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    De Magistris e Genchi condannati a Roma

     

    De Magistris e Genchi condannati a Roma

    24 set 14 Il sindaco di Napoli Luigi De Magistris è stato condannato, a Roma, ad un anno e tre mesi di reclusione a conclusione del processo sull'acquisizione di utenze telefoniche di alcuni parlamentari relative al periodo in cui era pm a Catanzaro. Stessa condanna per il consulente informatico Gioacchino Genchi. La sentenza è stata emessa dalla X sezione penale del Tribunale di Roma. I giudici hanno disposto anche l'interdizione dai pubblici uffici per un anno per i due imputati e contestualmente la sospensione della pena principale e di quella accessoria.

    Accusa aveva chiesto assoluzione. Per Luigi De Magistris, che non era presente in aula, il pm Roberto Felici aveva sollecitato l'assoluzione. De Magistris e Genchi dovevano rispondere di abuso d'ufficio per aver acquisito nell'inchiesta Why Not, tra il 2006 e il 2007, senza le necessarie autorizzazioni i tabulati delle utenze di 5 parlamentari: Romano Prodi, Francesco Rutelli, Clemente Mastella, Marco Minniti e Antonio Gentile.

    De Magistris: La peggiore ingiustizia. "La mia vita è sconvolta, ho subito la peggiore delle ingiustizie. Sono profondamente addolorato per aver ricevuto una condanna per fatti insussistenti. Ma rifarei tutto, e non cederò alla tentazione di perdere completamente la fiducia nello Stato". Così Luigi de Magistris dopo la condanna per Why Not. "In Italia, credo, non esistano condanne per abuso di ufficio non patrimoniale. Sono stato condannato per avere acquisito tabulati di alcuni parlamentari, pur non essendoci alcuna prova che potessi sapere che si trattasse di utenze a loro riconducibili. Prima mi hanno strappato la toga, con un processo disciplinare assurdo e clamoroso, perché ho fatto esclusivamente il mio dovere, dedicando la mia vita alla magistratura, ed ora mi condannano, a distanza di anni, per aver svolto indagini doverose su fatti gravissimi riconducibili anche ad esponenti politici. Non avendo commesso alcun reato, ho la speranza che si possa riformare, in appello, questo gravissimo e inaccettabile errore giudiziario", sottolinea ancora de Magistris. "La mia vita è sconvolta e sento di aver subito la peggiore delle ingiustizie, ma non cederò alla tentazione di perdere completamente la fiducia nello Stato. Rifarei tutto, ho giurato sulla Costituzione ed ho sempre pensato che un magistrato abbia il dovere di indagare ad ogni livello, anche quello che riguarda la politica. Oggi, con questa sentenza, di fatto, mi viene detto che non avrei dovuto indagare su alcuni pezzi di Stato, che avrei dovuto fermarmi. Rifarei tutto, perché ho agito con coscienza e rispettando solo la Costituzione. Vado avanti con onestà e rettitudine, principi che hanno sempre animato la mia vita e che una sentenza così ingiusta non può minimamente minare. La Giustizia è più forte della legalità formale intrisa di ingiustizia profonda", conclude il sindaco di Napoli.

