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    Mons. Nunnari si congeda da Cosenza con una celebrazione eucaristica

     

    Mons. Nunnari si congeda da Cosenza con una celebrazione eucaristica

    25 giu 15 Si è concluso il mandato apostolico di S.E. Monsignor Salvatore Nunnari, arcivescovo di Cosenza-Bisignano con una solenne celebrazione eucaristica presso la Cattedrale di Cosenza. Presenti l’arcivescovo di Catanzaro-Squillace Mons. Vincenzo Bertolone, il vescovo emerito di Lamezia Terme Mons. Vincenzo Rimedio, il vescovo di San Marco Argentano-Scalea Mons. Leonardo Bonanno, l’eparca di Lungro Mons. Donato Oliverio, il vescovo emerito Mons. Serafino Sprovieri. Hanno partecipato con grande commozione anche i presbiteri, i religiosi e le religiose, i seminaristi, i fedeli della diocesi. Presenti anche le autorità civili e militari e diversi sindaci del Cosentino. Prima della celebrazione il Presidente della Regione Mario Oliverio ha salutato con una manifestazione civile il presule nell'auditorium della Provincia di Cosenza "Guarasci". Di seguito l'omelia

    Nel pomeriggio di oggi il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio, è rientrato da Roma per partecipare, presso l’auditorium “Guarasci” di Cosenza, alla cerimonia di saluto di mons. Salvatore Nunnari. “Ho voluto a tutti i costi essere presente a questa cerimonia -ha detto Oliverio rivolgendo il suo saluto a mons. Nunnari- non solo per l’amicizia che mi lega a Sua Eccellenza, ma anche perchè egli ha accompagnato tutta la durata della mia esperienza alla presidenza della Provincia di Cosenza. In questi anni ho avuto modo di conoscerlo e di apprezzarne, in diverse circostanze, le qualità umane, la sensibilità e l’apertura alle questioni sociali di questa nostra terra. Ho voluto esserci anche perché mons. Nunnari rappresenta un punto di riferimento importante per la Chiesa ed oltre la Chiesa. Nele sue riflessioni, nelle sue pastorali è andato sempre oltre la dimensione di pastore della Chiesa, perché egli ha avuto ed ha uno sguardo, una cultura, una percezione della sua funzione di servizio alla società e alla propria comunità che è andata sempre oltre e ne ha fatto un riferimento importante per tutti, cattolici e non. L’altro giorno, in occasione dell’intitolazione della sala del consiglio comunale di Reggio Calabria a Piero Battaglia, a cui era presente anche mons. Nunnari, ho avuto modo di fare una riflessione sulla vicenda drammatica dei moti di Reggio Calabria nel corso della quale ho fatto riferimento ad una parte della sua intervista contenuta nel libro sulla sua vita recentemente pubblicato. Quella è stata una pagina che ha segnato la vita della nostra regione, che ha espresso incomprensioni ma anche un grumo di problemi che riguardano il rapporto tra lo Stato e questa terra. Dicevo in quella occasione che le grandi forze popolari che allora erano espressione dell’articolazione del sistema politico del tempo, non hanno capito quello che era quel mondo ed hanno aperto una stagione nella città di Reggio Calabria segnata successivamente da un determinato segno politico e della quale la Calabria ancora porta dietro i segni e le ferite. Nunnari ha letto questa fase con grande lucidità. “Ho voluto fare questa parentesi –ha aggiunto Oliverio- per dire che la funzione di mons. Nunnari non è stata solo quella di una personalità eminente che ha dato un contributo importante alla alla presenza della Chiesa in questa terra, ma è stata una funzione che è andata ben oltre e che ne ha fatto un punto di riferimento importante. Sono molto contento, e lo dico con convinzione, quando ti sento ripetere in questi giorni che la conclusione di questa esperienza alla guida della diocesi di Cosenza-Bisignano e della Conferenza Episcopale Calabra, non sarà l’inizio del tuo pensionamento. Sono contento perché, soprattutto in questo momento difficile della Calabria, abbiamo bisogno di punti di riferimento e di un apporto leale in questo sforzo immane, gigantesco a cui siamo chiamati per aprire un futuro diverso, per liberare l’immagine di questa terra da stereotipi che non sono un fattore secondario nella condizione di debolezza di questa regione, per ristabilire un rapporto diverso tra la Calabri, il Paese e il resto del mondo, ma soprattutto per restituire l’orgoglio necessario ai calabresi di essere figli di questa terra. Una terra