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    Blitz alla ndrangheta della Lombardia, arresti e sequestri

     

     

    Blitz alla ndrangheta della Lombardia, arresti e sequestri, anche una banca clandestina

    04 mar 14 - La Polizia sta eseguendo alcune decine di arresti in Lombardia e in altre regioni italiane al termine di un'indagine nei confronti di presunti appartenenti alla 'ndrangheta operanti in Brianza. In corso anche perquisizioni e sequestri di beni mobili, immobili e società per un valore di decine di milioni di euro. L'inchiesta, condotta dalla Squadra mobile e coordinata dalla Dda milanese, ha portato all'emissione di oltre 30 ordinanze di custodia cautelare. Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, riciclaggio, usura, estorsione, corruzione, esercizio abusivo del credito, intestazione fittizia di beni e società. L'organizzazione, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, avrebbe più volte fatto ricorso all'intimidazione e alla violenza mentre in più occasioni sarebbe intervenuta per pacificare i dissidi sorti all'interno della stessa 'locale' di 'ndrangheta o con altre organizzazioni criminali.

    Anche una banca clandestina. Una vera e propria banca clandestina, in cui venivano riciclati i proventi delle estorsioni e dell'usura, grazie ad un'ampia rete di società ma anche alla collusione di imprenditori e di impiegati postali e bancari. L'hanno scoperta a Seveso (Monza) gli investigatori della Polizia, nell'ambito delle indagini che hanno portato ad una serie di arresti nei confronti di presunti appartenenti alla 'Ndrangheta operanti in Lombardia che avevano assunto anche la reggenza della 'locale' di Desio. I capitali accumulati, hanno inoltre accertato gli inquirenti e gli investigatori, oltre ad essere esportati in Svizzera e a San Marino venivano reimpiegati dall'organizzazione attraverso l'acquisizione di attività economiche nel settore edilizio, negli appalti e nei lavori pubblici, nei trasporti, nella nautica, nelle energie rinnovabili e nella ristorazione. Secondo gli inquirenti, inoltre, i membri dell'organizzazione avevano anche organizzato una raccolta di denaro per sostenere i familiari di 'ndranghetisti detenuti.

    Il nostro capo come Banca d'Italia. Giuseppe Pensabene, il presunto capo del clan della 'ndrangheta radicata in Brianza smantellato oggi con un'operazione della Dda di Milano, era "una sorta di 'Banca di Italia'". Lo scrive il gip di Milano Simone Luerti nell'ordinanza di custodia cautelare riportando le parole di uno degli arrestati che così descrive in un'intercettazione il presunto boss. Pensabene e il suo gruppo criminale, spiega il gip, ''hanno operato come una vera e propria banca clandestina''. Non è un'esagerazione affermare, scrive il gip nell'ordinanza a carico di 40 persone (21 in carcere e 19 ai domiciliari) ''che Pensabene ed il suo gruppo criminale hanno operato come una vera e propria banca clandestina, gestendo flussi di denaro liquido ingentissimi sicuramente di provenienza delittuosa, ed investendolo in operazioni finanziarie e speculazioni immobiliare illecite''. L'enorme disponibilità di denaro liquido, spiega ancora il giudice Luerti, ''da parte di Pensabene Giuseppe giustifica pienamente, e rende perfettamente calzante, l'affermazione di Morabito Maurizio (uno degli arrestati, ndr), nel corso della conversazione ambientale del 03.08.2011, alle ore 16.54, quando, dopo avere riepilogato le consistentissime somme di denaro investite nei diversi affari, lo stesso Morabito definiva Pensabene come una sorta di 'Banca di Italia'''. Morabito intercettato diceva: "ah, già stasera la devi vedere? Mannaggia ... ci vuole la Banca di Italia per davvero con te … e abbiamo bisogno della Banca di Italia? Tutti i giorni abbiamo … 50, 60, 30 …''. Si riferisce, chiarisce il gip, ''a somme di denaro contante variabili dai 30 ai 60 mila euro''

    Imprese colluse per egemonia mercato. Tutti gli imprenditori lombardi entrati ''in relazione'' con la cosca della 'ndrangheta radicata in Brianza, smantellata oggi con un blitz della polizia, ''hanno perfetta conoscenza della natura non solo illegale, ma anche mafiosa dell'attività'' del presunto boss Giuseppe Pensabene e ''cercano di trarre il maggior profitto dal rapporto illecito che instaurano, contenti di trovare una compiacente sponda ai propri disegni di egemonia economica''. Lo scrive il gip di Milano, Simone Luerti, che ha firmato l'ordinanza.

