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    Maxi blitz a cosca Mancuso, 24 arresti, 35 mln di beni sequestrati

     

     

    Maxi blitz a cosca Mancuso, 21 arresti, tra cui imprenditori e tecnico Comune; 35 mln di beni sequestrati

    07 mar 13 Ventiquattro persone ritenute legate alla cosca Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia) sono state fermate in una operazione condotta dallo Sco, dalla squadra mobile di Catanzaro, dai carabinieri del Ros e dai finanzieri del Gico di Catanzaro e Trieste. Tra i fermi disposti dalla Dda, i vertici della cosca, imprenditori vibonesi dei settori settori siderurgici e turistici e un impiegato dell'ufficio tecnico del Comune di Ricadi. Eseguiti anche sequestri di beni ed aziende. Le persone sottoposte a fermo sono accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, usura ed estorsione. Ad alcuni degli indagati vengono contestati anche i reati di sequestro di persona ed armi.

    Gli arresti: Sono 21, sui 24 emessi, i provvedimenti di fermo eseguiti stamani nei confronti dei presunti capi e gregari della cosca Mancuso di Limbadi nel corso di un'operazione condotta dallo Sco della polizia, dalla squadra mobile di Catanzaro, dai carabinieri del Ros di Catanzaro, dal Gico della guardia di finanza di Catanzaro e di Trieste e dai finanzieri della Compagnia di Vibo Valentia. Le persone fermate sono: Pantaleone Mancuso, di 66 anni; Giovanni Mancuso (72); Giuseppe Mancuso (36); Antonio Maccarone (34); Giovanni D'Aloi (47); Giuseppe Costantino (47); Fabio Costantino (36); Damian Zbigniew Fialek (36), polacco; Antonio Pantano (56); Francesco Tavella (45); Orazio Cicerone (40); Antonino Castagna (63); Giuseppe Raguseo (35); Agostino Papaianni (62); Leonardo Cuppari (39); Antonio Mamone (45); Antonino Scrugli (37); Gabriele Bombai (43); Salvatore Accorinti (39); Giovanni Antonio Paparatto (40); Antonio Prestia (45).

    La ndrangheta non c'è più. "La 'ndrangheta non esiste piu'. Una volta, a Limbadi, a Nicotera, a Rosarno, c'era la 'ndrangheta. La 'ndrangheta fa parte della massoneria. Diciamo .. è sotto della massoneria però hanno le stesse regole e le stesse cose. Ora è rimasta la massoneria e quei quattro storti che ancora credono alla 'ndrangheta''. A parlare in questi termini è Pantaleone Mancuso, detto Luni, indicato come il boss dell'omonima cosca di Limbadi, uno dei 24 fermati nell' operazioni di stamani, intercettato mentre spiega la sua concezione di 'ndrangheta ad un parente ed invoca un cambiamento anche dell'organizzazione criminale. La trascrizione è riportata nel provvedimento di fermo emesso dalla Dda di Catanzaro. "Una volta - prosegue - era dei benestanti la 'ndrangheta. Dopo gliel'hanno lasciata ai poveracci, agli zappatori e hanno fatto la massoneria. Le regole quelle sono rimaste. Come ce l'ha la massoneria ce l'ha quella. Ma la vera 'ndrangheta non e' quella che dicono loro, perché lo 'ndranghetista non e' che va a fare quello che dicono loro. Adesso sono tutti giovanotti che vanno a ruota libera sono drogati, delinquenza comune. Lo 'ndranghetista non voleva fare droga non faceva mai una lite. Uno che faceva il magnaccio, pare che poteva stare nella 'rotà? O che picchiava la moglie o che andava ad ubriacarsi. Non doveva entrare nemmeno nelle cantine perché c'era il 'mastro di giornata' che girava nel paese e se ti vedeva che entravi nella cantina o che bevevi erano 'nsaccagnate (botte, ndr). E' finita. Bisogna fare come, per dire, c'era la 'democrazia'. E' caduta la 'democrazia' e hanno fatto un altro partito, Forza Italia. 'Forza cose'. Bisogna modernizzarsi, non stare con le vecchie regole. Il mondo cambia e bisogna cambiare tutte cose. Oggi la chiamiamo 'massoneria' ... domani la chiamiamo P4, P6, P9".

