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    Rifondazione: si dimettono in 13 assieme al segretario Broccolo

     

     

    Rifondazione: si dimettono in 13 assieme al segretario Broccolo

    04 giu 10 Si dimettono in 13, assieme all’ex segretario Angelo Broccolo da Rifondazione Comunista e sono Angelo Broccolo (Segretario provinciale) Vincenzo Mastrota (Portavoce provinciale Giovani Comunisti) Bruno Pascuzzo (Comitato politico provinciale) Alberto Laise (Comitato politico provinciale) Pierluigi Zicaro (Comitato politico provinciale) Danilo Barbiero (Segretario Circolo Pedivigliano) Francesco Imbrogno (Comitato politico provinciale) Fernando Sicilia (Comitato politico provinciale) Benedetto Guaglianone (Comitato politico provinciale) Giuseppe Carrozza (Dirigente Circolo Cassano Allo Jonio) Emma Orrico (Comitato politico provinciale) Alessandro Nigro (Coordinamento GC provinciale) Ernesto Serra (Comitato politico provinciale). Questo il testo integrale della dichiarazione rilasciata alla stampa:

    Noi militanti e dirigenti della Federazione provinciale di Cosenza consideriamo conclusa la nostra militanza nel Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, un partito cui vanno riconosciuti meriti storici indiscutibili, perché ha consentito in fasi difficili e complesse della recente fase storico-politica una contrapposizione intellettuale collettiva alla deriva neoliberista, sancita simbolicamente dal crollo dell’Europa dell’est. Nato dalla spontanea e sentita necessità di opporre un netto rifiuto alla deflagrazione del PCI e dalla successiva adesione di altre forze politiche e soggettività del variegato mondo dell’antagonismo, il Partito della Rifondazione Comunista, sotto la direzione del compagno Fausto Bertinotti, ha saputo cogliere in anticipo, rispetto a tante letture stantie ed omologate, la multiforme galassia delle soggettività antagoniste capaci di opporsi alla devastante fase di dominio del neoliberismo, che nelle giornate di Genova hanno segnato il punto più alto (e tragico) di una elaborazione inedita di organizzazione del conflitto. I successivi passaggi, in maniera particolare la fase di analisi precedente alla formazione del governo Prodi, hanno segnato tuttavia una insufficiente valutazione delle dinamiche sociali in atto, con la conseguenza di un’impotenza istituzionale che ha prodotto una verticale perdita di credibilità politica e di consenso. Dapprima la disastrosa esperienza della Sinistra Arcobaleno che, recepita in maniera diffusa come operazione verticistica ed autoreferenziale, di tutela di ceto politico, è stata sonoramente bocciata dall’elettorato che ne ha di fatto determinato la scomparsa dalle aule parlamentari. Oggi, i ritardi enormi nella ipotesi di costruzione di una Federazione della Sinistra, che per definizione dovrebbe avere come obiettivo necessario da perseguire l’aggregazione di quanto esiste nei vari segmenti partitici e con ancor più tenacia quanto esiste fuori dai partiti, sembrano allontanare ogni possibilità di aprire una seria interlocuzione con la multiforme galassia di soggettività politiche, sociali, associative, di movimento che esprime, insieme ad un disagio diffuso, l’esigenza di ritrovare luoghi aperti di partecipazione ed elaborazione. È innegabile infatti che Rifondazione Comunista, pur nella versione allargata della Federazione della Sinistra, non è più in grado di dare una risposta a questa esigenza di partecipazione ed elaborazione, orientata com’è a farsi portatrice di istante testimoniali ed identitarie che, per quanto suggestive, non possono a nostro avviso esaltare “hic et nunc” l’entusiasmo necessario per un tentativo di ricomposizione largo, diffuso e partecipato di quanti avvertono la necessità di avviare una fase costituente di una soggettività al tempo stesso radicale, libertaria, egalitaria. Crediamo che si debba aprire una fase nuova nella storia politica della Sinistra italiana. Di fronte alla crisi di sistema che investe in maniera totalizzante il pianeta, che accentua le sperequazioni, che affama esseri umani, devasta territori, provocando esodo e repressione, guerre e precarietà, sfruttamento e persino forme inedite di schiavitù’, in questa fase di dichiarato fallimento di ogni capacità di governo dei processi innescati in nome dell’invisibile “mano del mercato”, la Sinistra latita nell’immaginario collettivo, è letargica ed autoreferenziale, vecchia e monotona. In Europa ed in Italia si scontano le politiche imposte da Maastricht, con una crisi economica e