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    Città metropolitane, le Province chiedono l'elezione del Supersindaco

     

     

    Città metropolitane, le Province chiedono l'elezione del Supersindaco

    14 lug 12 Le dieci Province destinate a diventare Città metropolitane dall'1 gennaio 2014 chiedono al Governo di modificare il decreto sulla Spending Review che le istituisce come enti locali di secondo grado, ovvero senza elezioni. Riunite a Bologna dall'Upi, apprezzano il decreto in molte parti ma chiedono il suffragio universale, per l'elezione sia del sindaco metropolitano che del Consiglio del nuovo ente. L'elezione diretta del sindaco metropolitano - hanno spiegato più di altri il presidente della Provincia di Torino, Antonio Saitta, vice presidente dell'Upi e la presidente della Provincia di Bologna, Beatrice Draghetti, 'padrona di casa' - è una delle tre opzioni previste dal decreto, insieme a quella che diventi sindaco metropolitano uno dei sindaci 'nominati' ora nel Consiglio dal decreto oppure che la carica venga assunta dal sindaco del comune capoluogo. Quest'ultima opzione è esplicitamente avversata da tutte le dieci Province (anche Milano, Roma, Napoli, Firenze, Bari, Genova, Venezia e Reggio Calabria), che obiettano come il sindaco del capoluogo sia espressione solo di una parte del territorio metropolitano e come spesso rappresenti interessi in forte conflitto con quelli di altri comuni del territorio. "Serve terzietà - ribadisce Saitta - e c'é un problema di lesione della democrazia. Molti di noi non sono disposti a fare i commissari liquidatori di un ente che finirebbe governato dalle segreterie dei partiti", pronte a indicare i sindaci da nominare nei Consigli metropolitani. Le dieci Province chiedono anche di poter decidere loro del territorio della Città metropolitana: Napoli e Firenze la vogliono più vasta del confine provinciale, mentre a Bologna e Venezia ci sono comuni molto autonomi come Imola e Mestre (e i sindaci dei capoluoghi non concordano con i presidenti delle Province). Milano invece raccoglie le firme a sostegno di queste modifiche e, ha detto il presidente Guido Podestà, "é d'accordo la stragrande maggioranza dei nostri 133 sindaci, a partire da Pisapia, lavoriamo già in comitato". D'accordo le Province di Roma, Napoli e anche il commissario Giuseppe Piero Fossati della Provincia di Genova, imposto invece delle elezioni dal decreto Salva Italia, per il mandato scaduto nel maggio 2012 e in vista della riforma. Proprio per la riforma le Province suggerirono al Governo - ricorda Saitta - "i 5 miliardi di risparmi l'anno poi inseriti nella Spending Review: un miliardo dall'accorpamento delle Province e 2,5 dagli enti e società provinciali, il resto dall'accorpamento degli uffici periferici dello Stato, avvenuto in modo timido". Dunque, si argomenta all'Upi, il Governo si è preso i tagli offerti senza volere però il suffragio universale che, tolto, porta risparmi minimi, "non più di 30 milioni". Senza contare altre risorse tolte in modo 'poco serio': "lo Stato - rileva Saitta - ad esempio non paga più l'affitto della caserma dei carabinieri alla Provincia di Torino, due milioni l'anno. Se il tema è spostare i costi da un ente all'altro, allora non è serio. E se nella Spending Review resta il nuovo taglio da 500 milioni nel 2012, le Province non riusciranno ad aprire le scuole a settembre".

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