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    Magarò "La mafia uccide i simboli della buona politica"

     

     

    Magarò "La mafia uccide i simboli della buona politica"

    18 nov 11 "Le mafie uccidono i simboli della buona politica, i vassalli della legalità: quegli uomini e quelle donne che con il loro operato onesto, trasparente perfino appassionato, si impegnano a risolvere i problemi delle comunità, dimostrando così facendo, che un mondo diverso è possibile". Lo ha detto il presidente della Commissione contro la 'ndrangheta del Consiglio regionale della Calabria, Salvatore Magaro', nel corso di un incontro a Lago sui temi della legalità. All'iniziativa hanno partecipato don Luigi Merola, il sacerdote che ha denunciato la camorra di Forcella, autore del libro "Il cancro sociale: la camorra", e Dario Vassallo, che ha scritto il volume "Il sindaco pescatore", dedicato al fratello Angelo, sindaco di Pollica, ucciso in un agguato di stampo mafioso. "I buoni esempi, l'istruzione e l'educazione alla legalità, - ha aggiunto Magarò - rappresentano per la 'ndrangheta i nemici da abbattere. Ma la mafia non potra' cancellare tutti i buoni esempi e nulla potrà nei confronti dei cittadini consapevoli, istruiti e soprattutto dotati di quella coscienza critica che consentirà loro di scegliere da che parte stare". Secondo Magarò, "la battaglia per la legalità e contro le mafie si vince se formiamo oggi la consapevolezza dei cittadini di domani e se diamo ai giovani la possibilità reale di non cedere alle lusinghe del facile guadagno o peggio ai richiami di un potere effimero e mortale. Dobbiamo togliere alle mafie quella linfa vitale che si annida nella quotidianità fatta di indifferenza, di omertà, di silenzi colpevoli: è sui 'non vedo, non sento, non parlo' che le organizzazioni criminali hanno agio di accrescere il loro potere, che diventa, nelle nostre realtà, piccole o grandi che siano, una cappa nera di oppressione. Gli esempi di vita come quello del sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, devono diventare il nostro grido di indignazione e il monito per continuare sul loro esempio. Così come la storia di don Luigi Merola deve diventare la nostra storia: deve convincerci che solo la determinazione e l'impegno quotidiano di tutti noi a respingere i soprusi, a denunciare le violenze a dare voce ai tanti silenzi sono la via maestra per sconfiggere il cancro della nostra società".

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