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    Apertura anno giudiziario a Reggio C. "Crisi giustizia è lentezza tempi"

     

    Apertura anno giudiziario a Reggio C. "Crisi giustizia è lentezza tempi"

    24 gen 15 "La crisi della giustizia purtroppo non si risolve, né si attenua, anzi si aggrava, nella misura in cui tardano ad essere apprestati i necessari rimedi". Lo ha sostenuto il presidente della Corte d'Appello di Reggio Calabria, Giovanni Battista Macrì, aprendo la cerimonia d'inaugurazione dell'Anno giudiziario. "La crisi - ha aggiunto - ha un solo nome: la lentezza dei tempi di decisione dei giudizi, civili e penali, che mina la certezza delle situazioni giuridiche, ostacola lo sviluppo economico e gli investimenti di impresa ed elide l'effetto deterrente, della pena, alimentando la sfiducia nei cittadini nelle istituzioni". Macrì ha sottolineato, inoltre, la presenza di "un apparato vetusto e pletorico, che sacrifica il valore della giustizia sull'altare di un esasperato garantismo, sottoposta com'è ad un continuo riesame che si articola in tre e non di rado in più di tre gradi di giudizio, imbrigliata in meccanismi processuali che incoraggiano i tatticismi dilatori. La combinazione di questi fattori ha prodotto un arretrato impressionante, che è il vero nodo da sciogliere".
    Intervenire su regime inpugnazioni. "Intervenire sul regime delle impugnazioni, escludendo, in caso di doppia decisione conforme, la possibilità di ulteriori impugnazioni deflazionando così la pendenza dei giudizi, assolutamente abnorme, di Cassazione". È uno degli interventi per modernizzare il sistema giudiziario indicati dal presidente della Corte d'appello di Reggio Calabria, Giovanni Battista Macrì, nella relazione nel corso dell'inaugurazione dell'anno giudiziario. Secondo Macrì, "ridurre l'arretrato significa aumentare il numero dei giudici, adeguare le strutture di supporto burocratico, oppure percorrere la strada del riformismo straordinario, sostanziale processuale". Macrì ha parlato anche di "regolamentazione essenziale dei rapporti giuridici e di parallela semplificazione delle procedure di risoluzione dei conflitti, nonché dei molteplici riti vigenti, valorizzando al massimo il ricorso a strumenti alterativi di definizione, precontenziosi e non, pena il fallimento di qualsiasi altro progetto riformatore". Macrì ha anche sottolineato "la necessità di intervenire sul carattere rigidamente accusatorio del rito, imperniato sulla defatigante acquisizione della prova in dibattimento e che quindi procede stentatamente tra rinvii e rinnovazioni dibattimentali, recuperando forme di istruzione predibattimentale che evitino la dilatazione dei tempi del giudizio e la creazione dei pachidermi processuali, con il rischio della scadenza dei termini della custodia cautelare nei giudizi di criminalità organizzata". Secondo il presidente della Corte d'appello di Reggio, "occorre evitare la restrizione delle intercettazioni che depotenzi la lotta alla criminalità. È necessario pervenire ad una ragionevole equilibrio nel soddisfacimento delle istanze, a volte contrapposte, di difesa della collettività dagli attacchi criminali, di garanzia della riservatezza e della dignità della persona indagata e dei soggetti estranei". Sulla responsabilità civile dei giudici, Macrì, ha detto che "spesso è tema portato all'esame dell'opinione pubblica utilizzando tanto un argomento capziosamente inesatto quanto un argomento fuorviante e suggestivo. Quando si afferma che il giudice è esente da responsabilità civile lo si afferma inesattamente, giacchè il responsabile diretto, lo Stato, agisce in rivalsa del giudice. Si prospetta all'opinione pubblica l'attuale regime di responsabilità civile del giudice come un privilegio di casta, in palese violazione del principio di uguaglianza". Secondo il presidente Macrì, la situazione complessiva della giurisdizione nel Distretto di Reggio Calabria "non è migliorata. Le persistenti scoperture di organico dei vari uffici giudiziari e le consistenti mancanze di personale amministrativo che di anno in anno vengono ad aumentare, stante la mancanza di concorsi e di collocamenti a riposo per raggiunti limiti di età, rendono la situazione, in un territorio diffusamente pervaso dalla illegalità e dalla presenza della più pericolosa associazione mafiosa esistente in Italia, la ndrangheta, al limite della paralisi della giurisdizione".