    Praticati tassi usura 200%. I presenti affiliati alla cosca Mancuso di Limbadi sottoposti a fermo stamani, tra le altre cose, praticavano prestiti ad usura con tassi sino al 200% annuo. E' quanto emerso da un filone di indagine condotto dalla squadra mobile di Catanzaro. Gli investigatori hanno accertato quello che è stato definito "un vorticoso giro di denaro" che poi finiva nelle casse dei Mancuso. Gli affiliati, inoltre, secondo quanto emerso dalle indagini, in alcuni casi avrebbero anche sequestrato le vittime dell'usura quando queste non riuscivano a fare fronte ai debiti per indurre i familiari a pagare.

    Sequestrati beni per 35 mln. Beni per un valore di 35 milioni di euro sono stati sequestrati dai finanzieri della Compagnia di Vibo Valentia e del Gico di Trieste nell'ambito dell'operazione che ha portato al fermo di 24 persone ritenute legate alla cosca Mancuso di Limbadi. In particolare, i finanzieri hanno sequestrato, nel vibonese, supermercati, un panificio industriale, un'azienda di conservazione alimentare ed un villaggio turistico. L'indagine che ha portato al sequestro ha preso spunto dalla scoperta di una serie di movimentazioni sospette su alcune banche triestine. Gli accertamenti dei finanzieri hanno portato poi ad individuare alcune persone di Vibo quali autori delle movimentazioni.

    Mancuso insinuato in mondo politico. Pantaleone ''Luni" Mancuso, capo dell'omonima cosca di Limbadi, aveva la "capacità di insinuarsi, attraverso propri referenti, nel mondo politico-imprenditoriale, condizionando a suo favore il sistema". Lo scrivono i magistrati della Dda di Catanzaro nelle oltre 1.700 pagine del decreto di fermo eseguito stamani contro presunti capi e gregari della cosca. "E' stato documentato - scrivono il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, il sostituto procuratore generale Marisa Manzini, applicata alla Dda, e il pm Simona Rossi - il diretto interesse di Pantaleone Mancuso, in occasione delle elezioni amministrative del maggio 2011, a sostegno del candidato Francesco Antonio Crudo, poi effettivamente eletto sindaco di Limbadi. Sono state intercettate ulteriori conversazioni nel corso delle quali è stata documentata l'esplicita richiesta di voti rivolta a Mancuso da parte di altri candidati nei comuni di Limbadi e Ricadi, in occasione delle elezioni amministrative del 15 e 16 maggio 2011. E' emerso, infine, il concreto impegno elettorale di Antonio Maccarone, genero di Pantaleone Mancuso, e dello zio paterno, Aurelio Maccarone, consigliere provinciale a Vibo Valentia, a sostegno di alcuni candidati in occasione delle elezioni amministrative del maggio 2011, in chiara convergenza di interessi con lo stesso Mancuso". "Altra tematica emersa nel corso delle indagini, dalla quale risulta ulteriormente dimostrata la consapevole cooperazione offerta da Aurelio ed Antonio Maccarone alle attività ed agli interessi illeciti di Mancuso - scrivono ancora i pm - è quella relativa agli interessi di quest'ultimo nella politica locale. Le intercettazioni dimostrano che Mancuso intrattiene occulti legami personali con alcuni esponenti politici locali, fra i quali Ottavio Gaetano Bruni (consigliere regionale eletto con la lista Autonomia e diritti e poi passato all'Udc, ndr), esponente di vertice dello schieramento politico in cui milita anche Aurelio Maccarone. Più soggetti si sono rivolti a Mancuso chiedendogli appoggio elettorale e in tal modo rendendo evidente come egli venga notoriamente riconosciuto quale esponente mafioso di rilievo, in grado di procacciare voti, anche in comuni della provincia vibonese diversi da Limbadi". Il procuratore di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo, incontrando stamani i giornalisti, ha detto che nessun politico é al momento indagato.