    Legali De Magistris; siamo sconcertati. "Le sentenze non si commentano; ma questa decisione ci ha lasciati sconcertati. Non tanto e non solo perché difforme dalle richieste assolutorie della procura della Repubblica quanto e soprattutto perché convalida una ipotesi accusatoria che, per come contestata in imputazione, risultava del tutto improponibile, già sul piano teorico": lo affermano gli avv. Stefano Montone e Massimo Ciardullo, difensori di Luigi de Magistris, annunciando il ricorso in appello. "Genchi e de Magistris - continuano i due legali - avrebbero stretto un patto scellerato (ma solo in occasione del processo Why not e non anche nel corso del parallelo e anteriore procedimento Poseidone!) finalizzato a procurare ai parlamentari (alcuni dei quali mai nemmeno sfiorati dalle investigazioni!) un danno rappresentato dalla "conoscibilità" dei loro tabulati. Non "conoscenza" si badi, ma "conoscibilità": ed ecco il reato di danno trasformato in reato di pericolo". Secondo gli avv. Montone e Ciardullo, "i giuristi bravi, non quelli come noi, sobbalzeranno di fronte a tale contestazione. Noi l'abbiamo serenamente affrontata, fiduciosi e confidenti (dobbiamo ora dire: erroneamente) nell'autoevidenza della sua impossibilità giuridica. Nel merito, poi, è stato acclarato che la attribuzione delle singole Utenze ai singoli parlamentari (quelli che le avevano effettivamente in uso; è incomprensibile - fino alla lettura della motivazione - la condanna relativa alle utenze riferibili al senatore Pisanu, ma che lo stesso Pisanu ha riferito, in aula, non essere state mai da lui utilizzate) è avvenuta dopo l'emissione del decreto di acquisizione del tabulato. Quando adotta il provvedimento di richiesta dei tabulati, cioè, de Magistris non sa che quelle utenze sono riferibili a parlamentari. E mai i relativi dati risulteranno utilizzati probatoriamente nei confronti dei parlamentari stessi". "Il resto dell'istruttoria dibattimentale - affermano i due legali - non ha procurato alcuna valida conoscenza: basti pensare che il principale testimone d'accusa, consulente del pm che ha analizzato il sistema informatico di Genchi, in realtà ha ammesso di non aver esaminato il "vero" sistema in sequestro, ma un suo clone. Non un solo elemento di prova sembrava fosse stato fornito a coloro che hanno partecipato al dibattimento: neanche un principio di dimostrazione dell'accordo che doveva essere provato e che l'accusa stessa, in requisitoria finale, aveva del resto escluso). "Non rimane - concludono i due legali - che attendere la motivazione della sentenza, che non potrà che essere impugnata, fino al ribaltamento della decisione e alla declaratoria di insussistenza in fatto ed in diritto dell'accusa".

    Legali Rutelli Mastella: sentenza rende giustizia. "La sentenza emessa oggi dal tribunale di Roma rende piena giustizia agli uomini politici tra i quali Francesco Rutelli e Clemente Mastella". Lo affermano i legali dei due esponenti politici, gli avvocati Titta e Nicola Madia oltre a Cristina Calamari, a proposito delle condanne inflitte a Luigi De Magistris e Gioacchino Genchi. "La grave violazione delle prerogative dei parlamentari in questione - hanno aggiunto - determinò una violentissima campagna di stampa contro il governo all'epoca in carica".

    "La decisione del Tribunale di Roma che ha condannato Genchi e De Magistris a risarcire il senatore Antonio Gentile per le attività di spionaggio ci soddisfa pienamente". Lo afferma l'avvocato Andrea Gentile, legale del parlamentare del Nuovo centrodestra. "È sconcertante apprendere - aggiunge - che persone con responsabilità istituzionali così delicate abbiano compiuto attività illegali ai danni di parlamentari. Il Tribunale di Roma ha duramente sanzionato questo comportamento".

    Mastella. "Nulla mai potrà ripagarmi. Quell' indagine, condotta in maniera illegale, è stata all'origine di tutte le mie difficoltà, sul piano umano e sul piano politico". Così Clemente Mastella commenta la sentenza Why Not, con la condanna di de Magistris e Genchi. "Quell'indagine - ha detto ancora Mastella - ha cambiato, fino a stravolgerla, la storia politica italiana. Da allora tutto è precipitato". "Ho subito processi mediatici, - ha proseguito Mastella - sono stato additato come il politico aduso all'illegalità". "Ora i magistrati hanno accertato la verità, ovvero che a compiere atti illegali è stato chi mi ha voluto a forza indagare, senza alcun motivo. Purtroppo, nessuno, niente potrà mai ripagarmi per il grave danno subito", ha poi concluso Clemente Mastella.

    Pittelli. "Il mio pensiero va come prima cosa alle persone che hanno pagato con la propria vita l'inarrestabile ascesa del politico De Magistris, accompagnato dal suo degno sodale Gioacchino Genchi". Lo afferma, in una dichiarazione, l'avvocato Giancarlo Pittelli, parte civile nel processo davanti il tribunale di Roma conclusosi con la condanna dell'attuale sindaco di Napoli e del suo ex consulente informatico. "Penso - aggiunge - al magistrato Pietro D'Amico, che non ha resistito all'onta del sospetto che gli era stato gettato addosso preferendo lasciarsi morire. E penso a tutti coloro che hanno avuto stravolta la loro vita per la sfrenata bramosia di notorietà dell'attuale sindaco partenopeo. Poveri napoletani!".

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