    De Raho: Reggio casa madre della bdrangheta. Il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, nel suo intervento nel corso sua relazione di apertura dell'anno giudiziario, ha confermato la "struttura unitaria della 'ndrangheta in cui mantengono importanza centrale le strutture-base, vale a dire i 'locali' e le relative famiglie che le compongono, ognuna delle quali rimane 'padrona' a casa propria". De Raho ha rilevato come le "cosche della 'ndrangheta di Reggio Calabria costituiscano la 'casa madre' cui tutte le altre fanno riferimento, perché nella provincia di Reggio non solo viene espresso 'il crimine', ma vi è il centro strategico e militare delle cosche che pure hanno altrove le loro proiezioni". Il Procuratore ha sottolineato anche la presenza sugli scenari internazionali della 'ndrangheta, "la più attiva in questo senso - ha detto - con riferimento al traffico di cocaina, mantenendo propaggini operative in Oceania, America, Europa, Medio ed Estremo Oriente ed Africa". Cafiero De Raho ha fatto anche un riferimento "alla capacità di infiltrazione e condizionamento della 'ndrangheta nella sfera politica ed istituzionale e di interferire sulle imprese e sul mercato, condizionando lo sviluppo locale. Ha una struttura economico-imprenditoriale fatta non solo di imprenditori collusi, ma anche di commercialisti, avvocati, professionisti, che la sostengono, l'agevolano, la consigliano, arricchendone così le casse ed assicurando un controllo capillare del territorio. La 'ndrangheta è in grado di agevolare la ricerca di servizi illegali, quali la dissuasione della concorrenza, il recupero crediti, l'agevolazione della penetrazione commerciale in un determinato settore o ambito territoriale, il reclutamento di manodopera sottocosto o comunque con minore tutela sindacale e previdenziale, alterando le regole del mercato, con effetti devastanti ed irreversibili sull'economia legale. Quel che è peggio crea aree di consenso sociale e determina una sorta di condivisione di interessi che sembrano, in certi casi, rendere evanescente il confine tra mondo del crimine e società civile, stabilizzando una rete collusiva di rapporti ben diversi da quello, tradizionale, tra delinquenti e vittime del reato". Secondo Cafiero De Raho, "la 'ndrangheta, ormai, si è trasformata in collettore di voti, intercettando consenso elettorale, fornendo sostegno politico ad amministratori o partiti in cambio della gestione degli appalti. Oggi ha adottato la strategia della sommersione: non vuole apparire all'esterno come un fenomeno emergenziale, da combattere con urgenza, anche se i traffici illeciti dilagano e l'economia locale è sempre più inquinata e condizionata. Non si registrano, inoltre, conflitti, nemmeno interni alla stessa organizzazione criminale".

    PG Di Landro: rischio società civile vassalla del crimine. "Da Reggio Calabria sono passate e sono presenti le migliori espressioni della magistratura e delle forze di polizia, ma non possiamo dire che la criminalità organizzata sia stata sconfitta. Ritengo che il fenomeno si debba analizzare con rigore e senza indulgenze, anche per l'incombente pericolo di un vassallaggio in questa terra della società civile alla 'ndrangheta, inconcepibile ed intollerabile". Lo ha detto il Procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro, intervenendo alla cerimonia d'inaugurazione dell'Anno giudiziario. "La Procura generale, un tempo Ufficio giudiziario poco noto e ritenuto di scarso peso - ha detto ancora Di Landro - è assurta al ruolo di forte baluardo nei confronti del crimine,al punto da apparire come un emblema, da sminuire con atti criminali di varia natura. Ne è riprova il fatto che perfino un 'balordo', se così è stato, ritenendo di attentare alla 'giustizia', ha identificato in questo Ufficio il simbolo da colpire".

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