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    Di Pietro “I lavoratori di Call&Call riassunti da Almaviva, senza contratto”

     

     

    Di Pietro (Idv) “I lavoratori di Call&Call di Rende riassunti da Almaviva, sempre senza contratto”

    26 dic 10 "Oggi vogliamo parlare non di lavoratori che stanno lottando per difendere il loro posto di lavoro ma di lavoratrici e lavoratori che ce l'hanno fatta e il posto di lavoro sono riusciti a conservarlo, a evitare la chiusura e la disoccupazione". Così in una dicgiarazione il leadere di Italia dei Valori, Antonio Di Pietro. "Sembra -aggiunge- una storia a lieto fine, e un po' lo è pure. Ma mica tanto però, perché alla fine questi lavoratori si ritrovano come all'inizio. Un lavoro ce l'hanno ancora, ma pagato zero e senza nessun diritto, nemmeno quello minimo a una rappresentanza sindacale. E allora come si fa a parlare di lieto fine? Parliamo dei dipendenti del call center Call&Call di Rende in Calabria. L'azienda è di Varese. Qualche anno fa ha deciso di aprire una sede anche in Calabria per approfittare dei fondi regionali. Hanno fatto un affarone! Si sono presi i soldi del fondo, hanno guadagnato sul lavoro del call center che aveva alcune commesse importanti e una importantissima, quella di Mediaset premium, e in cambio non hanno dovuto sborsare un euro. Com'è possibile? Non è solo possibile. E' facile. Basta assumere lavoratori e invece di pagargli uno stipendio dargli una percentuale sulle provvigioni. Un lavoro a costo zero così non lo trova nemmeno Marchionne in Polonia o in Brasile! I ragazzi di Rende hanno accettato quel contratto che era come un cappio al collo perché era sempre meglio della disoccupazione totale. E per avere almeno un piccolo reddito hanno dovuto sacrificare ogni diritto sindacale. Con i sindacati si sono dovuti impegnare a non parlarci nemmeno, e un impiegato che ha osato provarci è stato minacciato di licenziamento immediato se l'avesse fatto di nuovo. Nel call center di Rende lavoravano cento dipendenti ed era uno dei più produttivi di tutta la Calabria. Fino a che il finanziamento della Regione non si è esaurito e a quel punto l'azienda ha deciso di chiudere. Aveva munto la vacca fino a spremere tutto il latte possibile. In cambio aveva creato posti non di lavoro ma di schiavitù e una volta incassato tutto quello che poteva incassare ha deciso di chiudere baracca e burattini. Insomma hanno truffato tutti, la Regione e i lavoratori. Però ancora qualche soldo potevano arraffarlo subaffittando i locali e i macchinari a un'altra azienda, la Almaviva. Dopo il danno di un lavoro quasi da schiavi, i lavoratori hanno occupato la sede e per fortuna alcuni giornali calabresi, hanno montato una campagna sul loro caso. Hanno vinto. Sono stati riassunti dall'Almaviva. Però alle stesse condizioni con cui lavoravano prima, cioè niente stipendio e nessun diritto sindacale. Anche l'Almaviva incassa oggi il finanziamento della Regione, e i dipendenti già si chiedono cosa succederà quando sarà esaurito. Il loro caso non è isolato. Denuncia un malcostume che è molto diffuso soprattutto nel profondo sud e contro cui l'Italia dei Valori si batte e sempre più si batterà in futuro. I finanziamenti stanziati per creare occupazione e aumentare lo sviluppo e la ricchezza del Sud vengono adoperati solo per ingrassare le aziende, che quando hanno spremuto tutto se ne vanno lasciandosi alle spalle un deserto. Sarebbe ora che le amministrazioni locali e il governo centrale si mobilitassero per mettere fine a questo scandalo e a questa truffa. Ma la situazione dei lavoratori “a progetto” non è molto migliore neppure nel nord. Noi dell'Idv non ci stancheremo mai di combattere contro l'idea crudele e cinica che pur di lavorare si debbano accettare condizioni schiavistiche, si debba rinunciare a un regolare stipendio e alla rappresentanza sindacale. Nel nostro Paese il lavoro dovrebbe essere un diritto, non un regalo concesso a chi secondo le aziende se lo merita.

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