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    Ascanio Celestini il 20 a Cosenza parla della sua "Pecora Nera"

     

     

    Ascanio Celestini il 20 a Cosenza parla della sua "Pecora Nera"

    18 ott 10 Mercoledì 20 ottobre, alle ore 10, al Cinema Citrigno, a Cosenza, sarà presentato l’evento finale dell’XI edizione del progetto. In programma, la cerimonia di premiazione delle scuole che partecipano alla rassegna. Ospite d’onore della manifestazione il regista e attore Ascanio Celestini che presenterà il suo ultimo film “La pecora nera”. “La Scuola a cinema” è un progetto promosso dalla Società Kostner e dall’associazione Anec-Calabria in collaborazione con l’assessorato alle Politiche dell’Educazione del comune di Cosenza e l’Agis Scuola. Un’iniziativa che coinvolge più di duemila studenti degli istituti scolastici di Cosenza da ben 12 anni. Il cinema può essere per i più giovani non solo un momento d’intrattenimento ma anche di formazione culturale, questo l’obiettivo de “La Scuola a Cinema”. Un’edizione dedicata al tema “Impegno e coscienza civile”, rivolto agli studenti degli istituti scolastici cosentini. In programma film legati al mondo dei giovani, di ultima uscita o prossimi nelle sale. All’incontro con Ascanio Celestini parteciperanno più di duemila studenti degli istituti scolastici cosentini che aderiscono alla manifestazione. “La Pecora Nera” ha riscosso gran de successo durante l’ultima edizione del Festival di Venezia. Unica opera prima ammessa al concorso che ha registrato consensi di pubblico e critica ( ben sette minuti applausi durante la proiezione). Trasposizione cinematografica di un libro e di un’opera teatrale dello stesso artista romano. Celestini racconta la storia di Nicola, nato negli anni ‘60 e costretto a vivere 35 anni in un istituto psichiatrico, al di fuori del quale la vita non è poi così diversa da quella che gli succede intorno. A seguire, alle ore 20, al Supercinema Modernissimo di Cosenza proiezione della pellicola “La pecora nera” e subito dopo il film l’incontro con Ascanio celestini aperto al pubblico e alla stampa.

    Scheda: Ascanio Celestini è oggi uno degli attori più conosciuti del panorama teatrale italiano. I suoi spettacoli recenti, da "Radio Clandestina" a "Fabbrica", da "Scemo di guerra" a "La pecora nera", hanno circuitato in quasi tutti i teatri più prestigiosi d’Italia. Eppure gli esordi artistici di Celestini restano ancora poco noti al grande pubblico: si pensi alla trilogia "Milleuno" (1998-2000) e soprattutto a "Cicoria. In fondo al mondo, Pasolini", scritto ed inscenato insieme a Gaetano Ventriglia nel 1998. Tutta l'esperienza artistica di Ascanio Celestini ruota intorno all'oralità. Antropologo di formazione, e un ricercatore affamato di storie, un cacciatore di esperienze. Celestini ascolta, intervista, registra i racconti delle persone che poi vorrà narrare: le storie del padre, della nonna, dei sopravvissuti della Seconda Guerra Mondiale, dei familiari delle vittime delle Fosse Ardeatine, degli operai delle fabbriche e di molti altri ancora; ma soprattutto Ascanio Celestini immagina. Fissa tutte queste parole in immagini e da queste estrae altre storie, altri racconti. Un fenomeno teatrale recente, Celestini, capace di suscitare interesse anche tra i fruitori occasionali dei palcoscenici, soprattutto se giovani, dissolvendo lo “spauracchio” della rappresentazione teatrale come manifestazione noiosa o datata. Il lavoro di Celestini può ascriversi al teatro “di narrazione”, che si è affermato nel panorama italiano ed europeo da circa vent’anni, raccogliendo consensi fra tipologie di pubblico diverse, sia per quanto riguarda l’aspetto della formazione culturale che quello anagrafico. La commistione tra l’ambito dell’arte drammatica e quello delle discipline scientifiche si esplicita per Celestini tanto in fase progettuale e di raccolta di materiali per gli spettacoli, quanto nella fase compositiva ed espressiva. Le creazioni di Celestini trovano ispirazione in diversi territori culturali: i temi della narrazione tradizionale, conosciuta dall’autore tanto grazie ai racconti in ambito familiare, quanto alle letture di raccolte di favole della letteratura popolare; le vicende storiche nazionali recenti, legate per lo più alla seconda guerra mondiale, e infine le esperienze umane e personali di uomini e donne conosciuti di persona. L’incontro diretto e i contatti con i depositari della memoria, finalizzati al recupero di informazioni fondamentali nella vita teatrale dell'autore, giustificano il rimando al metodo di studio applicato dalle discipline socio-antropologiche. L’opera di Ascanio Celestini risulta innovativa anche da questo punto di vista, perché vuole rompere il rapporto di continuità con gli esempi drammaturgici precedenti, al fine di rilanciare un nuovo linguaggio teatrale più immediato e accessibile, adatto ad instaurare un ponte comunicativo tra narratore e pubblico e finalizzato a creare ambiti di riconoscimento dell’identità collettiva, paragonabili ad una sorta di rito laico che si propone di celebrare la centralità dell’uomo.

