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    Blitz dei CC in Calabria, 19 arresti tra le cosche Petullà, Latini e Foriglio

     

    Blitz dei CC in Calabria, 19 arresti tra le cosche Petullà, Latini e Foriglio

    21 gen 16 Da questa mattina i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria stanno eseguendo 19 arresti tra la provincia di Reggio e le città di Cosenza, Catanzaro, Vibo Valentia, Verbania, Firenze e Chieti. Tre le cosche di 'ndrangheta coinvolte, quelle dei Petullà, dei Latini e dei Foriglio, tutte con base operativa nei territori di Cinquefrondi ed Anoia, nella Piana di Gioia Tauro. L'operazione denominata "Saggio compagno 2", partita questa mattina rappresenta il seguito di un'attività d'indagine condotta dagli stessi carabinieri nel dicembre del 2015. Il provvedimento è stato emesso nell’ambito dello stesso procedimento penale, denominato "Saggio Compagno" coordinato dalla Procura Distrettuale e le cui indagini sono state condotte dalla Compagnia Carabinieri di Taurianova sin dal novembre 2013, che ha già portato: all’arresto di 8 persone, al sequestro di oltre 1 chilogrammo di cocaina ed al rinvenimento di numerose armi e munizioni; il 15 dicembre 2015 all’esecuzione di un Decreto di Fermo e l’8 gennaio 2016 di un’Ordinanza di Custodia Cautelare rispettivamente nei confronti di 36 e 29 persone, oltre al sequestro preventivo di beni mobili, immobili e conti correnti per un valore complessivo di circa 400.000 euro. Le indagini, che si sono avvalse anche delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, hanno consentito di accertare l'appartenenza degli indagati, anche con ruoli di vertice, alle tre cosche coinvolte, quali articolazioni autonome dell'associazione per delinquere di tipo 'ndranghetistico nota come "locale di Cinquefrondi", con ramificazioni in tutta la provincia di Reggio Calabria ed in varie altre province. L'attività dell'organizzazione criminale, secondo quanto riferiscono i carabinieri , "avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, era finalizzata al controllo ed allo sfruttamento delle risorse economiche della zona mediante il compimento di una serie indeterminata di delitti in materia di armi, esplosivi e munizionamento; contro il patrimonio, la vita e l'incolumità individuale ed in materia di commercio di sostanze stupefacenti, nonché delitti volti ad acquisire direttamente e indirettamente la gestione o il controllo di attività economiche, in particolare nel settore degli appalti boschivi, ed altre attività illecite". I reati contestati alle persone arrestate sono associazione per delinquere di tipo mafioso, detenzione e porto di armi da guerra e comuni da sparo, ricettazione, rivelazione e utilizzazione di segreti d'ufficio, favoreggiamento personale, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope, estorsione, furto, spendita e introduzione nel territorio dello Stato di monete falsificate e danneggiamento seguito da incendio.

    --- Video Guarda il video degli arresti

    Sono 18 le persone alle quali è stata notificata l'ordinanza di custodia cautelare nell'ambito dell'operazione 'Saggio Compagno 2' portata a termine stamane dai carabinieri e diretta dalla Dda di Reggio Calabria Si tratta di Giuseppe Ladini, di 38 anni, presunto capo dell'omonima cosca; della moglie, Antonella Bruzzese (44); Giuseppe e Serafino Bruzzese, di 24 e 28 anni; Fortunato Foriglio (58); Raffaele Giovinazzo (32); i fratelli gemelli Francesco e Raffaele Ierace (25); Maurizio Monteleone (42), di Domodossola (Verbano-Cusio-Ossola); Angelo Napoli (38); Antonio Raco (30); Leonardo Tigani (33); Antonio Valerioti (52); Antonio Zangari (68); Salvatore Bono (44); Domenico Papalia (46); Salvatore Romeo (47) e Michele Vomera (25).

    Soggetti indagati per altri episodi delittuosi, principalmente riferiti a violazioni in materia di armi e stupefacenti (che si aggiungono a quelli già arrestati a seguito delle pregresse risultanze investigative) sono: BONO Salvatore, nipote del capo locale TRIPODI Costantino, per aver acquistato da PORCARO Fabio, anch’egli appartenente alla ”Locale di Cinquefrondi”, una pistola cal. 22; PAPALIA Domenico, per aver tenuto condotte finalizzate ad approvvigionarsi di stupefacente del tipo cocaina da LADINI Giuseppe; ROMEO Salvatore, per aver detenuto illecitamente due pistole e per aver trattato, unitamente a LADINI Giuseppe, la compravendita di altre armi dello stesso tipo; VOMERA Michele, per aver detenuto e portato illecitamente più volte in luogo pubblico varie armi, oltre che per aver trattato la compravendita di altre con LADINI Giuseppe.

