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    Beni per 33 mln sequestrati dalla Gdf a cosca Labate

     

    Beni per 33 mln sequestrati dalla Gdf a cosca Labate

    29 apr 16 Il personale del Comando provinciale di Reggio Calabria della Guardia di Finanza e del Nucleo speciale Polizia valutaria, con il coordinamento della locale Procura della Repubblica, hanno eseguito nella provincia reggina un provvedimento emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale con il quale è stato disposto un sequestro di beni per un valore di 33 milioni di euro nei confronti di persone ritenute appartenenti e contigui alla cosca di 'ndrangheta dei Labate. I beni sequestrati consistono nel patrimonio aziendale di sei imprese, 97 immobili, sei autoveicoli e di plurimi rapporti finanziari e assicurativi. "L'esistenza e l'operatività della cosca Labate nella zona sud di Reggio Calabria e, in particolare, nei quartieri Gebbione e Sbarre - riferisce la Guardia di Finanza in un comunicato - è stata più volte acclarata con più di una sentenza già passata in giudicato. Nello specifico, la cosca Labate aveva il controllo assoluto della gestione delle attività economiche, con particolare riferimento al settore del commercio della carne, oltre che a quello dell' edilizia e del movimento terra". "A seguito di una mirata attività di indagine e di analisi economico-finanziarie - si afferma ancora nella nota - gli uomini della Guardia di finanza hanno accertato che tutti gli investimenti delle persone interessate dal provvedimento di sequestro e dei componenti dei loro nuclei familiari sono stati effettuati con denaro derivante da attività imprenditoriale svolta secondo modalità mafiose. Infatti, il potere mafioso della cosca Labate veniva sfruttato per sbaragliare la concorrenza, imporsi sul mercato e procurarsi clienti, con totale alterazione delle regole della concorrenza, finendo per operare nella zona di competenza in posizione sostanzialmente monopolistica".

    Tra i soggetti colpiti dalla misura di prevenzione patrimoniale vi è, innanzitutto, LABATE Michele, esponente di vertice dell’omonima cosca unitamente al fratello Pietro, che ha all’attivo condanne irrevocabili, tra l’altro, per il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso. Al riguardo si segnala che LABATE Pietro (già resosi latitante dal 11.04.2011 al 12.07.2013) è stato, da ultimo, sottoposto a fermo di indiziato dal G.I.C.O. del Nucleo PT Reggio Calabria per il reato di intralcio alla giustizia aggravato dalle finalità nonché dalle modalità mafiose per le minacce perpetrate ai danni di una testimone - in un importante processo in corso proprio nei confronti del fratello Michele e di altri esponenti della cosca LABATE - volte a indurla a commettere il reato di falsa testimonianza. Gli altri interessati dal provvedimento sono i fratelli REMO Giovanni e Pasquale colpiti nel giugno del 2013, unitamente a LABATE Michele, da ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria poiché ritenuti gravemente indiziati dei reati di estorsione aggravata dalle modalità e dalle finalità mafiose.

    La misura di prevenzione patrimoniale ha, infine, interessato gli eredi di FINTI Antonio, già titolare di una merceria a Reggio Calabria in una traversa di via Aldo Moro, deceduto nel 2014. Si tratta di un soggetto immune da precedenti penali che, sin dagli anni ’80, aveva reinvestito i proventi illeciti della cosca, attraverso svariate acquisizioni immobiliari. La sua vicinanza ai LABATE è stata ricostruita attraverso puntuali riscontri alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia (“io ho appreso da Michele Labate ... che c’era un’altra persona che gli faceva ... un’altra sorta di contenitore del grande impero dei Labate, che è un tale Tony Finti ... una volta mi ha detto ... mi devi portare affari soltanto nella zona dove arriva il mio compare”).