    Biografia: Si diploma nel 1991 presso il Liceo Classico "Marco Tullio Cicerone" di Frascati, del quale nel 1989 era stato rappresentante d'Istituto. Dopo gli studi universitari in lettere con indirizzo antropologico si avvicina al teatro a partire dalla fine degli anni novanta collaborando, in veste di attore, ad alcuni spettacoli del Teatro Agricolo O del Montevaso, tra cui Giullarata dantesca (1996-1998), rilettura dell'Inferno di Dante alla maniera dei comici dell'Arte. Dopo gli anni dell'apprendistato maturato con il Teatro Agricolo O del Montevaso, insieme all'attautore foggiano Gaetano Ventriglia, Celestini scrive ed interpreta il suo primo spettacolo, Cicoria. In fondo al mondo, Pasolini (1998). Lo spettacolo racconta di un padre (Celestini) ed un figlio (Ventriglia) che compiono un viaggio da Foggia a Roma, parlando e mangiando cibi poveri come il pane e le cipolle, sullo sfondo di un mondo di delicata ma vitalistica poesia memore della lezione pasoliniana: un viaggio che si connota come iniziazione alla morte, attraverso i racconti che il padre rivolge al figlio. Una pièce in cui già si notano tutte le tendenze del futuro lavoro dell'attore romano, anche se in questo primigenio lavoro si vede un Celestini che - prima ancora di farsi affabulatore solista - interpretava un personaggio drammatico all'interno di una partitura drammatica a più attori. Con Cicoria prende avvio la sua produzione matura, snodatasi attraverso una prima fase artistica concretizzatasi, tra il 1998 ed il 2000, nella composizione della trilogia Milleuno, sulla narrazione di tradizione orale: ne fanno parte Baccalà (il racconto dell'acqua), Vita, Morte e Miracoli, La fine del Mondo (l'attore è accompagnato sul palco dai musicisti Matteo D'Agostino e Gianluca Zammarelli). In Milleuno Celestini rievoca un mondo pasoliniano dove la sofferenza del vivere viene riscattata da una sottile ironia. Ascanio ricrea la memoria orale degli ultimi, di chi vive ai margini di una grande città come Roma a metà del secolo scorso: una città che si sta trasformando sotto la cementificazione delle speculazioni edilizie e che, sempre più, assorbe e divora la campagna e con essa i riti e le credenze popolari. Negli anni successivi riceverà svariati riconoscimenti istituzionali tra cui nel 2002 il Premio Ubu speciale "per la capacità di cantare attraverso la cronaca la storia di oggi come mito e viceversa", nel 2004 il Premio Fescennino d'oro, il Premio Gassman come miglior giovane talento, il premio Oddone Cappelino per il testo "Le Nozze di Antigone", nel 2005 il Premio Ubu per lo spettacolo Scemo di guerra (come Nuovo testo italiano) e vari altri premi per i suoi testi letterari e teatrali tra i quali il Premio Satira Politica, il Premio Histryo, il Premio Bagutta, il Premio Fiesole Narrativa Under 40, il Premio Anima, il Premio Vittorio Mezzogiorno, il Premio Flaiano o il Premio Trabucchi alla Passione Civile. La svolta della carriera artistica è segnata dalla scrittura ed interpretazione di Radio clandestina (2000), sull'eccidio delle Fosse Ardeatine, cui seguono Cecafumo (2002), montaggio di fiabe della tradizione popolare italiana riviste, destrutturate e rimontate, tradotte e "tradite", per un pubblico di ragazzi e adolescenti; Fabbrica (2002), narrazione in forma di lettera sulla vita operaia, attraverso tre generazioni di lavoratori, dalla fine del XIX secolo alla dismissione industriale degli anni '80-'90; Scemo di guerra. 4 giugno 1944 (2004, presentato alla Biennale di Venezia) sulle vicende personali del padre dell'attautore, sullo sfondo drammatico dell'ingresso degli americani a Roma e, quindi, del secondo conflitto mondiale; La pecora nera. Elogio funebre del manicomio elettrico (2005), sull'istituzione del manicomio e sulle manie dell'odierna società dei consumi. Tra maggio e giugno 2006 ha presentato al Piccolo Teatro di Milano Live. Appunti per un film sulla lotta di classe, accompagnato dai musicisti Gianluca Casadei (fisarmonica), Roberto Boarini (violoncello) e Matteo D'Agostino (chitarra) che sono anche gli autori delle musiche. Si tratta di uno spettacolo-lavoro in corso che cambia cercando di seguire il variare delle condizioni del lavoro precario in Italia. La nuova versione col titolo Appunti per un film sulla lotta di classe ha debuttato a Bruxelles alla fine di settembre 2007. Ha scritto anche Le nozze di Antigone (2003), interpretato dall'attrice Veronica Cruciani. È considerato uno dei rappresentanti della seconda generazione del cosiddetto teatro di narrazione: i suoi spettacoli sono fatti di storie raccontate e sono preceduti da un lavoro di raccolta di materiale lungo e approfondito. L'attore-autore fa quindi da filtro, con il suo racconto, fra gli spettatori e i protagonisti dello