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    Intervista a Guccione sul dissesto idrogeologico

     

     

    Intervista a Carlo Guccione (PD) sul dissesto idrogeologico: “Colpe del Governo. Serve monitoraggio continuo del territorio”

    04 ott 10 Martedì prossimo, 5 ottobre, alle ore 17.30, nella sala di rappresentanza del Comune di Cosenza, si terrà un importante convegno sul dissesto idrogeologico. Un tema diventato di grande attualità e preoccupazione soprattutto negli ultimi due anni, alla luce delle tre calamità verificatesi tra il dicembre 2008 e il marzo 2010 che, per effetto delle piogge abbattutesi sulla nostra regione, hanno praticamente sconvolto la Calabria e soprattutto la provincia di Cosenza, provocando frane ed alluvioni quasi in tutti i comuni montani. Un tema ancor più attuale ad un anno dalla disastrosa alluvione che il primo ottobre del 2009 colpì alcuni paesi della zona ionica del messinese, causando la morte di 37 persone. Sul rischio idrogeologico in Calabria e in provincia di Cosenza, oltre al Presidente della Provincia Mario Oliverio, è intervenuto più volte il Consigliere regionale del Pd, Carlo Guccione, anche nella sua qualità di componente della Commissione regionale “Assetto, utilizzazione del territorio e salvaguardia dell’Ambiente”. Così abbiamo chiesto a Guccione , in una intervista:

    D: Quali sono le cause del grave dissesto idrogeologico che, soprattutto negli ultimi anni, ha colpito la nostra regione:

    G: Il primo fattore è l’estrema fragilità dei nostri terreni. Le frane e i terremoti che si sono verificati nel tempo hanno reso la nostra una delle regioni più esposte al mondo ai rischi naturali. Basti pensare che negli ultimi 250 anni sono morte, a causa di questi fenomeni, oltre 200 mila persone. Tutto ciò ha rallentato lo sviluppo economico ed è stata una delle principali cause dell’emigrazione e dello spopolamento soprattutto dei nostri centri montani. Un altro fattore è determinato dai cambiamenti climatici: le precipitazioni piovose che negli ultimi anni hanno assunto sempre più i connotati tipici dei cicloni tropicali minano la stabilità di versanti già intrinsecamente fragili, determinando la saturazione dei bacini idrici e causando l’innesco di diffusissimi fenomeni franosi e alluvionali. A ciò si aggiunge un’edificazione selvaggia che, sia per l’abusivismo che per la nota mancanza di controllo dei progetti da parte degli uffici preposti, ha portato spesso a costruire su terreni franosi e su aree a rischio-alluvione. Altra concausa del rischio idrogeologico è rappresentata, infine, dallo spopolamento dei centri montani (a favore di quelli vallivi e costieri) che, determinato spesso da frane e alluvioni, ha a sua volta aggravato ulteriormente le condizioni di instabilità dei versanti per la mancata regimazione delle acque piovane e manutenzione del territorio, innescando così un pericoloso circolo vizioso.

    D: Cosa si è fatto, in questi anni, per contrastare questo preoccupante fenomeno?

    G: Non si è fatto assolutamente nulla. Anzi, abbiamo assistito ad un lento ma progressivo smantellamento dell’Autorità di Bacino regionale, attraverso il trasferimento del personale destinato ad essa ad altri uffici. Tale trasferimento ha comportato la sospensione del servizio di sorveglianza idraulica finalizzata alla prevenzione del rischio esondazioni e al monitoraggio dei livelli di rischio idraulico. La perdita di centralità tecnico-scientifica dell’Autorità di Bacino regionale ha prodotto, di conseguenza, l’inesorabile smantellamento dei livelli di integrazione interistituzionale (comuni, province, consorzi, ferrovie, Anas, ecc.) attraverso cui si doveva predisporre l’ottimizzazione delle risorse e degli interventi per la difesa del suolo (alluvioni, frane, erosione boschiva, ecc.). Ma l’aspetto ancor più allarmante è che, da almeno cinque anni a questa parte, tutto ciò ha causato il mancato aggiornamento del PAI (Piano di Assetto Idrogeologico), con conseguenze drammatiche per una regione a rischio come la nostra. Per la difesa di un territorio fragile come il nostro non basta coinvolgere solo le università calabresi ed il CNR, ma bisogna ridare la giusta centralità all’Autorità di Bacino istituita nel 1999, così come si è fatto in tutte le altre regioni d’Italia. I fondi Fas destinati a finanziare il Piano Generale per la difesa del suolo in Calabria, attraverso cui programmare ed affrontare gli interventi di consolidamento e messa in sicurezza delle nostre aree a rischio, sono stati “scippati” alla nostra regione e dono serviti a finanziare le opere del nord. Negli ultimi due anni, a seguito di tre calamità naturali, si è determinata una situazione particolarmente difficile ed in molti casi esposta a rischi elevati per il sistema infrastrutturale, per i centri abitati e per il sistema produttivo. Purtroppo, malgrado gli sforzi e l’assunzione di responsabilità da parte di Provincia e Comuni, non vi sono state, nonostante le reiterate promesse del dott. Bertolaso, le risposte attese e necessarie da parte di un Governo che è sempre più latitante e distante anni-luce dai problemi drammatici dei nostri territori e delle nostre popolazioni.

    D: Che fare, allora? Come uscire da una situazione che diventa sempre più allarmante?

    G: I disastri idrogeologi, è ormai convinzione acquisita, possono essere prevenuti solo attraverso un monitoraggio continuo e costante del territorio. Tale azione può essere garantita e supportata solo da un ritorno della presenza dell’uomo. E’ necessario passare, quindi, da un’attenzione episodica ed emergenziale ad un progetto complessivo di salvaguardia e tutela del territorio, attraverso la predisposizione di incentivi che creino migliori condizioni di vita nelle nostre aree interne. In questa direzione ho lanciato nelle settimane scorse la proposta della creazione di un’Agenzia regionale della Montagna, una struttura agile e snella che assorba le competenze dei vari enti che finora hanno operato su questa parte del territorio (Arssa, Afor, Comunità Montane, ecc) e sia in grado di offrire i servizi necessari a garantire da una parte la difesa e la sistemazione idrogeologica del territorio e, dall’altra, a migliorare concretamente le condizioni e gli standards di vita di quanti risiedono nei comuni di montagna, attraverso un’azione costante di sviluppo e di valorizzazione di questa grande risorsa. La Giunta regionale, inoltre, a mio parere deve aprire immediatamente un tavolo di confronto con il Governo nazionale per reperire le necessarie risorse nazionali e regionali e predisporre, da una parte tutti gli interventi utili a fronteggiare l’emergenza idrogeologica e, dall’altra, per pianificare una serie di interventi strutturali di assetto e consolidamento idrogeologico, evitando assolutamente i cosiddetti “interventi a pioggia”. La programmazione delle risorse e degli interventi non può essere più fatta sulla base della popolazione residente o dell’estensione geografica delle regioni, ma in base ai dati e alle aree maggiormente a rischio scientificamente individuate dal Piano”

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