    Nonostante l’intero patrimonio accumulato in vita dal FINTI (71 immobili e 2 terreni, oltre a disponibilità finanziarie) fosse poi passato in successione alla moglie ed ai figli, si è proceduto al suo sequestro grazie al nuovo Codice Antimafia che consente, entro 5 anni dal decesso del soggetto nei confronti del quale potrebbe essere disposta la confisca, di aggredire anche i beni pervenuti agli eredi. L’esistenza e l’operatività della cosca LABATE nella zona sud di Reggio Calabria e, in particolare, nei quartieri Gebbione e Sbarre, è stata più volte accertata con più di una pronuncia già passata in giudicato. A tal proposito - come precisato nel provvedimento della Sezione Misure di Prevenzione - “già con sentenza n. 9/1997 emessa in data 16.2.1997 nell’ambito del proc. Pen. 6/1995 RG Assise - 99/1992 RGNR DDA, è stato riconosciuto il ruolo di primo piano di Michele LABATE e del fratello Pietro nella omonima cosca e, nello specifico, è stato accertato che, nella zona di competenza, la cosca LABATE aveva il controllo assoluto della gestione delle attività economiche, con particolare riferimento al settore del commercio della carne, oltre che a quello dell’edilizia e del movimento terra già a far data dal 1987.” La situazione di assoluto dominio della predetta organizzazione criminale nel territorio criminale si è mantenuta del tutto invariata nel corso dei decenni successivi per come emerge, oltre che dalle successive sentenze intervenute nel corso degli anni, anche dalle plurime e convergenti dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che hanno, tra l’altro, ricondotto i due fratelli REMO nell’orbita dei LABATE (“i Remo e i Labate nel settore della carne sono stati sempre «tutta una cosa»”); legame, questo, che a detta di alcuni risalirebbe già alla metà degli anni ottanta. Con riferimento a LABATE Michele e ai fratelli REMO Pasquale e Giuseppe, una volta delineato il profilo di pericolosità sociale qualificata dei proposti, la successiva attività investigativa del Nucleo PT - G.I.C.O. di Reggio Calabria ha consentito di qualificare le imprese a loro riconducibili nel genus delle imprese mafiose in quanto nate e accresciutesi sfruttando il potere mafioso della cosca LABATE per sbaragliare la concorrenza, per imporsi sul mercato, per procurarsi clienti, con totale alterazione delle regole della concorrenza, finendo per operare nella zona di competenza in posizione sostanzialmente monopolistica.

    A tal fine è stata estrapolata e acquisita copiosa documentazione - consistente in contratti di compravendita di beni immobili, di quote societarie, atti notarili, ecc. - necessaria a ricostruire ogni singola operazione economica effettuata dai citati fratelli LABATE e REMO. Il materiale così acquisito è stato oggetto, quindi, di circonstanziati approfondimenti volti a dimostrare che tutti gli investimenti dei proposti e dei componenti dei loro nuclei familiari sono stati effettuati con denaro di provenienza delittuosa in quanto derivante da attività imprenditoriale svolta secondo modalità mafiose. Per quanto riguarda FINTI Antonio, sebbene il suddetto non sia mai stato direttamente coinvolto in procedimenti penali, la sua appartenenza alla ‘ndrangheta e, quindi, l’esistenza del profilo di pericolosità sociale qualificata del proposto è stata accertata attraverso i plurimi e puntuali riscontri alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, posti in essere dai finanzieri del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria di Reggio Calabria. Le indagini effettuate dal Reparto Speciale hanno ricostruito le vicende economiche e finanziarie dell’intero nucleo familiare del FINTI, sin dal 1972. L’analisi dei flussi finanziari e la disamina dei numerosi contratti di compravendita hanno consentito di delineare un quadro indiziario sufficientemente chiaro, dal quale emerge come gli investimenti immobiliari effettuati nel tempo siano assolutamente sproporzionati rispetto alle risorse lecite di cui il FINTI poteva disporre. Ciò sebbene lo stesso avesse costantemente posto in essere negli anni accorgimenti idonei a precostituirsi un’apparente capacità economica lecita, dichiarando, ad esempio, redditi d’impresa di gran lunga superiori rispetto a quelli di attività commerciali similari per ubicazione e dimensione.

