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    Centrale della contraffazione scoperta dalla Gdf nel reggino, 16 arresti, sequestrati beni

     

    Centrale della contraffazione scoperta dalla Gdf nel reggino, 16 arresti, sequestrati beni

    16 giu 16 I finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria stanno eseguendo 16 ordinanze di custodia cautelare, sei in carcere e 10 ai domiciliari, contro i presunti appartenenti ad una organizzazione dedita alla produzione e commercializzazione di capi ed accessori di abbigliamento riportanti marchi contraffatti. In corso di esecuzione anche 40 perquisizioni ed il sequestro preventivo di beni e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 1 milione di euro. Complessivamente sono 40 le persone denunciate. I reati contestati sono associazione per delinquere finalizzata alla contraffazione, alterazione e uso di marchi o brevetti, introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi; il tutto aggravato dalla commissione sistematica del reato attraverso l'allestimento di mezzi e attività organizzate. All'operazione hanno partecipato più di 200 finanzieri con 50 mezzi. Le indagini, coordinate dalla Dda, avrebbero evidenziato l'esistenza di un vero e proprio cartello criminale presente ed operante nel territorio di Reggio Calabria, in grado di condizionare il regolare svolgimento delle attività economiche, in particolare nel confezionamento e nella vendita di oltre 150.000 capi ed accessori di abbigliamento riportanti note griffe contraffatte.

    Dal tessuto al prodotto finito. Dall'acquisto della materia prima alla realizzazione del prodotto finito con moderni macchinari industriali in grado di imprimere i marchi delle griffe di moda direttamente sui capi prodotti: coprivano tutte le fasi produttive i componenti dell'organizzazione che aveva messo in piedi una centrale del falso e che è stata smantellata dai finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria con 16 arresti. L'inchiesta "Easy Brand", coordinata dalla Dda reggina, è nata dal sequestro di migliaia di capi d'abbigliamento a carico di un cittadino senegalese, nonché dal rinvenimento di un opificio artigianale che non poteva giustificare l'enorme mole di materiale sequestrato. I Baschi verdi del Gruppo di Reggio sono così riusciti a compiere una mappatura delle aree di vendita ed a delineare compiutamente l'operatività e i ruoli dei numerosi partecipanti all'organizzazione. E' così emerso che la materia prima "vergine" veniva acquistata direttamente in Turchia, in Cina e in diverse regioni italiane per poi essere confezionata nel prodotto finale destinato a rifornire gran parte dei mercati della Provincia oltre che ad evadere specifici ordini commissionati anche da clienti operanti fuori dal territorio cittadino. L'organizzazione - capeggiata, secondo l'accusa, da Giuseppe Spatari di 54 anni, e dal cittadino italiano di origine senegalese Lo Macouna, conosciuto come Giulio (57) - aveva impiantato diversi opifici attrezzati con macchinari industriali moderni capaci di imprimere i marchi delle griffe di moda direttamente sui capi. Alcuni degli opifici erano completamente clandestini, altri operavano in violazione delle norme sui diritti di proprietà industriale visto che erano sprovvisti di qualsiasi tipo di autorizzazione e della licenza, tanto che uno era dotato di regolare partita Iva. Così facendo, secondo l'accusa, la banda aveva creato un vero e proprio mercato "parallelo" del falso. Sono stati oltre 150.000 i capi di abbigliamento ed accessori contraffatti sequestrati nel corso dell'indagine per un valore di circa 2 milioni di euro Tra i danneggiati ci sono anche i consumatori finali che hanno comprato prodotti qualitativamente scadenti e, talvolta, pericolosi per la salute.

    Procuratore De Raho "Seri danni all'economia". Ha provocato seri "danni all'economia reale" l'organizzazione dedita alla contraffazione di prodotti di abbigliamento ed accessori sgominata a Reggio Calabria. Lo ha detto il procuratore della Repubblica Federico Cafiero de Raho incontrando i giornalisti. "I materiali di base - ha aggiunto - provenivano da Hong Kong, dalla Cina e dalla Romania. Successivamente erano riconfezionati con i marchi di case di moda molto note a livello internazionale impressi a caldo con apposite piastre metalliche per renderle indelebili. Un 'valore aggiunto', oserei dire - ha ironizzato il magistrato - una replica del prodotto quasi identica agli originali che veniva smerciato da una rete di distributori coordinata da Lo Macouna, un cittadino senegalese molto noto nei mercatini rionali di Reggio Calabria e della sua provincia". "Era - ha detto il comandante provinciale della Guardia di finanza col. Alessandro Barbera - un vero e proprio mercato parallelo del falso di enormi dimensioni e in grado di compromettere seriamente i canali leciti di riferimento".

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