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      A 14 anni dai fatti tutti assolti per la frana di Maierato del 2010

       

       

      A 14 anni dai fatti tutti assolti per la frana di Maierato del 2010

      29 mar 24 A distanza di 14 anni dai fatti, è arrivata la sentenza di primo grado del processo scaturito per accertare eventuali responsabilità di una gigantesca frana che il 15 febbraio 2010 interessò il borgo di Maierato, nel vibonese, senza provocare vittime solo perché, alcune ore prima, l'allora sindaco Sergio Rizzo aveva disposto l'evacuazione di numerose abitazioni. Adesso, il Tribunale di Vibo Valentia ha disposto l'assoluzione - come chiesto anche dalla Procura - nei confronti di otto persone accusate di disastro doloso. Nell'ultima udienza, il pm Filomena Aliberti ha chiesto l'assoluzione per tutti gli imputati chiarendo che l'imputazione era stata formulata sulla scorta delle risultanze della perizia dei consulenti tecnici di parte nominati all'epoca ma che l'istruttoria dibattimentale, e in particolare l'esame dei periti delle difese, aveva dimostrato che quelle tesi non erano fondate determinando l'insussistenza dei fatti contestati. La sentenza ha riguardato Silvano Fiorillo, titolare dell'azienda "Martens srl", attiva nel campo della produzione di saponi; Domenico Antonio Bilotta, legale rappresentante della "Vetromed Spa"; Carmine Sardanelli, titolare della ditta "Intertonno Srl" che si occupa dell'inscatolamento del tonno; Giacinto Callipo, titolare della "Vercall" che si occupa della verniciatura di profilati in alluminio; Giorgio Aldo Cinquegrana, responsabile del servizio Urbanistica e ambiente del Comune di Maierato; Filippo Silvio Silvaggio, responsabile dei procedimenti dell'Ufficio tecnico del Comune; Gianfranco Comito, dirigente protempore della Provincia del settore Difesa del suolo; Francesco De Fina, dirigente protempore della Provincia con le stesse mansioni di Comito. Le indagini della Procura risalivano al 2008 ed erano state avviate dopo la denuncia di un contadino che aveva segnalato una strana colorazione del fosso "Scuotapriti" accompagnata de esalazioni nauseabonde, provenienti dal depuratore e dall'illecito smaltimento di reflui industriali inquinanti nel fosso. La procura iscrisse nel registro degli indagati le persone finite poi a processo in quanto dagli accertamenti, secondo l'accusa, era emerso avrebbero causato la frana di proporzioni tali da esporre a un concreto pericolo la collettività. Nello specifico, tali condotte, secondo gli inquirenti, avrebbero contribuito ad acidificare fortemente le acque del fosso Scuotapriti che, attraverso l'ininterrotto scorrimento sotterraneo tra le rocce carbonatiche caratteristiche del sottosuolo, avevano provocato la lenta e progressiva destrutturazione dei calcari. Ciò, combinato con la sovrassaturazione dell'area, dovuta, oltre che a deflussi superficiali e allo scarico di acque bianche, anche alle copiose precipitazioni registratesi nei giorni immediatamente precedenti all'evento, avrebbe provocato una repentina accelerazione del processo di dissoluzione delle rocce e quindi il collasso del sistema geologico di località "Giardino". Tale tesi non ha retto nel corso del dibattimento inducendo la stessa Procura a chiedere l'assoluzione.

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