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    Beni per 12 mln di euro sequestrati alla cosca Pesce dalla Gdf

     

     

    Beni per 12 mln di euro sequestrati alla cosca Pesce dalla Gdf

    05 mag 11 Beni per oltre 12 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Guardia di finanza, congiuntamente ai carabinieri del Comando provinciale di Reggio, a esponenti di vertice della cosca Pesce di Rosarno. I provvedimenti sono emessi dal Tribunale di Reggio Calabria, Sezione misure di prevenzione su richiesta della Procura, come prosecuzione dell'operazione "All Clean" del 21 aprile scorso e riguardano aziende, immobili, denaro e titoli detenuti da appartenenti alla cosca in Lombardia, a Milano e Como, e in Calabria, in provincia di Vibo Valentia. Le persone destinatarie dei provvedimenti sono Salvatore Pesce, di 50 anni, inteso 'u babbu', fratello del capoclan Antonino, attualmente in carcere, padre di Giuseppina, la donna le cui dichiarazioni hanno portato alla disarticolazione della cosca, e Claudio Lucia indicato come il responsabile degli investimenti in Lombardia, arrestato lo scorso marzo in Spagna e attualmente detenuto nel carcere di Rebibbia. I finanzieri hanno posto i sigilli in Lombardia alla società cooperativa "Open Work" di Milano che si occupa di servizi alle attività di trasporto, alla "Break Sandwich" con sede a Como che si occupa di commercio ambulante di alimentari, "Giovanna Couture" che commercia in pellicce e abbigliamento in pelle. In Calabria sono stati sequestrati un negozio di abbigliamento a Vibo Valentia, sei laboratori per arti e mestieri a Ionadi e tre immobili a Mileto, nel vibonese; un vigneto a Rosarno e vari conti correnti, titoli, azioni, obbligazioni, certificati di deposito e assicurazioni

    E' il referente della cosca Pesce di Rosarno per gli investimenti in Lombardia e all'estero ma è anche l'uomo di riferimento del clan per la gestione del racket e del settore del ristoro ambulante, Claudio Lucia, uno dei due destinatari dei provvedimenti di sequestro beni eseguiti da finanza e carabinieri tra Calabria e Lombardia. Agli atti delle indagini emerge, infatti, come Lucia, pur non essendo congiunto o appartenente al nucleo familiare dei Pesce, durante una discussione sorta in relazione alla riscossione del pizzo nei confronti di alcuni ambulanti milanesi venisse paragonato da un componente della cosca ad un "fratello". Sempre Lucia si sarebbe accollato direttamente circa 120 mila euro di spese per pagare alcuni difensori di Salvatore Pesce e Giuseppe Ferraro. Il ruolo di vertice di Lucia, arrestato a marzo in Spagna in esecuzione di un mandato di cattura internazionale, all'interno della cosca è confermato anche dal fatto che l'uomo si recava a Rosarno per ricevere disposizioni e chiarimenti sul denaro provento delle attività di racket. Lucia e la moglie, Amelia Ana Culda, di origini romene, inoltre, secondo quanto accertato pur avendo dichiarato redditi irrisori, gestivano una speciale carta di credito solitamente rilasciata a clienti particolarmente facoltosi e con disponibilità di credito dell'ordine di milioni di euro.