che, proprio per la storia tormentata che ha alle spalle, ha una ricchezza che è data dai pluralismi, dalle diversità e anche dalle diverse identità che, purtroppo, sovente, ahimè, viene trasformata in un fattore frenante anziché essere considerata energia per spingere in avanti”. “Abbiamo bisogno –ha rimarcato il presidente della Regione- di punti di riferimento che conoscono la Calabria. Che la conoscono nel profondo delle sue viscere. E Nunnari è uno di questi. Un profondo conoscitore della Calabria perché, come lui ama dire, oltre che essere figlio di artigiani, è stato un prete di strada, cioè un uomo che ha vissuto la sua funzione e la sua missione religiosa nelle viscere dei bisogni e anche delle contraddizioni della società calabrese. Ecco perché è importante che Nunnari rimanga in scena, non per fare l’attore, ma per continuare a fare il protagonista di un impegno che serve a questa terra. “Sono sicuro –ha concluso Oliverio- che sarà così. Per quanto mi riguarda, dal mio ruolo, dalla mia funzione, non mancherà mai la sollecitazione e anche la domanda perché questa esperienza possa essere messa a frutto. Grazie di cuore, monsignore, per tutto quello che hai fatto e che farai ancora per la Calabria”

     Fratelli, grazie a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore nostro Gesù Cristo. Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in Lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della Parola e quelli della conoscenza. Con la Parola di Paolo elevo oggi il mio ringraziamento al Signore che in questi dieci anni della mia presenza tra di voi, e del mio servizio a voi, ha reso ricca la mia vita. Carissimi miei confratelli nell’Episcopato, cari confratelli presbiteri, diaconi, religiosi e religiose, amatissimi miei seminaristi, sorelle e fratelli, permettete che sia ancora l’Apostolo Paolo a illuminare questo momento particolare che stiamo vivendo, col suo mirabile discorso di addio alla Chiesa da Lui fondata chiamando da Mileto gli anziani di Efeso per dare ad essi il suo estremo saluto e le sue raccomandazioni. Dopo il suo discorso di addio “si mise in ginocchio e pregò con tutti loro. E tutti – narra l’autore degli Atti - scoppiarono in lacrime e si gettarono al collo e lo baciavano… poi lo accompagnarono fino alla nave” (Atti 20, 17;37-38). Sarebbe per me un’imperdonabile presunzione, se pensassi pur lontanamente di paragonare la mia poverissima persona e il mio umile ministero fra voi, a quello irraggiungibile e ricchissimo dell’Apostolo Paolo. E sarebbe non meno retorico e falso, se volessi ravvicinare le circostanze e l’intensità emotiva di questo nostro incontro a quello di Paolo a Mileto. Eppure, tuttavia, anche noi questa sera, siamo qui riuniti, attorno all’altare del Signore, per celebrare un anniversario, quello della Dedicazione della Cattedrale, nella quale questa cattedra ricorda uno dei munus del Vescovo: Quello del suo magistero. Ma siamo anche qui per celebrare una conclusione, un addio. Siamo qui per iniziare un altro viaggio con impegni e responsabilità diverse, voi restando ed io partendo! Siamo qui per rivedere insieme il cammino percorso e progettarne uno nuovo, voi con la guida paterna e illuminata del nostro Arcivescovo Francesco, io nella solitudine orante che accompagna il vostro nuovo cammino con la preghiera e l’offerta quotidiana, insieme però per rinsaldare quei vincoli di fraterna amicizia e interiore rapporto che nulla al mondo potrà mai troncare o cambiare. Venni qui tra voi, 10 anni or sono, non conosciuto, ma benevolmente accolto; ora lascio il governo di questa Chiesa, dopo avervi conosciuti e amati ed essere stato da voi conosciuto, compreso, compatito nelle mie deficienze e debolezze, accettato ed amato. Certo non fu facile l’inizio del mio ministero, le situazioni e le circostanze che accompagnarono i miei primi passi tra voi mi indicarono che se l’amore non è attraversato dal misterium crucis non è fecondo. L’accettai e spesso in solitudine. Non mancò mai la presenza di chi dà forza alle nostre debolezze: Cristo Signore, e l’accompagnamento della sua e tenerissima nostra Madre, Maria! Sotto la Sua protezione da sempre ho messo la mia vita, e lei fu sempre la stella del mattino e delle mie sere. Ebbi modo di capire quanto è vero che la Chiesa di Dio si costruisce “in Caritate Dei et patientia Christi”. E poi ebbi voi, vetusta e gloriosa