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      Iniziato processo appello a Lucano, condannato in primo grado a 13 anni

       

       

      Iniziato processo appello a Lucano, condannato in primo grado a 13 anni

      25 mag 22 È iniziato a Reggio Calabria il processo d'Appello a Mimmo Lucano, l'ex sindaco di Riace che in primo grado è stato condannato a 13 anni e 2 mesi di carcere dal Tribunale di Locri che lo ha giudicato colpevole di associazione a delinquere, truffa, peculato, falso e abusi d'ufficio. Davanti al collegio della Corte d'Appello di Reggio Calabria, presieduto dal giudice Giancarlo Bianchi, nell'udienza di oggi, c'è stata la costituzione delle parti e, subito dopo, è iniziata la relazione del giudice a latere che proseguirà nell'udienza del 6 luglio. Sul banco degli imputati, oltre a Lucano, ci sono altre 17 persone coinvolte, a vario titolo, nell'inchiesta della Guardia di finanza sul cosiddetto "modello Riace" e sulla gestione dei progetti di accoglienza dei migranti. L'ex sindaco non era presente in aula dove c'era, invece, il suo avvocato Andrea Daqua in rappresentanza anche dell'altro difensore, l'europarlamentare Giuliano Pisapia. Entrambi i legali, nelle motivazioni d'appello, hanno chiesto la riapertura dell'istruttoria dibattimentale sostenendo che il Tribunale di Locri, con la sentenza di condanna, ha eseguito una "lettura forzata se non surreale dei fatti" tesa, in sostanza, a "dichiarare a ogni costo responsabile Lucano". La richiesta degli avvocati di Lucano, così come quella dei difensori degli altri imputati, sarà discussa subito dopo le relazioni dei giudici a latere che potrebbero concludersi già nell'udienza del 6 luglio. A differenza del processo di primo grado, in cui il Tribunale di Locri ha vietato l'ingresso in aula delle telecamere, la Corte d'Appello di Reggio Calabria ha accolto la richiesta delle varie testate giornalistiche.

      "Ho detto di avere fiducia nella giustizia e lo confermo. Ma ho aggiunto che la giustizia in cui credo e in cui ho fiducia é quella dei più deboli, la giustizia proletaria. E' questo il senso vero della giustizia, non quando diventa un paravento per tutelare, come é avvenuto nel corso della storia, gli interessi dei più forti, nascondendosi dietro la parola legalità, che dovrebbe servire per educare ad avere rispetto di come è organizzata la società. Sono convinto che una società in cui ci sono disuguaglianze non può avere un profilo umano". Così l'ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, in un'intervista alla Tgr della Calabria che gli é stata fatta a Chiaravalle Centrale, nel catanzarese, dove ha partecipato ad un incontro sul tema "Insieme: unici perché diversi". Lucano, a proposito del processo d'appello iniziato oggi a Reggio Calabria per i presunti illeciti nella gestione dei migranti in relazione ai quali, in primo grado, il Tribunale di Locri lo ha condannato a 13 anni e 2 mesi di reclusione, quasi il doppio rispetto a quanto chiesto dal Pm (7 anni e 11 mesi), ha detto di non temere "la conferma della condanna di primo grado. In realtà non temo nulla. Sarei obbligato ad accettarla, certo, ma la vita non é fatta soltanto di materialità. Ci sono anche gli ideali, che sono poi quelli che restano". "Il vero giudizio sulla mia vicenda - ha detto ancora Lucano - non può darlo una sola persona, che tra l'altro non conosce neppure la realtà di Riace e ciò che ha rappresentato. Quando nel 2018 c'é stata la manifestazione a mio sostegno, dopo che per me erano stati disposti gli arresti domiciliari, in testa al corteo, e questo é stato emblematico per me, c'erano tutte persone provenienti dall'Africa subsahariana. I primi che hanno espresso il giudizio su ciò che ho fatto a Riace sono stati loro. É stata quella la dimostrazione più bella di solidarietà e vicinanza nei miei confronti".

      "Inizia oggi, presso il tribunale di Reggio Calabria, il processo in Corte d'Appello all'ex sindaco di Riace Mimmo Lucano, condannato in prima istanza ad oltre 13 anni di carcere, una pena doppia rispetto a quanto richiesto dal Pm. La colpa di Mimmo, come quella degli equipaggi delle ong perennemente sottoposte a processo, come quella dei volontari del Baobab, per citare solo alcuni esempi, è quella di non essersi voltati dall'altra parte quando si trattava di aiutare profughi e richiedenti asilo, anche a costo di forzare e di violare leggi palesemente ingiuste". Lo affermano, in una nota congiunta, Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione comunista e Stefano Galieni, responsabile nazionale immigrazione del partito. "Come Rifondazione Comunista - proseguono Acerbo e Galieni - restiamo al fianco di Mimmo e di chi, con lui, rischia pene che non vengono affibbiate neanche ai più pericolosi criminali. Ma in effetti il crimine di solidarietà, nato dalle menti fervide di esponenti del Partito Democratico oggi dedite all'esportazione di armi e di sistemi di sicurezza militari, è un crimine che turba gravemente l'ordine neoliberista che gli accusatori rappresentano. Un ordine che, come accade da decenni, è causa di guerre, lutti, violenza, accordi diplomatici con impresentabili dittature, politiche di dominio, guadagni per pochi ai danni di molti".

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