    Nel particolare sono stati eseguiti 25 accertamenti economico-patrimoniali, di cui 16 a carico di persone fisiche e 9 relativi a persone giuridiche. L’attività, che ha riguardato, in qualità di soggetti proposti, Pesce Salvatore e Lucia Claudio, ha richiesto: dapprima, la dettagliata ricostruzione degli interi nuclei familiari - attuali e storici, delle parentele, nonché dei relativi rapporti relazionali; successivamente, la comparazione di questi con gli elementi info/investigativi emersi dalle indagini tecniche eseguite nel corso del procedimento penale denominato “ALL INSIDE” condotto nel 2010 dai carabinieri di Reggio Calabria, per l’individuazione dei prestanome cui sono stati intestate le ricchezze ed i beni illecitamente accumulati; una incisiva attività investigativa di carattere economico–patrimoniale, incentrata sull’acquisizione e sull’analisi di un’enorme quantità di dati e notizie, ricavabili dalle banche dati in uso al Corpo, e dai rilevamenti effettuati presso i numerosi enti interessati, sia della provincia di Reggio Calabria che di altre regioni d’Italia, anche utilizzando lo strumento investigativo denominato “Molecola”, validato dallo S.C.I.C.O. (Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata); infine, il confronto dei numerosissimi dati acquisiti, al fine di riscontrare l’esistenza di una netta sperequazione tra i redditi dichiarati e l’incremento patrimoniale accertato. La specifica analisi contabile eseguita ha, nella sostanza, consentito di evidenziare l’eccezionale arricchimento realizzato negli ultimi venti anni dai soggetti proposti per i sequestri. Tra i soggetti colpiti emerge quale importante figura di vertice quella di Salvatore Pesce 50 anni (detenuto), inteso “u babbu”, fratello del capo cosca Antonino Pesce 58 anni (detenuto), inteso “Testuni”, nonché padre di Giuseppina Pesce che nelle sue dichiarazioni aveva confermato importanti elementi che hanno portato alla disarticolazione militare ed economica della omonima famiglia ‘ndranghetistica. Tra l’altro, proprio Pesce Salvatore, attraverso un suo prestanome, aveva gestito nella città di Rosarno e senza alcuna autorizzazione, a partire dai primi anni 2000, l’emittente “RADIO OLIMPIA”. Si tratta di quella stazione radiofonica sottoposta, dagli stessi finanzieri, a sequestro preventivo d’urgenza il 28 aprile 2010, nell’ambito della nota operazione di polizia giudiziaria denominata “ALL INSIDE”. In tale contesto era, peraltro, stato evidenziato come la radio veniva utilizzata dal clan Pesce per inviare messaggi ai carcerati che, a seconda della canzone mandata in onda, ricevevano notizie sull’esecuzione di determinati ordini od attività. Altro soggetto di spessore nei confronti del quale si è intervenuti oggi è LUCIA Claudio – responsabile della cosca per gli investimenti in Lombardia e, in parte in territorio estero, attualmente detenuto presso la Casa Circondariale di Roma Rebibbia, tratto in arresto, il 10 marzo scorso in Spagna a seguito di esecuzione di mandato internazionale. Dalle indagini, a suo tempo eseguite, esce ben descritto il ruolo del Lucia che viene individuato come il referente dei Pesce nella gestione del racket e del settore del ristoro ambulante in tutta la città di Milano. Ulteriormente, sono agli atti del tribunale di Reggio Calabria specifiche indagini tecniche dalle quali si evince come il Lucia pur non essendo congiunto o appartenente al nucleo familiare dei Pesce, durante una discussione sorta in merito alla riscossione del pizzo nei confronti di altri ambulanti meneghini, venisse di fatto, da parte di un membro della cosca, paragonato ad un fratello: “….devi dirgli che Claudio è un fratello nostro, non un cugino….”. Inoltre, sempre il Lucia, risulta essere una sorta di cassaforte per il clan, considerato che si è accollato direttamente ben 120.000 euro di spese per pagare alcuni degli avvocati difensori di PESCE Salvatore e FERRARO Giuseppe. La storia di Lucia consente anche di confermare come tutte le attività da questo svolte in terra lombarda dipendessero dalle decisioni prese in Calabria. Infatti, in un particolare momento di crisi, sempre legato alla riscossione del pizzo a Milano, lo stesso Lucia è costretto a fare un viaggio a Rosarno per ricevere disposizioni e chiarimenti sulla spartizione delle somme. Relativamente alle enormi possibilità economiche e finanziarie del clan Pesce, la figura di Claudio Lucia consente di evidenziare importanti conferme visto che dallo stesso e dalla moglie rumena CULDA Amelia Ana, che negli ultimi 15 anni hanno dichiarano redditi irrisori, viene gestita una speciale Carta di Credito denominata “American Express Centurion”, conosciuta anche come “Carta nera” o “Black” - solitamente rilasciata dall’American Express a clienti particolarmente facoltosi, ovvero con una disponibilità di credito rientrante nell’ordine di milioni di euro. In sintesi, l’attività repressiva odierna, alla cui esecuzione partecipano anche le fiamme gialle vibonesi, vede l’impiego di oltre 50 militari appartenenti ai Comandi Provinciali di Carabinieri e Guardia di Finanza di Reggio Calabria, nel sequestro di numerosi aziende e beni immobili, nello specifico: Società cooperativa “OPEN WORK SOC. COOP. A.r.l.”, PI04110930965, con sede a Milano, via Giuseppe Parini nr. 9, esercente l’attività di “Servizi connessi ai trasporti terrestri” Società in accomandita “BREAK SANDWICH s.a.s. di INTAGLIATORE Savino & C.”, PI02856320136, con sede a Como, via Cadorna nr. 25, esercente l’attività di “Commercio al dettaglio ambulante di altri prodotti alimentari e bevande” Società di capitali “GIOVANNA COUTURE S.r.l.”, P.I. 03004830794, esercente l’attività di “commercio al dettaglio di pellicce e di abbigliamento in pelle”; n. 1 (uno) negozio adibito a punto vendita sito a Vibo Valentia, via J. Kennedy s.n.c.; n. 6 (sei) laboratori per arti e mestieri, siti a Ionadi (VV); n. 3 (tre) unità immobiliari site a Mileto (VV); n. 1 (uno) vigneto sito a Rosarno (RC); vari conti correnti, titoli, azioni, obbligazioni, certificati di deposito, assicurazioni; per un valore complessivo pari ad Euro 12.120.000,00

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