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    Processo alle cosche di ndrangheta in Lombardia: condanne per 162 anni

     

     

    Processo alle cosche di ndrangheta in Lombardia: condanne per 162 anni

    26 mag 15 Per la prima volta in un'indagine sulla 'ndrangheta gli investigatori avevano filmato e registrato i rituali di affiliazione e per il conferimento delle cariche, sequestrando quaderni con i formulari utilizzati durante le cerimonie. L'inchiesta 'Insubria' sulle infiltrazioni delle cosche in Lombardia oggi ha portato a condanne in primo grado per un totale di 162 anni di reclusione per 35 persone arrestate lo scorso novembre nell'ambito dell'operazione, condotta dai carabinieri del Ros e coordinata dal capo della Dda di Milano Ilda Boccassini e dai pm Paolo Storari e Francesca Celle. Operazione che aveva smantellato tre 'locali' della 'ndrangheta radicate nel Comasco e nel Lecchese, tra cui quella di Calolziocorte, una delle più antiche della Lombardia, fondata nel 1975. Il gup di Milano Fabio Antezza ha condannato quindi tutti gli imputati, stabilendo però pene inferiori rispetto alle richieste formulate nelle scorse udienze dai pm, che avevano proposto oltre 370 anni di carcere. Gli imputati, tutti accusati di associazione per delinquere di stampo mafioso e a vario titolo di altri reati, sono stati processati nell'aula bunker del carcere milanese di San Vittore con rito abbreviato, che consente lo sconto di un terzo della pena in caso di condanna. Tra loro i presunti capi delle locali di Cermenate e Fino Mornasco (Como), e di Calolziocorte, in provincia di Lecco. L'indagine era partita alla fine del 2012 in seguito a una serie di atti intimidatori e attentati incendiari ai danni di imprenditori e politici locali. E aveva consentito di documentare rituali di affiliazione e summit ospitati in ristoranti o casolari di campagna in Brianza. Michelangelo Chindamo, considerato il capo della locale di Fino Mornasco, è stato condannato a 5 anni di carcere (i pm avevano chiesto 20 anni). Sono stati condannati, a 5 anni e 4 mesi e a 8 anni e 10 mesi, anche Antonino Mercuri, soprannominato 'Pizzicaferro', e Giuseppe Puglisi 'Melangiana', rispettivamente al vertice delle locali di Calolziocorte e di Cermenate. Per loro i pm avevano chiesto 13 anni e 4 mesi e 14 anni e 10 mesi di reclusione. Tra gli imputati, la pena più alta è stata inflitta dal gup a Giuseppe Puglisi. E' stato condannato a 4 anni e 8 mesi di carcere Michelangelo Larosa, il cognato del capo della cosca di Giffone Giuseppe Larosa, che in più di un'occasione è salito dalla Calabria per partecipare alle 'mangiate', le riunioni operative, e ai rituali per il conferimento di cariche e doti della 'Santa' e del 'Vangelo'. La stessa pena è stata inflitta a Salvatore Pietro Valente, che avrebbe cooptato il figlio minorenne, facendolo entrare nella locale di Calolziocorte. I difensori, nelle scorse udienze, avevano chiesto l'assoluzione. "Pur avendo condannato gli imputati per 416 bis il giudice ha riconosciuto la reale portata, pari a nulla, della presunta associazione, riconoscendo le attenuanti generiche e stabilendo pene nettamente inferiori rispetto alle richieste dei pm", ha spiegato l'avvocato Amedeo Rizza, difensore di Antonino Mercuri. "Siamo convinti che non siano stati commessi dei reati - ha concluso - e dopo aver letto le motivazioni della sentenza valuteremo un eventuale ricorso in appello".

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