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    Magarò a Roggiano "Impegno degli onesti è vero argine contro mafie"

     

     

    Magarò a Roggiano "Impegno degli onesti è vero argine contro mafie"

    03 set 12 "La strada del nostro recente passato, che ci ha condotti fin qui, è una strada costellata da morti, da pagine oscure e dall'estremo sacrificio di uomini che hanno pagato il loro senso del dovere e dello Stato". Lo ha detto il presidente della Commissione contro la 'ndrangheta del Consiglio regionale della Calabria, Salvatore Magaro', partecipando stamane a Roggiano Gravina alla cerimonia di affissione della targa "Qui la 'ndrangheta non entra'' e all'intitolazione di una strada al generale Dalla Chiesa, nel trentennale della sua uccisione. "Trenta anni fa - ha proseguito Magarò - morivano in un agguato di mafia il generale Carlo Dalla Cheisa, sua moglie Emanuela Setti Carraro e l'agente di scorta, Domenico Russo. Il generale, prima di altri, conobbe e denunciò la potenza e le ramificazioni della mafia. Giunto a Corleone nel '49, individuo' la matrice mafiosa nella scomparsa del sindacalista Placido Rizzotto". A Roggiano, presenti, tra gli altri, mons. Leonardo Bonanno, il prefetto di Cosenza Raffaele Cannizzaro, il comandante provinciale dei Carabinieri, col. Francesco Ferace, e Rocco Taurisi della caserma di San Marco Argentano, il testimone di giustizia Tiberio Bentivoglio, il sindaco Ignazio Jacone e il preside dell'Istituto comprensivo Francesco Agovino, il Presidente Magarò ha ricordato l'impegno profuso in questi anni dall'organismo da lui presieduto nella diffusione della cultura della legalità e nell'esercizio "collettivo della memoria come ricostruzione - ha spiegato - di una storia recente, che continua ad essere drammaticamente attuale. E' anche l'occasione - ha aggiunto Magarò - per rischiarare alcune pagine oscure della nostra storia contemporanea. Non possiamo dimenticare la denuncia di isolamento che proprio il generale Dalla Chiesa fece prima di morire e non fu il solo. E riecheggiano le parole di Falcone: 'in Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non e' riuscito a proteggeré oppure 'si muore generalmente perche' si è lasciati soli, perché non si dispone delle necessarie alleanze". "E' evidente che lo Stato - ha detto ancora Magarò - non è riuscito a proteggere questi suoi uomini. Ma il sacrificio di Dalla Chiesa e degli altri non è inutile se, contro la mafia, ci schieriamo noi cittadini onesti, con indignazione e convinzione. Penso che questa consapevolezza collettiva, a differenza di trent'anni fa, ci sia e rappresenti il vero argine di contenimento all'espansione mafiosa. Perché abbiamo compreso che la battaglia contro le mafie è un'azione sinergica che vede, da un lato, le operazioni della magistratura e delle forze dell'ordine, soprattutto in termini repressivi, e, dall'altro, ognuno di noi, che abbiamo la facoltà e il potere, quotidianamente, di operare un valido contrasto all'attività mafiosa anche solo scegliendo le strade della legalità e della giustizia, a fronte delle scorciatoie del compromesso e del malaffare".

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