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    P.Mancini: "La lunga e buona battaglia di Cossiga"

     

     

    P.Mancini: "La lunga e buona battaglia di Cossiga"

    24 ago 10 "Sincera amicizia, rispetto e stima hanno caratterizzato il lungo rapporto, politico e personale, tra Francesco Cossiga e Giacomo Mancini. Giovane dirigente sardo della DC, Cossiga venne eletto, per la prima volta, alla Camera, nel 1958. E, presto, iniziò a frequentare Mancini, che era in Parlamento dal 1948". Ricorda così l'emerito Presidente Cossiga in una nota, Pietro Mancini, già sindaco di Cosenza. "Le relazioni tra i due deputati -aggiunge Mancini- il primo della sinistra dc e il secondo autonomista e nenniano, impegnati nel rinnovamento dei loro partiti e nel tracciare le basi delle prime intese, a livello di governo, tra il PSI e la " balena bianca " – si svilupparono, proficuamente, negli anni 60. In quel periodo, l' allora ministro dei Lavori Pubblici, socialista, non negò, mai, il suo interessamento alle cortesi, ma pressanti, richieste, che il collega dello scudocrociato gli rivolgeva, a nome degli amministratori e dei cittadini di Sassari e dei poco sviluppati comuni della provincia. Ho un nitido ricordo di Cossiga, piacevole conversatore, a pranzo, nella nostra casa romana, in piazza Cairoli. Ovviamente, tra i due dirigenti politici le polemiche, pure aspre, non mancarono. E non potevano non esserci, considerando la longevità politica di Giacomo e di Francesco, i tanti temi affrontati, i loro caratteri spigolosi e la loro propensione più agli scontri e alle picconate che ai compromessi. Ma, nel corso degli anni della Prima Repubblica, seppure su trincee diverse, Cossiga e Mancini condivisero posizioni innovative e battaglie importanti : l' impegno per lo sviluppo del Sud e delle Isole, l' attenzione ai diritti civili, la contrarietà alla politicizzazione della magistratura e alla linea giustizialista, impressa da Violante ai DS, il garantismo, da non confondere con l' ottuso innocentismo, anche nei confronti degli imputati di reati tanto gravi quanto non basati su elementi solidi. Durante gli anni di piombo, mossi soprattutto dall' ansia di comprendere le ragioni della " guerra allo Stato ", dichiarata dai giovani terroristi, i due parlamentari non criminalizzarono gli accusati di associazione sovversiva. Cosi' come espressero dubbi sull' applicabilità " erga omnes ", in primis nel tormentato Mezzogiorno, del discusso " concorso esterno " con la mafia. E Giacomo – che non aveva fatto mancare la sua vicinanza all' ex ministro dell' Interno, negli anni bui della tristezza e della depressione, seguiti al tragico epilogo del sequestro di Aldo Moro- fu sostenuto dall' ex Capo dello Stato ( che pure Mancini, anti-conformista anche allora, fu uno dei pochi, nel 1985, a non votare ), nelle cupe fasi del kafkiano processo di Palmi. Davanti a quel tribunale, con la sua inconfondibile inflessione di gentiluomo sassarese, imparentato con la nobile famiglia Berlinguer, il Presidente Emerito della Repubblica testimoniò, bocciando le menzogne dei " pentiti " e parlando delle tante battaglie contro i poteri illegali e mafiosi, che con il caparbio amico socialista aveva condotto, dai banchi della Camera, insieme a colleghi illustri, come i comunisti Alicata, Chiaromonte e Macaluso.Quel giorno, l' ex ministro calabrese si commosse e ringraziò, abbracciandolo, il " Picconatore " - insolentito, persino post-mortem, dal rancoroso comunista Ingrao, dal modesto scrittore Massimo Fini e da Scalfari, che Mancini fece eleggere deputato del PSI - tutti astiosi avversari di " Ciccio " e " Giacomino ", come si chiamavano i due amici. E Cossiga, commemorando l' ex segretario del PSI, nella Sala della Regina della Camera il 15 aprile del 2002, non mancò di sottolineare le sofferenze dello statista scomparso, pure a causa di quell' ingiusto e doloroso calvario giudiziario. Non dimenticando di evidenziare la discrezione, quasi la timidezza appartata, di Mancini - da poco raggiunto dall' avviso di garanzia del sostituto procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Boemi, vicino al dalemiano Minniti – quando l' allora Capo dello Stato era piombato in Calabria a rendere omaggio alla salma del sovrintendente della Polizia di Stato, Aversa, massacrato , insieme alla moglie, dalla 'ndrangheta, a Lametia Terme. Del memorabile discorso, pronunciato dal senatore a vita, in quella triste occasione, davanti a una sala affollata, attenta e silenziosa, ricordo quasi tutto. E credo che, prima del Presidente Emerito della Repubblica, parlò il vecchio, a volte burbero ma sempre sincero, amico di Giacomo, che intendeva, post- mortem, dare a Mancini quei meriti e quei riconoscimenti, che avrebbe meritato, in vita, per il suo mezzo secolo di intenso e trasparente servizio alle istituzioni, al Paese, al Mezzogiorno, alla Calabria e anche a Cosenza. Si', proprio nello svolgimento dell' incarico di Sindaco della sua città, " il più gratificante per Giacomino ", concluse, commosso, Cossiga. Grazie, Presidente, e che la terra Le sia lieve.

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