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    A 44 anni dalla scomparsa Fondazione ricorda figura Pietro Mancini

     

     

    A 44 anni dalla scomparsa Fondazione ricorda figura Pietro Mancini

    18 feb 12 "I miei funerali dovranno essere, esclusivamente, di rito civile, senza pompa e senza fiori. Un solo fascio di garofani rossi, di mia moglie e dei miei figliuoli. Un carro di terza classe e sulla bara la mia toga, simbolo del mio lavoro, e la bandiera rossa, simbolo della mia fede". E' quanto si legge nel testamento spirituale del senatore Pietro Mancini (1876-1968) di cui ieri - riporta una nota della Fondazione Mancini di Cosenza - è ricorso l'anniversario dei funerali. "Pietro Mancini - è scritto ancora nella nota - fu salutato da un'immensa folla, accorsa in piazza del vecchio Tribunale di Cosenza, dove l'allora vice-presidente del Consiglio dei ministri, Francesco De Martino, lesse, commosso, una bella e sentita orazione funebre. E' giusto e doveroso sottolineare, in una fase in cui è molto diffusa la sfiducia dei cittadini nei partiti e nelle istituzioni, la lezione di coerenza, di onestà, di rettitudine, lasciata da Pietro Mancini, che scrisse :'Non feci mai male a nessuno, anzi indulsi verso coloro, che tentarono di farmi male. Fui sempre fedele al popolo e a questa fedeltà debbono crescere i miei discendentì. Oltre alla nostra Fondazione - intitolata a Giacomo, il figlio prediletto del primo deputato socialista della Calabria e presieduta da Pietro, a cui l'amato nonno affidò il gravoso incarico di 'continuare ed accrescere il patrimonio, morale e intellettuale della famiglia'- anche le istituzioni, gli enti locali, le Università non dovrebbero far scendere l'oblio del tempo e della disattenzione su illustri personaggi, ormai entrati nella storia del Paese, come Pietro Mancini e su uomini, retti e stimati, come lui". "'Don Pietro' fu il primo prefetto di Cosenza liberata - prosegue la nota - designato dagli Alleati,membro dell'Assemblea Costituente, senatore di diritto nella prima legislatura post-fascismo e, ancor prima, a Salerno, ministro nei governi di Bonomi e Badoglio, oltre che stimato professore di filosofia e penalista di rango. Nel lungo esilio,impostogli dal dittatore fascista, Benito Mussolini,il deputato socialista contrasse una grave malattia agli occhi, fino a perdere completamente la vista. Ma non perse, mai, sino a quel triste 18 febbraio del 68 - quando spirò, assistito dalla fedele compagna di vita, di sentimenti e di ideali, donna Giuseppina de Matera, la lucidità e la dignità".

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