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      False lauree, 10 arresti, sequestrati da Gdf beni per 3.2 mln

       

       

      False lauree, 10 arresti, sequestrati da Gdf beni per 3.2 mln

      07 apr 22 Un finto centro di formazione, con base in provincia di Reggio Calabria e sedi in altre parti d'Italia, che rilasciava falsi diplomi che poi non venivano riconosciuti dalle istituzioni. A scoprirlo sono stati i finanzieri del Comando provinciale e gli agenti della Polizia metropolitana di Reggio che hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di dieci persone emessa dal Gip su richiesta del procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri e dei suoi pm per il reato di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di truffe, falsi e autoriciclaggio. Nell'operazione, denominata "Lucignolo", tre donne di Condofuri, madre e due figlie, sono state portate in carcere; ad altri cinque indagati, residenti nella Locride, a Roma, Trani, Terracina e Rho, il gip ha concesso il beneficio degli arresti domiciliari mentre per altri due, uno di Locri e uno di Ribera, in provincia di Agrigento, è stato disposto l'obbligo di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria. Gli inquirenti avrebbero fatto luce su una sorta di "diplomificio". Gli accertamenti avrebbero consentito alla Procura di delineare l'esistenza e l'operatività del sodalizio criminale dietro la parvenza di un finto centro di formazione internazionale, falsamente riconosciuto e convenzionato con enti pubblici ed università italiane e straniere. Per i pm si tratta di un'associazione, stabile e strutturata, attiva fin dal 2016 che sarebbe riuscita ad accumulare proventi per milioni di euro, raggirando decine e decine di vittime. L'inchiesta è partita dalle denunce di persone truffate che avevano frequentato alcuni corsi ma i cui titoli non erano stati ritenuti validi nell'ambito di procedure valutative del personale nelle pubbliche amministrazioni. Stando agli accertamenti di Finanza e Polizia metropolitana, gli indagati erano in grado di fornire diplomi di laurea di università straniere con la relativa omologazione, ma anche diplomi di università italiane telematiche, certificati di conoscenza della lingua inglese e abilitazioni all'attività didattica. Per i pm, però, era tutto falso. Inoltre, in alcuni casi, i titoli erano rilasciati senza la frequenza di alcun corso o il superamento di alcun esame.

      Gli arresti

      Una delle principali indagate nell'inchiesta "Lucignolo" sui falsi diplomi, nell'ottobre scorso è stata candidata in occasione delle amministrative a Roma. Si tratta di una donna , di 36 anni, che si era presentata al Municipio 1. Con l'accusa di associazione a delinquere, truffa e falso, oltre a lei sono finite in carcere anche la madre di 56 anni, e la sorella di 31 anni. Quest'ultima, secondo l'accusa, gestiva uno "pseudo ufficio legale" del centro di formazione "Unimorfe", falsamente accreditato al Miur e coinvolto nell'inchiesta coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri e dal sostituto Paolo Petrolo.Il gip Karin Catalano, che ha emesso l'ordinanza di custodia cautelare, ha concesso il beneficio degli arresti domiciliari per altri cinque indagati: V. C. (32 anni), F. M. (40 anni), L. C. detta "Lucy" (42 anni), M. L. (37 anni) e A. B. (49 anni). Obbligo di dimora e presentazione alla pg, invece, per gli indagati E.R. (50 anni) e C. L. (69 anni).

      sequestro beni per 3,2 milioni

      Beni per 3,2 milioni di euro sono stati sequestrati nell'ambito dell'operazione "Lucignolo", coordinata dalla Procura di Reggio Calabria e condotta dalla Guardia di finanza e dalla Polizia metropolitana reggina, che ha portato alla scoperta di un finto centro di formazione con base in provincia di Reggio Calabria chiamato "Unimorfe". Il provvedimento di sequestro, richiesto dal procuratore Giovanni Bombardieri, è stato emesso dal gip Karin Catalano ed ha riguardato rapporti finanziari e due immobili di pregio a Roma, nella centralissima via degli Scipioni, che erano nella disponibilità dei promotori dell'organizzazione. La cifra, per gli inquirenti, rappresenta il provento dell'attività illecita posta in essere dai componenti dell'associazione e oggetto di autoriciclaggio. Una delle promotrici dell'associazione, inoltre, è indagata anche per appropriazione indebita poiché, secondo l'accusa, in qualità di rappresentante legale di un sindacato di Condofuri si sarebbe appropriata di circa 300mila euro depositati sul conto corrente dell'organizzazione sindacale, mediante prelevamenti e bonifici su conti correnti propri o dei familiari. In carcere sono finite una dpnna e le sue tre figlie.

      Volevano portare profitti illeciti all'estero

      Secondo l'accusa, gli indagati stavano pianificando "l'istituzione di una sede virtuale estera finalizzata al trasferimento di capitali all'estero". La sede virtuale è stata poi realizzata a Cipro. Oltre alla falsificazione dei diplomi e all'organizzazione dei falsi corsi, alcuni dei quali per operatore socio sanitario si tenevano nel reggino, i promotori dell'associazione si sarebbero occupati anche della "materiale gestione dei profitti illeciti" che venivano reimpiegati pure nell'acquisto "di immobili a Roma".

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