    In esecuzione del Decreto emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria sono stati, quindi, sottoposti a sequestro di prevenzione i seguenti beni riconducibili a LABATE Michele, a REMO Giovanni e Pasquale e a FINTI Antonio: ? patrimonio aziendale e quote sociali della "MACELLERIA POLLERIA DI REMO FORTUNATA S.r.l.” (Partita IVA 02395160803), con sede in Reggio Calabria, via S. Giuseppe n. 57, esercente l'attività di “Produzione di prodotti a base di carne”; ? ditta individuale “MACELLERIA REMO GIOVANNI” (Partita IVA 00945080802), con domicilio fiscale in Reggio Calabria, via Sbarre Centrali n. 715 e luogo di esercizio in Reggio Calabria, via Demetrio Tripepi n. 23, esercente l'attività di “Commercio al dettaglio di carni”; ? patrimonio aziendale e quote sociali della “REMO GIUSEPPE E FIGLI S.r.l.” (Partita IVA 00802210807), con sede in Reggio Calabria, via Gebbione n. 13, esercente l’attività di “commercio all'ingrosso di pollame, conigli, cacciagione, volatili vivi”; ? patrimonio aziendale e quote sociali della “REMO G. S.a.s. DI ROMEO MARIA & FIGLI” (Partita IVA 02669990802), con sede in Reggio Calabria, via T. Panella n. 23, esercente l'attività di "commercio al dettaglio di carni"; ?ditta individuale “POLLERIA REMO DI REMO PASQUALE” (Partita IVA 00902390806), con sede in Reggio Calabria, via Botteghelle n. 60/62, esercente l'attività di “commercio al dettaglio di carni”; ?ditta individuale “GASTRONOMIA DI ARCUDI GIOVANNA” (Partita IVA 01435100803), con sede in Reggio Calabria, via Botteghelle n. 43, esercente l'attività di "Ristoranti, trattorie, pizzerie, osterie e birrerie con cucina”; ? 97 beni immobili, tra appartamenti, locali commerciali e terreni tutti siti in Reggio Calabria; ? 6 autoveicoli; ? plurimi rapporti finanziari/assicurativi personali o aziendali.

    In conclusione il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria e il Nucleo Speciale Polizia Valutaria hanno sottoposto a sequestro di prevenzione n. 6 imprese, n. 97 immobili, n. 6 autoveicoli e plurimi rapporti finanziari e assicurativi, nella disponibilità di LABATE Michele, REMO Giovanni e REMO Pasquale e degli eredi di FINTI Antonio, il tutto per un valore stimato pari a circa 33 milioni di euro. Contestualmente all’esecuzione della misura di prevenzione, i predetti Reparti della Guardia di Finanza stanno eseguendo numerose perquisizioni locali in tutti i luoghi nella disponibilità degli eredi di FINTI Antonio, ubicati prevalentemente nei quartieri GEBBIONE e SBARRE della città.

    Pentito ha ricostruito sistema. Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Enrico De Rosa hanno consentito ai militari della Guardia di finanza di Reggio Calabria di ricostruire il sistema economico della cosca della 'ndrangheta dei Labate. Proprio nei confronti degli esponenti della cosca stamane la Guardia di finanza ha eseguito un provvedimento di sequestro di beni per un valore di 33 milioni di euro. Secondo gli inquirenti il principale prestanome della cosca era Antonio Finti, titolare di una modesta merceria e deceduto nel 2014, diventato negli anni il punto di riferimento giuridico-formale del sistema economico dei Labate. I particolari dell'operazione della Guardia di finanza sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa dal Procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Gaetano Paci, secondo il quale "questo è proprio uno dei casi che di solito si studiano nelle Università o tra i banchi di scuola per presentare la figura del 'prestanome', cioè del soggetto totalmente immune da qualsiasi tipo di coinvolgimento giudiziario o anche soltanto di mere frequentazioni con soggetti di dubbia reputazione che riesce a convogliare su di sé ricchezze costituite illecitamente e soprattutto a gestirle sul territorio, finendo anche per diventare un elemento di entrata lecita, o quanto meno, apparentemente lecita, per le organizzazioni criminali". La merceria di Finti ha fatto, sin dagli anni '80, da copertura a numerose operazioni di compravendita e trascrizioni immobiliari, i cui proventi erano a tutto vantaggio della cosca Labate. "Quello che noi abbiamo verificato - ha aggiunto Paci - è che l'attività economica reale di modeste dimensioni, appunto svolta da questo signore, in realtà non aveva alcun tipo di interferenze con le attività economiche di gran lunga ben più rilevanti dei Labate, ma i cui proventi tornavano a beneficio della cosca. Molte delle transazioni economiche riguardanti oltre cento atti di trascrizioni immobiliari sono avvenute con modalità assolutamente anomale. Stiamo approfondendo anche quest'ulteriore aspetto soprattutto per vedere dove, poi, questi soldi sono finiti". Sotto sequestro, tra l'altro, una serie di attività commerciali del settore del commercio e della distribuzione di carni per uso alimentare, "attraverso le quali - ha evidenziato il comandante provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, col. Alessandro Barbera - la cosca Labate ha esercitato una condizione di assoluto monopolio nel territorio reggino".

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