    Imprese lombarde fanno affari con i clan. Il ''dato nuovo e preoccupante'' dell'inchiesta che oggi ha smantellato una cosca della 'ndrangheta radicata in Brianza ''è rappresentato dal fatto che i fenomeni di compenetrazione tra mafia e impresa'' storicamente ''confinati nelle ben note aree geografiche dell'Italia meridionale'' non solo si sono estesi ''in Lombardia e al nord in genere (e questo è un dato risalente nel tempo), ma soprattutto'' vivono grazie a ''un intenso e disinvolto connubio tra forme evolute di associazioni mafiose e imprenditori calabresi e lombardi, pronti a fare affari illegali insieme come se niente fosse''. Lo scrive il gip di Milano, Simone Luerti, nell'ordinanza di custodia cautelare a carico di 40 persone, tra cui 17 accusate di associazione di stampo mafioso, emessa su richiesta del pm Giuseppe D'Amico della Dda di Milano guidata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini.

    Omertà da imprenditori usurati. ''Nessuno degli imprenditori o commercianti vittima di usura ha mai presentato denunzia all'autorità giudiziaria''. Lo scrive il gip di Milano, Simone Luerti, nell'ordinanza di custodia cautelare emessa nell'ambito dell'inchiesta della Dda di Milano che stamani ha portato all'arresto di una quarantina di persone, molte delle quali affiliate a una cosca della 'ndrangheta radicata in Brianza. L'omertà degli imprenditori, spiega il giudice, ''si spiega chiaramente se si tiene conto della strategia intimidatoria tipicamente mafiosa, a volte esplicita e sfociata in concrete condotte estorsive, a volte più sottile ed implicita, esercitata dall'associazione mafiosa nei loro riguardi, strategia che ha determinato chiaramente un diffuso clima di soggezione e di omertà per i debitori usurati ed intimiditi''. In altre parole, osserva il gip, ''la presente indagine che si inserisce e costituisce integrazione e sviluppo delle altre rilevanti indagini dirette dalla Dda di Milano sul fenomeno della 'ndrangheta lombarda rende evidente come tale struttura criminale essenzialmente unitaria risulti essersi infiltrata'' in taluni settori ''strategici della economia nazionale''.

    Cosca gestiva centinaia di mln di euro. L'inchiesta della Dda di Milano contro la 'ndrangheta, che ha portato stamani all'arresto di una quarantina di persone, ha fatto emergere ''un'attività finanziaria illecita'' che muoveva ''centinaia e centinaia di milioni di euro''. Lo scrive il gip di Milano, Simone Luerti, nell'ordinanza di custodia cautelare. Il giudice chiarisce che la 'ndrangheta in Lombardia ''non soltanto, come dimostrano alcune recenti indagini, ha inquinato taluni importanti settori politici della Pubblica Amministrazione, stipulando con taluni esponenti politici veri e propri accordi di scambio elettorale politico- mafioso, e patti corruttivi''. Il riferimento è all'arresto dell'autunno 2012 dell'allora assessore regionale lombardo Domenico Zambetti. Come risulta ''palese dalla presente inchiesta'', scrive il gip, ''la stessa 'ndrangheta lombarda, non soddisfatta di ciò, ha pensato bene anche di mettersi in proprio come struttura che gestisce un'attività finanziaria illecita di proporzioni davvero notevoli ed impressionanti (nelle intercettazioni della presente inchiesta si parla di centinaia e centinaia di milioni di euro), istituendo una sua propria banca clandestina, che le consente di gestire ed accumulare ingentissimi capitali delittuosi, e di allargare e rafforzare il suo già notevole potere sia in termini economici sia in termini di condizionamento più prettamente mafioso, e di assumere, infine, il controllo della gestione di diverse aziende e di patrimoni immobiliari di elevatissimo valore''.