spettacolo. L'attore in scena rappresenta sé stesso, anche quando parla in prima persona: è qualcuno che racconta una storia. Gli spettacoli di Celestini sono caratterizzati da una economia di mezzi attoriali e scenografici: i movimenti dell'attore sulla scena sono ridotti al minimo e la comunicazione si svolge attraverso le capacità di affabulazione. Il ritmo vocale è rapido e quasi senza pause, la scenografia elementare. Nell'opera di Celestini la Storia con la S maiuscola si mescola sempre con micro-storie e vicende personali, mentre l'irruzione del fantastico connota il suo lavoro come marcatamente popolare. Scrive su Viaggi della Memoria, una rubrica di Viaggi, il supplemento de la Repubblica, nella quale racconta, in maniera spesso surreale, i luoghi che conosce attraverso le sue tournée. Dal 2001 ha scritto e interpretato diverse trasmissioni radiofoniche per Rai Radio 3, tra cui Milleuno, racconti minonti buffonti e quattro edizioni di Bella Ciao. Ascanio Celestini con lo spettacolo Parole Sante a Villa Arconati. Dal 2006 partecipa alla trasmissione di Rai 3 Parla con me, condotta da Serena Dandini. Quasi tutti i suoi spettacoli sono diventati libri, ma in particolare Storie di uno scemo di guerra (premio Bagutta, Premio Fiesole Narrativa Under 40 e votato libro dell'anno dagli ascoltatori del programma Fahrenheit di Rai Radio 3) e La pecora nera (premio Anima) nascono come veri e propri romanzi. Nel 2006 partecipa al film Mio fratello è figlio unico di Daniele Luchetti. Nel 2007 gira il documentario Parole Sante che racconta la vicenda di un collettivo autorganizzato di lavoratori precari d'Atesia, del più grande call center italiano situato a Cinecittà Due, nella periferia di Roma. Anche questa opera fa parte del progetto che da due anni lo vede impegnato nel tentativo di raccontare cosa significa la lotta di classe in un tempo nel quale si riesce con difficoltà a intuire che esista ancora una coscienza di classe; viene presentato al Festival internazionale del film di Roma nella sezione Extra. Contemporaneamente esce il suo primo disco, anch'esso intitolato Parole sante, dove sono raccolte le canzoni presenti negli spettacoli, nel documentario e alcuni inediti. Il disco ha ricevuto nel 2007 il Premio Ciampi come Miglior debutto discografico dell'anno e il Premio Arci "Dalla parte Buona della Musica". Nel 2005, nel 2006 e nel 2008 ha partecipato al Concerto del Primo Maggio a Roma. Nell'agosto del 2008 partecipa come unico autore italiano al progetto "Traits d'union" presentato al festival internazionale La Mousson d'été con il testo "Fabbrica" (già messo in scena in Belgio e Portogallo). Testo che ha debuttato al Théâtre Vidy di Lausanne con la regia di Charles Tordjman e la musica di Giovanna Marini. Per la giornata della memoria il 27 gennaio 2009 presenta a Parigi l'istallazione "Oggetti smarriti", cinque postazioni montate nelle sale dell'Istituto Italiano di Cultura con cinque registrazioni-interviste a deportati nei campi di sterminio nazisti. Negli stessi giorni al théâtre de l'Odéon viene letto in francese il suo testo "Radio clandestina". Nell'autunno del 2009 a Galeata riceve il "Premio Cultura dell'incontro". Il romanzo Lotta di Classe, pubblicato nell'aprile del 2009, chiude una parte importante del suo lavoro sul tema delle condizioni precarie di molti lavoratori italiani e in particolare degli operatori di call center che in questi anni hanno condotto un'importante battaglia nella più grande azienda del settore in Italia, Atesia nella periferia di Roma. «Un romanzo popolare nel significato più nobile - ha scritto Curzio Maltese su la Repubblica - Tanti anni fa Pasolini annunciò una mutazione antropologica che stava per abbattersi sul Paese, a cominciare dalle periferie della capitale. Celestini ci racconta com'è avvenuta, quali macerie ha lasciato». Giovedì 24 settembre 2009 ha debuttato a Viterbo con la prima tappa di Il razzismo è una brutta storia[2], progetto nato in collaborazione con l'Arci. Gli estremisti di destra della città, ostili alla manifestazione anti-razzista di cui lo spettacolo di Celestini è il momento centrale lo hanno accolto con scritte del tipo "Celestini boia"[3]. Il 17 novembre 2009 gli viene assegnato il Premio Volponi, l’unico interamente dedicato alla letteratura di impegno civile, a quegli scritti cioè che più di altri si distinguono per l'attenzione alle tematiche sociali e del lavoro. Ascanio Celestini ha iniziato il 15 marzo 2010 a Roma le riprese del film La pecora nera prodotto da Alessandra Acciai, Carlo Macchitella e Giorgio Magliulo opera prima tratta dall'omonimo suo libro che è stato anche uno spettacolo teatrale sull'istituzione manicomiale. Il film è in concorso alla 67° Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia.