chiesa di Cosenza-Bisignano, con una tradizione religiosa e una singolare disciplina ecclesiale, ricca di valori duraturi, confortata ed illuminata dall’esempio di antichi e recenti santi che hanno accompagnato il vostro ed il mio cammino: San Francesco di Paola, Sant’Umile da Bisignano, il Beato Angelo d’Acri e si sono uniti a loro la Beata Elena Aiello, carezza di Dio per una Chiesa provata, San Nicola Saggio, Elisa Miceli per la quale qualche giorno addietro l’Ordinaria dei Cardinali e Vescovi ha dato parere favorevole alla sua venerabilità, Mons. Francesco Maria Greco il cui miracolo è già stato riconosciuto dalla commissione medica, alla luce luminosa che irradia ancora da Longobardi della giovane Arcangela Filippelli, martire della purezza. Nella visita pastorale, quando venni a incontrarvi sulle vostre strade conobbi a poco a poco la nostra gente, ne scoprii la fede genuina, tanto più forte quanto più radicata in cuori umili e semplici e vidi specialmente il bene lungamente e pazientemente seminato dai sacerdoti, raccolto e trasmesso dai nostri padri per le nuove generazioni. Scoprì che dietro un contegno rispettoso e riservato proprio di questa terra, si nascondeva non la diffidenza, ma l’equilibrata fiducia; non la freddezza, ma il calore più serio e più duraturo; non lo scetticismo, ma la rigorosa attesa, la severa speranza, la responsabile disponibilità. E mi accorsi, con crescente sorpresa, che sotto una solida esterna uniformità, esisteva una ricchissima gamma di valori, di fermenti, di aspirazioni, di impegni. Quei giorni, quegli anni furono per me e per la nostra Chiesa un tempo di grazia, un’occasione unica e irripetibile di arricchimento e non solo spirituale. L’incontro con gli studenti di ogni ordine e grado, bambini, fanciulli, adolescenti, giovani mi convinsero che la nostra terra ha un futuro se famiglia, scuola, parrocchia, società civile e istituzionale in rete sapranno essere vicini a questa generazione così ricca di valori. Sia la nostra missione di educatori a fare esplodere questi valori! Grande responsabilità incombe sulla nostra Chiesa non ancora attrezzata per una pastorale giovanile attenta ai problemi dei giovani ai mutamenti socioculturali della nostra società, di quella visita ricorderò il felice e il fecondo incontro con tutti i consigli comunali, con gli amministratori della cosa pubblica e il conseguente incontro con i sindaci per la lettura della realtà alla luce della dottrina sociale della Chiesa. Grazie, cari amici sindaci per la fiducia accordatami e per la reciproca stima e affettuosa amicizia. Un rapporto che si è consolidato nel tempo e che ho vissuto con tutte le istituzioni presenti sul territorio. Con lei, Eccellenza signor Prefetto a cui sono legato anche da fraterna amicizia, con il signor Sindaco e Presidente della Provincia di Cosenza il cui settimanale incontri ha reso solida un’amicizia e una collaborazione per il progresso di questa città e di questa provincia. Da quella visita una vitalità nuova per la nostra Chiesa che programmando l’annuale percorso pastorale ha approfondito i temi fondamentali per la nostra fede. L’anno della fede alla luce dell’insegnamento della Dei Verbum, l’anno della liturgia con approfondimenti sulla Sacrosanctum Concilium e dei documenti per una vita liturgica delle nostre comunità, anno che si è concluso con i congressi eucaristici delle nostre parrocchie e con il Congresso Eucaristico Diocesano, l’anno della missione che ha visto impegnato quasi tutte le parrocchie con la missione popolare, l’anno sacerdotale celebrato in sintonia con tutta la Chiesa universale, con l’icona del Santo curato d’Ars e infine l’anno mariano secondo la dottrina del capitolo VIII della Lumen Gentium, della Marialis Cultus e della Redemptoris Mater. L’animazione pastorale, l’impegno profuso delle comunità, il tutto avvalorato dalla preghiera dei singoli, soprattutto gli ammalati e i sofferenti e dei gruppi che hanno arricchito il nostro seminario arcivescovile e neocatecumenale, di vocazioni al sacerdozio donandoci la gioia di 41 ordinazioni presbiterali. Durante questo nostro cammino si sono a noi uniti i due conventi di clausura con la presenza a Rende e a Scigliano delle Sorelle Povere di Santa Chiara che assieme alle Monache Minime di Paola sono il presidio più certo della nostra Chiesa. Questa Chiesa avrò la gioia di consegnare al