    L’odierno provvedimento si inserisce nell’ambito dell’operazione “SAGGIO COMPAGNO”, che già il 15 dicembre e l’8 gennaio scorsi aveva portato all’esecuzione di un Decreto di Fermo e di altra Ordinanza di Custodia Cautelare in carcere rispettivamente nei confronti di 36 e 29 persone, oltre al sequestro preventivo di beni mobili, immobili e conti correnti del valore complessivo di circa 400.000 euro. L’operazione “SAGGIO COMPAGNO” era stata così denominata, in quanto trae origine dall’appellativo con cui il principale indagato, LADINI Giuseppe, si rivolgeva al suo più fidato sodale, TIGANI Leonardo. Le indagini erano state avviate dai Carabinieri della Compagnia di Taurianova nel novembre 2013, sviluppando ulteriormente alcune acquisizioni investigative dell’operazione “Vittorio Veneto”, che all’epoca aveva consentito di trarre in arresto 8 persone per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e violazioni in materia di armi, nonché aveva successivamente determinato la collaborazione dell’esponente di vertice di quel sodalizio, IERANÒ Rocco Francesco (tuttora detenuto). Quest’ultimo, dopo essersi dichiarato fin dall’inizio ‘ndranghetista ed appartenente alla ”Locale di Cinquefrondi”, aveva riferito preziose informazioni in merito all’assetto della struttura criminale di cui faceva parte, con particolare riferimento al ruolo rivestito da LADINI Giuseppe, indicato come ‘ndranghetista appartenente alla stessa locale, con un ruolo apicale associato alla carica del “Vangelo”.

    Il complesso delle articolate attività tecniche (intercettazioni telefoniche ed ambientali, nonché riprese video) e di riscontro, incrociato ed analizzato con le risultanze investigative derivanti anche dalla collaborazione di IERANÒ, ha permesso di: individuare i soggetti appartenenti all’organizzazione mafiosa identificata in “Locale di Cinquefrondi”, che peraltro frequentavano l’abitazione di LADINI Giuseppe o comunque gravitavano a vario titolo attorno alla sua figura; cogliere in maniera inequivocabile le varie condotte compiute anche da ciascuno degli odierni arrestati, dimostrando la loro attiva collaborazione alle varie attività illecite di LADINI e della “Locale di Cinquefrondi” di cui facevano parte. Riscontri delle prime risultanze investigative, erano infatti già stati anche: l’arresto in flagranza eseguito il 1° marzo 2014 nei confronti di CREA Ettore (tuttora detenuto), rampollo dell’omonima famiglia mafiosa di Rizziconi (RC), trovato in possesso di un fucile mitragliatore di provenienza illecita, la cui compravendita era stata trattata poco prima con LADINI presso la sua abitazione; il fermo di indiziato di delitto eseguito il 25 marzo 2014 nei confronti di LADINI Giuseppe, il quale aveva manifestato l’intenzione di disperdere tutto il materiale illecito di cui disponeva, nonché di darsi precauzionalmente alla fuga; nella circostanza erano state recuperate anche numerose armi e parti di armi, nonché un chilogrammo di cocaina, il tutto oggetto delle trattative condotte da LADINI con gli altri indagati; il fermo di indiziato di delitto eseguito il 7 aprile 2014 nei confronti di BRUZZESE Antonella, BRUZZESE Lorenzo, PAPALUCA Emanuele, TIGANI Leonardo, RACO Antonio e VALERIOTI Antonio, sul conto dei quali erano già stati riscontrati evidenti elementi di responsabilità in particolare in ordine al traffico di armi condotto unitamente al LADINI. Le dichiarazioni del collaboratore IERANÒ avevano poi trovato genuina rispondenza innanzitutto nelle attività tecniche eseguite presso l’abitazione di LADINI, dove peraltro lo stesso continuava a delinquere senza alcuna remora nonostante fosse sottoposto a detenzione domiciliare. L’indagine aveva poi permesso di accertare inoltre che LADINI, con la stretta collaborazione morale e materiale innanzitutto della moglie e del suo nucleo familiare: aveva manifestato la chiara volontà di costituire a Cinquefrondi (RC) una nuova articolazione criminale sotto la sua guida; a tal fine, intratteneva con evidente disinvoltura e padronanza tutta una serie di rapporti con numerosi pregiudicati, facenti capo non solo al contesto delinquenziale cinquefrondese, ma anche ad altre aree della Province di Reggio Calabria e Vibo Valentia, dando quindi prova della sua caratura criminale e dell’importanza della locale di cui faceva parte.