    La Pecora Nera: Spettacolo teatrale, libro, dvd, e adesso un film, che sarà alla Mostra del cinema di Venezia, alla fine di agosto, fra le quattro pellicole italiane in concorso. Sono i passaggi, negli ultimi cinque anni, de «La pecora nera», la storia raccontata dall’attore e regista Ascanio Celestini. «Prima che decidessi di trasformarlo in un racconto teatrale c’erano, e ci sono tuttora, più di 150 ore di registrazioni e interviste, realizzate, dal 2002 al 2005, all’interno degli ospedali e dei manicomi del nord e del centro Italia», ricorda l’autore. Naturalmente, in questo tour dell’alienazione («Non mi interessava fare un film sui manicomi, ma sul disagio mentale») c’è Roma, la città di Celestini, dove l’autore presenterà, il 6 agosto dalle 22, il libro-dvd «La pecora nera» (edito da Einaudi) alla Libreria Rinascita lungo il Tevere.
    LA PECORA NICOLA - La pecora nera è la storia di Nicola - interpretato da Celestini - e dei suoi 35 anni vissuti in manicomio. Ma è soprattutto un omaggio a due figure, come l’infermiere Adriano Pallotta e Alberto Paolini, 42 anni alle spalle, trascorsi tutti in un manicomio. «Senza di loro non ci sarebbe stato il racconto, perché è attraverso la vittima e il carnefice che si intuisce cosa è stato davvero il manicomio; non un luogo di cura, ma un appuntamento con la morte dilazionata nel tempo. Un luogo dove poter inscatolare persone, come in un supermercato».
    «CONDOMINIO DI SANTI» - Nel film, girato in sette settimane, dalla metà del marzo scorso a tutto aprile - tra gli altri interpreti, Giorgio Tirabassi e Maya Sansa - cambia la prospettiva narrativa rispetto allo spettacolo teatrale. «Nel film si è cercato di descrivere il manicomio non in modo documentaristico, ma trasmettendo, attraverso il suono o il montaggio, un’evocazione del disagio», dice Celestini, il quale ricorda quanto sia stato importante l’approccio al film, di Daniele Ciprì, autore della fotografia. Nicola-Celestini descrive il manicomio come «un condominio di santi», e c’è un motivo: «A Firenze, un infermiere mi ha raccontato di un paziente, il quale era convinto di trovarsi in un condominio e non in un manicomio». Tutto vero e documentato, tranne quegli aspetti che volutamente sono rimasti fuori del racconto. Conclude: «Lo psichiatra Massimo Marà, un giorno mi ha confessato che nel ’68, se eri una persona seria, non avresti potuto che entrare in un manicomio. E’ vero, ma ho preferito non inserire questa sua lettura; mi sembrava troppo consapevole rispetto alla narrazione di un disagio senza alcuna presa di coscienza: era più questo che mi premeva raccontare».

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