mio venerato e già amato mio successore Monsignor Francesco Nolè che ho conosciuto e sempre apprezzato per la sua paternità, il suo equilibrato e sereno governo pastorale. A lui con la sincera e fraterna amicizia la piena disponibilità ad accogliere ogni suo desiderio e ogni servizio che ritorni utile al bene di questa nostra comune famiglia. Ma tutto ciò resterebbe superficiale ed esterno, se non fosse accompagnato e segnato dall’unità nella carità, dalle comunioni degli animi che fa la comunità, cioè la Chiesa del Signore in cammino nel mondo. Perciò ho cercato di essere la vostra pace in nome di Cristo: “Egli è la nostra pace”. (Ef 2,14) Tutto quello che poteva unire e non di vivere ho cercato ad ogni costo di sostenere, di proporre, di animare. Ben consapevole che il mio era un servizio e non un possesso, ho cercato di essere tra voi “come chi serve” (Lc 22,27) nella verità, nel rispetto, nella carità. E vi ho sentiti amici, fratelli, ardimentosi compagni di viaggio. Immenso conforto mi hanno dato, in momenti particolari difficili e dolorosi, tutti quei sacerdoti e quei laici che amando con fede questa Chiesa, si sono fatti strumenti di comunione e di pace, di partecipazione e di aiuto, penso in particolare al mio carissimo Vicario Generale, ai Vicari Episcopali, a voi Direttori degli Uffici Pastorali di Curia e a quelli Amministrativi, al mio Segretario, sicché questo popolo di Cosenza- Bisignano fosse in realtà una vera famiglia dei figli di Dio e potesse essere nel mondo segno, strumento di riconciliazione e di pace. Ora che vi lascio e mi fermo a guardare un istante con voi il cammino percorso, vedo tante iniziative incompiute, tante possibilità trascurate, tante questioni non risolte, tante piccole grandi ferite non rimarginate o baciate. Conosco le mie infedeltà e insufficienze, e ne chiedo perdono al Signore e a voi. Ma di una cosa sono certo: del mio amore per voi! Da voi ampiamente meritato ed abbondantemente ricambiato, con semplicità, con sincerità, con carità e fattiva amicizia. Perciò posso dirvi come San Paolo ai Filippesi: “Mi è testimone Dio del vivo desiderio che nutro per tutti voi nell’amore di Cristo Gesù. È perciò prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, perché possiate distinguere ciò che è meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo”. (Fil 1, 8-10) Ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, alle anime consacrate, ai giovani seminaristi lascio questo popolo intelligente e buono, generoso e fedele, che ad essi chiede soltanto la luce di Dio, la testimonianza del Vangelo, la forza della fede. Ai laici tutti ma specialmente a coloro che sono impegnati nella famiglia e nella scuola, nelle comunità parrocchiali e nei vari movimenti e associazioni cattoliche, lascio l’ardente desiderio e il bruciante imperativo di comprendere e di guidare, con l’esempio e la quotidiana fatica, le nuove generazioni, inquiete, ma aperte e generose; e di ricostruire con esse, in novità evangelica la loro e la nostra vita. A coloro che sono rivestiti di autorità, per i quali come ho già detto, ho avuto stima e rispetto, e ne sono stato ampiamente ricambiato, lascio questa città e questa provincia, ricche di antica civiltà cristiana, perché le servano in costante dedizione, in fraterna concordia, nella giustizia e nella pace. A tutti, perché di tutti sono fratello e padre, di tutti debitore e servo, lascio l’assicurazione del mio ricordo e della mia preghiera, certo che colui che diede l’inizio darà in abbondanza la crescita e il compimento. A voi e a me, ora che ci lasciamo, il compito di restare fedeli: nell’amicizia, nella comunione, nell’impegno di portare avanti, giorno per giorno i doni e le responsabilità che abbiamo ricevuto. Sicché al termine del nostro viaggio, quando saremo giudicati sull’amore della nostra umile vita, possiamo sentirci dire, io e voi, riconoscendoci e ritrovandoci in Cristo: “Servo buono e fedele, poiché sei stato fedele nel poco entra nella gioia del tuo Signore”. (Mt 25,23) Come una volta, come sempre prendendoci per mano la Madre ci introdurrà nella casa comune del Padre. In questa speranza, prego e pregherò per voi e con voi, che “il Dio della pace vi renda capaci di ogni opera buona e vi conceda di fare la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen. (Eb 13,20).

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