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    Confindustria Reggio C. "Lo Bello superficiale"

     

     

    Confindustria Reggio C. "Lo Bello superficiale"

    22 mar 15 "Il procuratore Federico Cafiero de Raho lamenta scarsa collaborazione degli imprenditori nella denuncia delle estorsioni, e si riferisce a un fenomeno reale, sul quale tutti dobbiamo interrogarci e che merita di essere affrontato in tutta la sua complessità". E' quanto sostiene in una nota Confindustria Reggio Calabria commentando quanto detto ieri da de Raho nel corso di un convegno, "stigmatizzando", al contempo, il "comportamento di chi, come Ivan Lo Bello, rappresentando la categoria degli industriali, attribuisce addirittura il commissariamento di Confindustria Reggio alla criminalità organizzata, mentre le origini di quel provvedimento erano di natura puramente amministrativa". "La criminalità organizzata - prosegue la nota - si combatte come fanno Cafiero de Raho, i suoi magistrati e le forze dell'ordine, e non con riflessioni che si connotano per superficialità e inesattezza". Riferendosi alle parole di de Raho, gli industriali reggini, "proprio per questo, e a maggior ragione", chiedono al Procuratore "di ascoltare e aiutare il tessuto socio-economico a uscire da questa condizione. Siamo disponibili a incontrarlo da subito e insieme a lui individuare dei percorsi che possano portare a una immediata inversione di tendenza, attraverso un nuovo patto di fiducia che rinnovi i rapporti tra Stato e mondo imprenditoriale. La riluttanza a denunciare le estorsioni non presenta tuttavia i connotati di assolutezza. Tra gli esempi positivi, ci limitiamo a ricordare il coraggio dimostrato da Antonino De Masi, ma anche dagli imprenditori di Sant'Ilario dello Ionio, di Seminara e, più di recente, di Cosenza. Grazie alle denunce di questi ultimi, il territorio è stato liberato da almeno una decina di delinquenti: sono buone notizie che non vanno dimenticate. Altra importante denuncia è quella che ha portato all'operazione 'Terra bruciata', attraverso la quale sono stati assicurati alle patrie galere esponenti della cosca Libri. Ma, in questo caso l'imprenditore Andrea Cutrupi, che ha avuto il coraggio di esporre se stesso e la propria famiglia alle ritorsioni di una potente cosca mafiosa, si è trovato a vivere il paradosso di essere raggiunto da un'informazione antimafia di tipo interdittivo, e, di fatto, è stato costretto a chiudere l'azienda, licenziando trenta lavoratori". "È vero, dunque - è scritto nella nota - che gli imprenditori calabresi sono riluttanti a collaborare con lo Stato, nella fondamentale lotta alla criminalità organizzata, ma riteniamo che le generalizzazioni non aiutino la bonifica della società dalle mafie". "Tra le vittime di mafia, alle quali giustamente si richiama il procuratore di Reggio Calabria - prosegue la nota di Confindustria Reggio Calabria - ricordiamo Antonino Polifroni, l'imprenditore edile che non si è mai piegato alle richieste estorsive e, dopo anni di denunce, di incendi dei mezzi di cantiere e di fucilate alle finestre di casa, il 30 settembre 1996 è stato ucciso a Varapodio da quattro uomini, rimasti ignoti. Ogni due anni i suoi figli lo ricordano con un bando che prevede l'attribuzione di 18 assegni da destinare agli studenti di quel comune, al fine di sostenere il diritto allo studio ed educare alla legalità e alla pace. A due di questi figli, lo stesso Stato che non ha saputo proteggere il padre, ha riservato un'informazione antimafia interdittiva, confondendo ancora una volta le vittime con i delinquenti". "Gli imprenditori calabresi, non diversamente da quelli delle altre regioni meridionali - è scritto, ancora, nella nota, sono vittime di un sistema criminale, ed hanno tutto l'interesse a liberarsene. Proprio per questo dobbiamo lavorare tutti assieme perché lo Stato riguadagni la fiducia delle vittime, nella consapevolezza che senza un patto forte e leale con le popolazioni non ci può essere vittoria contro la 'ndrangheta. Il consenso mafioso nasce nella povertà e nel degrado sociale, ed è su quel terreno che occorre intervenire prioritariamente e con estrema urgenza". "Allo Stato - conclude Confindustria Reggio Calabria - e ai suoi organi che, come la Procura distrettuale, operano quotidianamente per contrastare con i fatti il fenomeno mafioso, non chiediamo né sconti né condoni, ma solo un'ulteriore apertura alla collaborazione che rafforzi la fiducia delle imprese e dei cittadini nei confronti dell'apparato pubblico. Solo così (e con il coraggio che troppo spesso è mancato a noi imprenditori) qualcosa potrà cambiare. Vogliamo uno Stato aperto e inclusivo che chiuda le porte ai mafiosi ma che non marginalizzi chi già oggi è privo di voce".

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