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    Commemorazione defunti a Catanzaro, mons. Bertolone "Amore Dio nei nostri cuori"

     

     

    Commemorazione defunti a Catanzaro, mons. Bertolone "Amore Dio nei nostri cuori"

    02 nov 15 "La Liturgia odierna ci sollecita a meditare sul mistero della morte. Ciò significa guardare al significato del nostro corpo umano: progettato e voluto da chi, per amore, ci chiamò alla vita terrena, generando dei figli al mondo e alla Chiesa; sostenuto e animato direttamente dal Creatore, questo nostro corpo è, insieme, il segno della nostra grandezza e della nostra miseria". Lo ha detto l'Arcivescovo di Catanzaro, Vincenzo Bertolone, nel corso dell'omelia pronunciata nel Cimitero del capoluogo calabrese per la commemorazione dei defunti. "Grazie al corpo stiamo al mondo, entriamo - ha aggiunto - in rapporto con le cose, custodiamo e curiamo l'ambiente, imbastiamo relazioni con gli altri, assumiamo gli atteggiamenti giusti per pregare Dio. Ma il corpo è anche il segno della nostra debolezza e fragilità: per esso ci ammaliamo, percepiamo il dolore, constatiamo i segni dell'invecchiamento, cadiamo nell'errore e nel peccato, subiamo la morte biologica, alla quale nullo homo vivente po' scampare... È, forse, il nostro corpo soltanto il carcere dell'anima, oppure è il nostro modo fisico di andare verso il cielo e le cose di lassù? Sì, domandiamoci e domandiamo nel corso di queste giornata dedicata a tutti i fedeli defunti: qual è il significato profondo del nostro corpo mortale in relazione allo spirito immortale che abbiamo ricevuto dal Padre? Perché il Figlio stesso di Dio, concepito da Maria Vergine per opera dello Spirito Santo, volle assumere le fattezze umane contingenti e precarie? Perché, di fronte al corpo morto della figlia del capo della Sinagoga, Gesù di Nazaret afferma -: "La bambina non è morta, ma dorme"? (Lc 8,52).Nell'Antifona d'ingresso abbiamo enunciato un ragionamento ineccepibile e liberante, capace di rispondere a queste domande: se Gesù è morto e risorto, nel suo corpo, così anche tutti quelli che sono morti in lui, il Padre li radunerà insieme con lui. Sì, la morte del corpo non è la fine di un'esperienza, ma un passaggio, un transito per riavere la vita, la stessa vita del corpo risorto di Cristo". "Lo intuisce - ha proseguito mons. Bertolone - il sapiente Giobbe, che molti secoli prima di Cristo esclama: "Io so che il mio redentore è vivo/ e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!". Se tutto ciò che è fisico, diventa polvere, se tutta la mia pelle sarà consumata, il mio Redentore è vivo. Sono parole della sapienza universale che si trova in tutte le culture. Giobbe le esprime non attraverso una riflessione filosofica, bensì attraverso l'esperienza della fede che sapeva vedere anche oltre le tante disgrazie che l'avevano colpito nella mente, nei beni e nel fisico. Spesso il presente è oscuro, "alla base del faro non c'è luce"; spesso il dolore che accompagna la morte di un nostro caro è cocente e genera lacrime. Spesso le morti causate da guerre, violenze, criminalità, poteri spietati ci lasciano perplessi e suscitano sensazioni disperanti. Eppure c'è ancora speranza: la speranza in qualcosa di bello ci fa sentire felici, quasi in una perfetta fusione tra il massimo di speranza e il massimo di pathos. Nella Lettera ai Romani, san Paolo ci ha ripetuto: la speranza non delude". L'Arcivescovo di Catanzaro ha evidenziato che "anche l'Apostolo ci ha proposto una serie di importanti riflessioni per questa commovente giornata di commemorazione: mentre a stento si troverebbe qualcuno disposto a dare la vita per un buono e un giusto, Gesù si è reso disponibile ad offrire la vita per noi empi e peccatori. In questo modo è avvenuta la riconciliazione tra un Dio, che era stato da noi tradito e abbandonato, e noi che siamo stati salvati mediante quel sacrificio e abbiamo, così, ottenuto la stessa vita del risorto. Tutta questa vicenda di morte di uno per il riscatto di tutti non è una storia di eroi, bensì una storia d'amore, voluta da colui che è l'Amore in persona, lo Spirito Santo: l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato, la prima volta nel giorno del Battesimo". Mossi da questo Spirito, ci gloriamo in Dio e ripetiamo con fiducia e speranza: credo la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Nel frattempo, come credenti, dobbiamo impegnarci per le cose ultime, senza dimenticare le penultime (Bonhoeffer), far fruttificare i talenti ricevuti, abitare la vita con serenità, cercare di avere il volto gioioso dei salvati, considerare tutti i crocifissi della storia, vicini e lontani, nostri fratelli e noi stessi "ospiti" del tempo presente ed abitanti del futuro. Solo così daremo eternità ad ogni attimo del tempo, che "…fugge, e non s'arresta un'ora" (Petrarca). La speranza cristiana non è vana perché non è irragionevole, non delude né, tanto meno, illude. Occorre volere l'"oltre" per riuscire a volare "verso" la Vita"

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