    Tentativo di delegittimare giudice. Una cosca potente a tal punto da imporre alle altre famiglie della provincia di Vibo Valentia il pagamento del pizzo sulle attivita' illecite, con infiltrazioni nella politica ed in ambienti delle forze dell'ordine e in grado di organizzare una strategia delegittimante contro magistrati e investigatori: è il quadro della cosca Mancuso di Limbadi delineato dagli inquirenti della Dda di Catanzaro dopo l'operazione che ha portato al fermo di 21 presunti affiliati sui 24 provvedimenti emessi. L'operazione rappresenta la sintesi di tre inchieste e costituisce solo una parte del lavoro svolto che, come ha detto il procuratore aggiunto della Dda Giuseppe Borrelli, nel corso di una conferenza stampa, avrà presto ulteriori sviluppi. Uno dei filoni è nato a Trieste, quando il Gico della finanza ha accertato movimentazioni sospette di denaro su banche friulane. Dal denaro i finanzieri sono risaliti a Vibo ed a presunti affiliati alla cosca Mancuso il cui obiettivo era riciclare denaro sporco reinvestendolo in attività lecite. Tentativo, è stato sottolineato, stroncato sul nascere. Sul fronte calabrese, lo stesso filone, condotto anche dai finanzieri della Compagnia di Vibo, ha mostrato come la cosca avesse ottenuto il controllo nella commercializzazione di generi alimentari e nel settore turistico, imponendo i propri prodotti a commercianti e società. I finanzieri hanno sequestrato beni per 35 milioni tra i quali una concessionaria di auto, un bar nel centro di Tropea ed il villaggio turistico Sabbie d'oro. Un'altra indagine, condotta dal Ros dei carabinieri di Catanzaro e dal Gico della finanza, ha confermato il ruolo apicale di Pantaleone Mancuso, di 66 anni, individuando alcune ramificazioni nell'organigramma della cosca tra cui quella che fa capo al figlio Giuseppe, di 36 anni. Era Giuseppe, secondo l'accusa, a reggere la cosca durante la detenzione del padre, tornato in carcere due giorni fa con l'accusa di avere fornito appoggio per un omicidio compiuto nell'ambito della faida che vede contrapposti i Patania e i Petrolo-Bartolotta, da una parte, e le cosche di Piscopio (frazione di Vibo), dall'altra. Il terzo filone è stato seguito dalla squadra mobile di Catanzaro ed ha evidenziato come la cosca fosse attiva nel campo dell'usura ricorrendo anche a metodi violenti come nel caso di un imprenditore legato ad un albero e liberato solo la mattina dopo, quando il fratello ha consegnato i 20 mila euro pretesi dalla cosca. E proprio il capo della mobile, Rodolfo Ruperti, è stato oggetto di pesanti commenti di esponenti di spicco della cosca che, intercettati, manifestavano l'astio ed il rancore nei suoi confronti.

    ''Esprimiamo la nostra gratitudine agli investigatori del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, alla Squadra Mobile di Catanzaro, al Ros dei Carabinieri ed al Gico della Guardia di finanza di Catanzaro e Trieste, coordinati dai pm Simona Rossi e Marisa Manzini, per la brillante operazione condotta nelle ultime 24 ore contro la cosca Mancuso di Limbadi". E' quanto dichiara, in una nota, Lia Staropoli, componente dell'Esecutivo nazionale del movimento antimafia "Ammazzateci Tutti". "Le indagini - continua - hanno portato non solo ad importanti arresti ma anche e soprattutto hanno inferto un durissimo colpo (mediante il sequestro di beni per 35 milioni di euro) ad una 'ndrina i cui tentacoli sembrano essersi oramai estesi non solo in tutte le province calabresi ma addirittura sino a Trieste. Auspichiamo che i sempre piu' frequenti e significativi risultati ottenuti dalla magistratura e dalle forze dell'ordine possano essere da stimolo per i cittadini e le vittime della 'ndrangheta a denunciare ed a collaborare sempre di piu' con le Istituzioni: perché solo affermando il principio di sovranità e consolidando il sentimento di fiducia nello Stato potremo debellare definitivamente la criminalità organizzata".

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