sociale strutturale che ormai investe in maniera incontrollata le economie nazionali, che per tutta risposta infliggono gli ultimi colpi di maglio alle misere risorse destinate allo stato sociale, ed anzi individuano essenzialmente nei diritti dei ceti meno abbienti, oltre che nella svendita dei patrimoni pubblici, la chiave di volta delle politiche economiche e finanziarie. I rischi significati connessi alla fase sono di una recrudescenza delle ipotesi di estensione della guerra come elemento di stabilizzazione e di controllo del sistema,ed al contempo di una ulteriore fase di restrizione delle libertà singole e collettiva Il caso italiano risulta essere il più inquietante e gravido di imprevedibili involuzioni autoritarie. La lenta e costante fase di destrutturazione della democrazia rappresentativa, operata con la duplice forbice dei tagli di bilancio agli Enti locali caricati dell’impegno di nuovi balzelli cui sottoporre i cittadini, ed al contempo l’introduzione di forme verticistiche di governo, che di fatto esautorano il dibattito dai consigli locali e delegano alle figure apicali poteri pressoché assoluti, ha prodotto un effetto devastante e paradossale che richiede una riflessione più attenta e articolata. La crisi della democrazia è ancora più evidente nel Mezzogiorno, inquinato da sempre più pervasive forme di criminalità organizzata: l’ingresso dei privati nella gestione dei servizi essenziali ha un inevitabile riflesso in termini di gestione delle risorse, di consenso politico e ricatto, se non la diretta “discesa in campo” della mafia imprenditrice, favorita dagli effetti che produrrà il federalismo. La questione del Mezzogiorno appare ormai derubricata a semplice reminiscenza storica, almeno fino alla prossima revisione dei testi scolastici, dai quali è facile supporre sarà espunta, in stretta compagnia delle altre pagine di storia più o meno sconvenienti per il comune senso di dominio delle nuove classi padronali. E’ un’Italia capovolta, che recupera le pulsioni istintive dell’ italietta rancorosa e retriva, divisa, litigiosa, campanilistica, in altri termini pronta ad adeguarsi a nuovo ordine e nuova disciplina. In questo contesto la Sinistra italiana è chiamata ad assumersi le responsabilità di questa fase storica. Si deve aprire una seria discussione a Sinistra che punti a innovare la sua missione politica e superare frammentazioni e limiti che le hanno impedito in questi ultimi anni di essere soggetto politico credibile, autorevole e realmente alternativo al centrodestra. I rischi, come dicevamo, sono notevoli e chiunque si ostini a perseguire una politica di bottega e di autoconservazione rischia di porsi al di fuori dalla Storia. Riteniamo che sia giunto il momento, non più rimandabile, di lavorare a un percorso che miri alla nascita di un nuovo soggetto politico della sinistra italiana, un soggetto forte, unito e plurale, che riesca a diventare punto di riferimento credibile per tutte quelle soggettività che, pur essendo portatrici di istanze sociali e valori chiaramente riconducibili alla storia del pensiero e del movimento operaio, non trovano negli attuali partiti della sinistra alcuna forma di rappresentanza. Un nuovo soggetto in grado di riconoscere da una lato la validità dei percorsi soggettivi precedenti e dall’altro ricollocarsi necessariamente in un ambito omogeneo di linguaggio ed azione culturale, organizzativa e politica. I segmenti culturali di provenienza saranno la base costituente che dovrà produrre una sintesi di appartenenza comune altra che coincida con i valori della solidarietà, libertà e uguaglianza. La necessità di lavorare a questo nuovo soggetto è dettata inoltre dalla crisi irreversibile del Partito Democratico, e/o comunque della evidente incapacità progettuale di questa formazione politica a rappresentare una alternativa valida e possibile al berlusconismo. Se non ci muoviamo per tempo, rischiamo di consegnare il nostro prossimo futuro a soluzioni inquietanti, le cui basi odierne sono riscontrabili nell’assalto frontale alla Costituzione repubblicana e di conseguenza allo statuto dei lavoratori, ai diritti delle donne, dell’ambiente, del patrimonio pubblico artistico ed ambientale, al diritto alla salute, alla previdenza, alla casa,all’istruzione, alle istanze di pace e convivenza tra i popoli cui il nostro Paese è storicamente e geograficamente vocato. È una sfida difficilissima, ne siamo consapevoli, ma non per questo dobbiamo e vogliamo sottrarci.

     

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