'imprenditore di Reggio Calabria che da oltre vent'anni resiste al racket, ha denunciato i suoi estorsori e si è costituito parte civile. "Lo Stato - ha aggiunto Magarò - dia ai testimoni come diritto ciò che le mafie danno come favore. Dobbiamo però non solo chiedere allo Stato di fare e di agire. Anche noi dobbiamo fare la nostra parte, intervenendo con la nostra attività amministrativa nel sostegno alle loro richieste. Cose concrete: abbiamo costruito piccoli granelli di impegno che non mancheranno di crescere se venissero attuate la Legge sulle agevolazioni alle vittime e ai testimoni, la Legge di sostegno a chi denuncia". Davanti ai componenti della Commissione (hanno partecipato i consiglieri Tilde Minasi, Gianluca Gallo, Giuseppe Giordano, Aurelio Chizzoniti e Gesuele Vilasi) Tiberio Bentivoglio ha ripercorso il suo calvario di tribolazioni e solitudine, di episodi drammatici e inquietanti ma anche di tante, troppe, promesse mancate, parole al vento, speranze deluse. Negli ultimi 20 anni, ha detto Bentivoglio, ''la mia attività è stata oggetto di numerosi attentati da me sempre denunciati. Agli eventi delittuosi diretti contro il mio negozio, nel tempo si sono aggiunti numerosi episodi di minaccia epistolare e telefonica. Furti, incendi, bombe e distruzione di automezzi, hanno messo in crisi la mia piccola ma sana azienda. Tre anni fa, in seguito alla condanna in primo grado di alcuni malavitosi da me accusati, sono rimasto vittima di un tentato omicidio. Gli autori restano ignoti, mentre io continuo a trascinarmi su una sola gamba in quanto l'altra riporta lesioni permanenti causati dai proiettili. Uno dei sei proiettili, quello probabilmente fatale, è stato trattenuto dal marsupio di cuoio che portavo a tracolla. Per questo motivo oggi vivo con due carabinieri al fianco. Anche per quest'ultimo e grave evento ho presentato domanda per l'accesso al fondo di solidarietà alla Prefettura di Reggio. Ho chiesto in base alla legge 44/99 un aiuto allo Stato per poter far fronte al pagamento dei debiti. Sono trascorsi quasi tre anni, ed ancora non ho ricevuto neanche un centesimo. Tutti i ritardi dovuti al farraginoso e confuso iter hanno provocato non solo la completa paralisi del mio negozio, ma un ulteriore accumulo di debiti. Equitalia ha provveduto prontamente ad ipotecare il mio immobile. Da un momento all'altro la mia casa potrà essere venduta all'asta. Ieri è iniziato il procedimento contro di noi per lo sfratto dal negozio. Nonostante i ripetuti solleciti e le richieste di informazioni, non sono riuscito a capire il perché di questi ritardi. Gli ostacoli e le difficoltà che ho incontrato presso gli uffici preposti, sia a Reggio che a Roma, hanno determinato una paralisi assoluta della mia azienda, la quale già dalla scorsa settimana è stata messa in liquidazione. Provo una forte rabbia e una immensa delusione. Quando ho deciso di denunciare mi sentivo un uomo forte, certo d'aver fatto la scelta giusta. Non sono scappato neanche dopo che hanno tentato di uccidermi. Continuo a combattere, cercando anche di convincere altri commercianti a denunciare. Un mio collega un giorno mi disse: 'Preferisco continuare a pagare, perché temo di fare la tua stessa fine, il mio negozio bene o male ancora resiste e riesco a campare la mia famiglia'. Perché accade questo? Perché lo Stato non riesce o non vuole creare esempi positivi, chi denuncia viene completamente abbandonato. I convegni, le fiaccolate e i cortei non possono bastare. Se un giorno sarò costretto ad abbandonare la mia terra non sarà per paura. La fuga l'avranno voluta le istituzioni, con la loro assenza. Il mio nome è iscritto alla centrale rischi di BankItalia perché sono stato protestato, mentre mia moglie, titolare dell'azienda, è stata condannata per appropriazione indebita non avendo potuto pagare i contributi ai dipendenti, perché abbiamo preferito dare loro lo stipendio. Noi stiamo rischiando di andare in galera, mentre chi mi ha messo le bombe, chi mi ha bruciato il negozio e chi mi ha sparato, ancora sono liberi o in attesa di giudizio''. ''Per questo - ha concluso Bentivoglio - chiedo che possiate prendere in considerazione i seguenti punti: Esenzione dai tributi regionali per chi denuncia e per i testimoni di giustizia; cancellazione delle ipoteche sui beni immobili; diritto all'assunzione per chiamata diretta nell'amministrazione regionale o enti e società strumentali o controllati per il denunciante, il testimone di giustizia o, per il coniuge o per i suoi figli; per sanare i debiti con Equitalia potrebbe intervenire il fondo di solidarietà o predisporne uno all'uopo; attuazione delle Leggi regionale 3 e 5/2011 e 31/2008 e risorse per garantirne il funzionamento; video sorveglianza; prevedere la possibilità per un rappresentate della Regione o della Commissione anti ndrangheta di presentare osservazioni sui procedimenti amministrativi avviati in attuazione delle leggi a sostegno delle vittime sia presso le Prefetture sia presso il Comitato di solidarietà nazionale; possibilità per il denunciante o testimone di giustizia di usufruire di un bene sequestrato o confiscato; condizioni di maggior favore per il rilascio del Durc; creazione di un fondo per le vittime; costituzione di parte civile della Regione''.

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