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    Documento dei giornalisti "Reggio di nuovo città dolente"

     

     

    Documento dei giornalisti "Reggio di nuovo città dolente"

    29 mag 17 Un gruppo di giornalisti, Giuseppe Baldessarro, Alessia Candito, Enrico Fierro, Lucio Musolino, Paolo Pollichieni, Guido Ruotolo, Sandro Ruotolo e Giovanni Tizian, ha diramato un documento con cui commenta la situazione che sta vivendo Reggio Calabria sotto l'aspetto della criminalità. "A Reggio Calabria - affermano - la respiri nell'aria la tensione. Si riassapora la 'citta' dolente' degli anni '80-'90. Abbiamo ripensato alle auto bruciate delle scorse settimane, all'incendio all'ingresso del bar Ficara del quartiere Tremulini, alla gambizzazione di un postino e di un architetto. Abbiamo pensato alle minacce continue di cui si parla ma che nessuno denuncia e al ritorno delle estorsioni, alle cose lette sull'omicido di un ex carabiniere che gestiva la rivendita di tabacchi nella zona nord dell'area metropolitana. Soprattutto abbiamo pensato all'anonimo sparatore che una sera, fucile in pugno, si e' infilato in un bar del lungomare per poi iniziare a far fuoco contro le vetrine della gelateria. Segnali di qualcosa che sta succedendo, di equilibri mafiosi che stanno cambiando. Siamo convinti che questa sia una fase molto particolare per l'Italia. Le mafie si stanno riorganizzando, stanno cambiando rapidamene, forse sono gia' cambiate". Proprio per questo chi fa il nostro mestiere deve, piu' che in passato, "studiare". Bisogna capire. Allora abbiamo pensato a Reggio Calabria, ai silenzi che avvolgono la citta' in contrapposizione al nuovo dinamismo criminale che si registra. La magistratura nell'ultimo decennio ha inferto colpi durissimi ai vertici dei clan della citta' e della provincia. Sono finiti in carcere i capi dei De Stefano, dei Condello, dei Libri, dei Tegano e via via di tutti gli altri. Lo stesso in provincia. E con gli arresti sono arrivate le condanne che hanno sepolto moltissimi 'mammasantissima' sotto decine di anni di galera. Il vuoto ha evidentemente attivato gli appetiti delle seconde, terze e quarte file delle cosche che ora puntano a riprendersi la citta', che sentono come propria per diritto dinastico. A Reggio dicono 'piscialetto', ma che aspirano al ruolo di boss. Sono tornati a sparare a Reggio Calabria, in maniera sistematica. Smetteranno solo quando nuove regole saranno stabilite". "Sarebbe un errore - dicono ancora i giornalisti - se la citta' si accontentasse di stare alla finestra a guardare. Non lo sta facendo la magistratura e non lo stanno facendo le forze dell'ordine. Non puo' consentirsi di farlo l'opinione pubblica. La stampa ha il dovere di alzare il livello d'attenzione, la politica ha il dovere di creare le condizioni perche' il vuoto lasciato dalle cosche sia occupato dalla parte buona della societa'. Non si puo' attendere passivamente di capire chi saranno i nuovi padroni. Sarebbe l'ennesima sconfitta per una Reggio che ne ha subite tante, troppe. E per troppo tempo. L'eco delle armi da fuoco puo' essere spento soltanto dal controcanto della cultura, dei servizi sociali, del lavoro buono, delle pratiche di legalita', della denuncia. Fermo restando il lavoro di repressione che tocca a forze dell'ordine e magistrati, la ragione e il cuore, l'amore per una terra ferita, ci spinge a chiedere a tutti e ad ognuno di rispondere su un altro piano, piu' alto e vitale. Chi puo' e chi deve faccia la sua parte, e la faccia immediatamente. Si stanno spartendo la citta' per l'ennesima volta, come alla fine della guerra di mafia nel '91, ma la citta' non e' loro e forse non e' neppure nostra. La citta' e dei nostri figli, ed abbiamo il dovere morale di consegnargliela migliore. Migliore e libera dalle mafie e da chi le mafie protegge con le sue connivenze e con i suoi silenzi".

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