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    A Vibo vedova Montinaro con resti auto ricorda strage Capaci

     

    A Vibo vedova Montinaroi con resti auto ricorda strage Capaci

    16 mag 17 "La strage di Capaci non appartiene solo a me, ma a tutti, a tutte le persone perbene di questa nazione". Lo ha detto Tina Montinaro, vedova dell'agente Rocco Montinaro, uno dei tre componenti della scorta del giudice Giovanni Falcone, parlando a Vibo Valentia in occasione dell'arrivo di quel che resta dell'auto sulla quale l'agente viaggiava insieme ai colleghi Rocco Di Cillo e Vito Schifani, morti il 23 maggio del 1992, insieme al magistrato antimafia e alla moglie Francesca Morvillo, nella strage di Capaci. L'incontro con gli studenti del vibonese, avvenuto nell'auditorium della scuola Allievi agenti della Polizia, rientra nell'ambito della manifestazione itinerante "La memoria in marcia - 25/mo anniversario della Strage di Capaci", organizzata dall'associazione "Quarto Savona Quindici" insieme alla Polizia di Stato. Nel dibattito, moderato dal responsabile della redazione calabrese dell'Ansa, Ezio De Domenico, la signora Tina si è rivolta ai ragazzi esortali a non piegarsi mai di fronte a chi "vuole rubarvi il futuro, i sogni, la libertà". Accanto a lei due uomini dello Stato che la mafia l'hanno combattuta in prima fila negli anni caldi di una Sicilia sconvolta dagli omicidi e dalle stragi, Ottavio Sferlazza, procuratore di Palmi, e Guido Longo, prefetto di Vibo Valentia: il primo allievo di un altro magistrato antimafia come Paolo Borsellino che verrà trucidato con le stesse barbare modalità 57 giorni il collega Falcone; e il secondo che si occupava, nel maggio del 1992, della scorta del giudice istruttore. Sferlazza e Longo hanno ricordato quegli anni di piombo e l'esempio dato alle nuove generazioni con il sacrificio dei due magistrati sottolineando come la "repressione e la prevenzione siano assolutamente necessarie ma lo è anche veicolare tra i ragazzi il messaggio che la mafia si può sconfiggere. La mafia non dà lavoro, è solo una mistificazione popolare. La mafia uccide e non guarda in faccia nessuno. Con le dolorose stragi di Capaci e di via D'Amelio - hanno detto - furono però piantati i semi della rinascita, del riscatto della gente, in particolare dei siciliani, avviando un processo che è ancora in corso ma che ormai è irreversibile".

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