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    Nessuno vuol demolire la casa abusiva del boss Pesce, ci pensa testimone di giustizia

     

     

    Nessuno vuol demolire la casa abusiva del boss Pesce, ci pensa testimone di giustizia

    16 set 14 Nessuno la voleva demolire, nonostante gli atti fossero stati istruiti già dai primi anni del 2000. Tanto che ha continuato ad essere abitata sino al giugno del 2011, quando è stata sgomberata dalle forze dell'ordine. Ma adesso la casa abusiva dei boss della famiglia Pesce di Rosarno, realizzata in un'area archeologica, sarà demolita grazie all'imprenditore edile Gaetano Saffioti che da 17 anni vive sotto scorta per avere denunciato boss e gregari della 'ndrangheta della Piana di Gioia Tauro. Dopo un primo sopralluogo effettuato ieri, i mezzi del testimone di giustizia entreranno in azione oggi per avviare la demolizione che durerà alcuni giorni. L'immobile era di proprietà di Giuseppe Bonarrigo, di 78 anni, madre di Antonino, Vincenzo, Rocco, Savino e Giuseppe Pesce, quest'ultimo detenuto. Della casa e degli incontri tra boss che si svolgevano ha parlato anche Giuseppina Pesce, la figlia del boss Salvatore divenuta collaboratrice di giustizia. Duecentocinquanta metri su un solo piano, realizzata a metà degli anni '80 in piena zona archeologica, la casa era stata acquisita al patrimonio del Comune di Rosarno nel 2003 dal sindaco dell'epoca Giuseppe Lavorato. Per tutta risposta, alcune settimane dopo, la facciata del Comune fu raggiunta da decine di colpi di kalashnikov. Nonostante questo il sindaco andò avanti e istruì gli atti per la demolizione. Tutti i bandi pubblici successivi, però, andarono deserti. Compreso l'ultimo, fatto un anno fa dall'attuale sindaco di Rosarno Elisabetta Tripodi. Il prefetto di Reggio Calabria Claudio Sammartino, in sinergia con il Comando provinciale dei carabinieri, interessato dalla Tripodi, ha accelerato l'iter ed ha contattato l'impresa di Saffioti, il quale ha detto subito sì e da oggi è al lavoro con i suoi mezzi. - "Sono rimasto in Calabria per dare una mano allo Stato ed è quello che ho fatto oggi". Ha detto l'imprenditore edile e testimone di giustizia Gaetano Saffioti spiegando perché è intervenuto per abbattere la casa abusiva dei Pesce. "Così - ha aggiunto - possiamo anche dimostrare che i testimoni di giustizia sono una risorsa e non un peso. Ormai in Calabria sono emarginato, ma sono un testardo calabrese e vado avanti. Non è importante la mole di lavoro ma cosa si riesce a fare, sperando sempre di lanciare un messaggio in positivo".

    "Da Gaetano Saffioti un esempio che il Governo dovrebbe incoraggiare, perché sono troppi i testimoni di giustizia che non lavorano più. Gli imprenditori che in contesti ad alta densità mafiosa decidono di denunciare il racket fanno una scelta di libertà e di giustizia che però costa ancora troppo". Lo afferma il deputato Pd Davide Mattiello, componente della Commissione parlamentare Antimafia, commentando la notizia dell'imprenditore, testimone di giustizia, che ha accettato di demolire una casa abusiva di boss della Ndrangheta. "Spero che scuota il Ministro dell'Interno Alfano la notizia - afferma il deputato del Pd - che saranno proprio i mezzi di Gaetano Saffioti, sotto scorta da 17 anni, ad abbattere una villa abusiva riconducibile alla cosca Pesce a Rosarno. Una esempio che dovrebbe diventare prassi perché far lavorare gli imprenditori, testimoni di giustizia, nel territorio in cui hanno denunciato è un segnale decisivo per sconfiggere la forza intimidatorie delle mafie. Invece imprenditori come Cutrò, Masciari, Bentivoglio, Vaccaro Notte, sono sull'orlo del fallimento o hanno dovuto lasciare la propria terra. Quando un imprenditore ribelle alla mafia, diventa un mantenuto di Stato o peggio un fallito, perdiamo tutti e si allontana la ripresa dell'Italia"

    "La scelta di Gaetano Saffioti, testimone di giustizia che vive sotto scorta da 17 anni, di demolire con la sua ditta edile la casa abusiva del clan Pesce a Rosarno dimostra la dignità e il coraggio di un imprenditore capace di fare il suo mestiere senza sottostare al giogo delle famiglie mafiose". Lo affermano, in una nota congiunta, Legambiente e Libera commentando l'abbattimento da parte dell'impresa del testimone di giustizia Gaetano Saffiotti della casa abusiva di un boss. "Il suo gesto, ancora più significativo perché è stato l'unico a rispondere al bando della Prefettura - proseguono le due associazioni - deve diventare un esempio da seguire per gli imprenditori onesti, perché si possa avviare una stagione di legalità e riscatto della provincia di Reggio Calabria. In questo territorio, infatti, le ruspe non arrivano mai e l'abusivismo prospera indisturbato, tanto che nei dossier della campagna di Legambiente 'Abbatti l'abuso', su quasi duemila ordinanze di demolizione emesse tra il 2000 e il 2011 a Reggio Calabria, città sciolta per mafia nel 2012, non ne è stata effettuata nemmeno una". "Per questo - concludono le associazioni - guardiamo con interesse all'attività della prefettura sul fronte delle demolizioni e siamo accanto a Gaetano Saffioti e a tutti coloro che, ognuno per il proprio ruolo, lavorano per riaffermare la legalità".

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