    L’odierna misura cautelare, originata dal medesimo contesto investigativo di cui ai provvedimenti eseguiti il 15 dicembre e l’8 gennaio scorsi, è stata quindi emessa nei confronti di ulteriori soggetti ritenuti ugualmente appartenenti e contigui alla “Locale di Cinquefrondi”, a carico dei quali però non erano stati precedentemente ravvisati i presupposti per l’emissione del provvedimento di Fermo eseguito il 15 dicembre 2015. Tra i vari fatti contestati, nell’ambito del progetto di LADINI di costituire una propria ‘ndrina, era emerso anche il suo intento di acquistare il ristorante “Il Fungo” di proprietà del “Capo Locale” Tripodi Costantino (già arrestato in occasione dell’operazione del 15 dicembre 2015): quel luogo non costituiva infatti un mero oggetto di investimento, ma esprimeva un’elevata valenza simbolica, in quanto era di proprietà del vecchio “Capo Locale” di Cinquefrondi, ma soprattutto era il luogo attorno al quale anche nel recente passato avevano gravitato i personaggi di maggiore spessore della “Locale”, tra cui Ieranò Rocco Francesco, che in occasione della sua cattura nell’estate del 2013 fuggì proprio da quel luogo. Inoltre, lo spessore criminale della figura di LADINI Giuseppe e di tutti i personaggi che lo circondavano è emerso anche quando aveva aspramente rimproverato Petullà Angelo e Petullà Raffaele (già arrestati in occasione dell’operazione del 15 dicembre 2015), per aver aggredito verbalmente e fisicamente un operaio boschivo della zona, ritenuto colpevole di aver tagliato degli alberi in una zona che risultava invece di interesse proprio della famiglia Petullà. La disapprovazione di LADINI, palesata nella sua abitazione ed alla presenza dei predetti PETULLÀ, si riferiva al fatto che una simile aggressione compiuta nei confronti di un soggetto che si stava recando proprio a casa sua, avrebbe rischiato di incrinare la sua autorevolezza ed il suo prestigio criminale agli occhi esterni. Altra conferma dell’influenza e controllo del territorio esercitato da LADINI è anche l’episodio in cui un abitante del luogo si era appositamente recato presso l’abitazione di LADINI per lamentare il comportamento del suo fidato sodale, TIGANI Leonardo, il quale, pur avendo ricevuto nel tempo numerosi favori, aveva comunque appiccato un incendio ad una casetta rurale di sua proprietà, quale ritorsione per una controversia di vicinato scaturita dall’eccessiva sporgenza di un albero. Infatti, sono stati diversi gli ammonimenti che LADINI aveva conseguentemente rivolto a TIGANI, per essersi mal posto nei confronti di una persona che si era sempre manifestata “disponibile”, innanzitutto per non aver denunciato il danneggiamento. Lo spessore di LADINI e dall’organizzazione nel suo complesso, sono stati riscontrati anche con la reiterata presenza dei pluripregiudicati gemelli IERACE Francesco e Raffaele, giovanissimi e noti rampolli della criminalità cinquefrondese, i quali, pur essendo già detenuti da tempo, utilizzavano i permessi premio di cui beneficiavano anche per fare visita a LADINI Giuseppe presso la sua abitazione: nel corso di tali incontri hanno infatti più volte discusso di numerosi aneddoti – presenti e passati – relativi alla vita ed alle attività illecite della “Locale di Cinquefrondi”, manifestando quindi tutta la loro consapevole partecipazione ed il loro chiaro sostegno al sodalizio. Oltre alle movimentazioni di armi di cui si è già fatto cenno, numerose sono state anche le contrattazioni per la compravendita di soldi falsi e partite di cocaina. Nell’ambito del focolare domestico, non era infatti così raro che LADINI, con l’ausilio dei suoi sodali, prelevasse o trasferisse nel rudere di cui disponeva svariati involucri contenenti stupefacente, che poi confezionava e predisponeva in casa per le sue trattative successive. Anche nell’ambito di tale attività illecita, oltre che per la movimentazione di armi, emerge come i primi e più stretti fiancheggiatori degli affari di LADINI e del suo ruolo di predominio fossero proprio i suoi più stretti familiari, ad ulteriore conferma del ruolo tipicamente esercitato dalla famiglia anche in questo contesto ‘ndranghetistico.

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