    Capo clan definito: Sovrano. Giuseppe Pensabene, il presunto capo della cosca della 'ndrangheta di Desio (Monza e Brianza), era chiamato dagli affiliati 'Papa' o 'Sovrano'. Lo si legge nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Milano, Simone Luerti, ed eseguita oggi dalla Squadra Mobile di Milano. La presenza di Pensabene, spiega il gip, ''è costante in tutta l'attività di indagine, come ideatore, direttore e gestore delle complesse operazioni finanziarie gestite dal suo gruppo criminale. Non soltanto - si legge ancora - viene chiamato 'capo', o addirittura 'Papa' o 'Sovrano' da alcuni degli appartenenti all'associazione mafiosa, come nel caso di Morabito Maurizio o di Samgiovanni Emanuele, ma le sue decisioni vengono sempre accettate e puntualmente eseguite da tutti gli associati''. Il suo ''ruolo di vertice all'interno della associazione mafiosa'' si è ancora più accentuato ''a seguito della esecuzione, in data 13.07.2010, del provvedimento restrittivo emesso nell'ambito dell'inchiesta denominata 'Infinito''', ossia quegli oltre 170 arresti in Lombardia che hanno fatto 'piazza pulita' di una quindicina di cosche radicate tra Milano e l'hinterland. In una intercettazione del marzo 2012 uno dei presunti affiliati ''commentava - scrive il gip - l'atteggiamento calmo ma inflessibile, da vero capo, usato da Pensabene Giuseppe'' in una telefonata ''dicendo: 'ho detto: il picciotto urla, il sovrano … il sovrano risolve, e fa business nel momento di difficoltà".

    Dirigenti sportivi vitteme di usura. Ci sono anche il vice presidente esecutivo del Genoa Antonio Rosati, e il dg della Spal Giambortolo Pozzi tra gli imprenditori finiti nella morsa dell'organizzazione della 'ndrangheta smantellata. Lo hanno precisato in conferenza stampa in Questura a Milano. Fanno parte di una lunga lista di imprenditori diventati vittime.

    Boss arrestato portava assessore del Pirellone. Domenico Zema, ex assessore in un comune della Brianza e uno dei presunti capi della locale di 'ndrangheta di Desio, avrebbe portato ''voti'' a favore dell'ex assessore regionale lombardo Massimo Ponzoni, ''braccio destro di Formigoni''. Lo sostiene in una telefonata intercettata Giuseppe Pensabene, il presunto boss della cosca arrestato oggi nell'ambito dell'inchiesta della Dda di Milano. Pensabene, in una intercettazione ambientale dell'aprile 2010, parlando con un presunto affiliato alla cosca e riferendosi a Zema diceva: ''l'hanno bruciato, l'hanno arrestato e l'hanno .. perché tu dalla politica te ne devi uscire altrimenti tu ... Poi ha portato una persona lui su al vertice .... che oggi è al vertice qua che si chiama .... Questo qua è il braccio destro di Formigoni ... come cazzo si chiama che adesso mi sono dimenticato ....Ponzoni, Ponzoni ... Lo ha appoggiato forte Zema tutte le amicizie sue, i voti suoi glieli ha dati tutti a questo Ponzoni. Poi hanno litigato''. Il gip Simone Luerti ricorda nell'ordinanza che Zema venne arrestato nel 2000 in un'inchiesta dei carabinieri del Ros di Reggio Calabria, quando ''era Assessore all'Urbanistica in quota a Forza Italia presso il comune di Cesano Maderno (MB)''. Per il gip Zema ha una ''posizione di vertice nella Locale desiana'' che gli deriva dal suo rapporto ''di parentela soprattutto con il capo della medesima Locale, Moscato Annunziato Giuseppe, arrestato nell'operazione 'Infinito''' nel luglio 2010. Ponzoni, invece, è stato arrestato in passato nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Monza sul cosiddetto 'crac Pellicano'.

    Intercettazioni: Per i soldi megliole poste. ''Per i soldi sono meglio le Poste...''. A parlare è Giuseppe Pensabene, 'ndranghetista a capo dell'organizzazione smantellata dalla polizia e dalla Dda di Milano, che agiva nella provincia del capoluogo lombardo e in Brianza. Le parole sono contenute in un'intercettazione in cui il boss parla della convenienza per il gruppo di conti negli uffici postali, dove in alcuni casi poteva contare sulla complicità di dipendenti (anche un direttore) infedeli che non effettuavano le segnalazioni previste per legge. In tal senso Pensabene dice: ''Alle poste è meglio, perché possiamo avere subito 100-200mila euro da usare per i nostri affari...''. Sul tema si è espresso il pm Giuseppe D'Amico nel corso della conferenza stampa organizzata in questura a Milano alla presenza del procuratore generale Edmondo Bruti Liberati, del procuratore Ilda Boccassini e del capo della squadra mobile Alessandro Giuliano. ''A livello legislativo - ha dichiarato D'Amico - bisogna intervenire perché Poste Spa è diventata una banca a tutti gli effetti''.

    Boss: Dobbiamo infiltrarci come polipi. Infiltrarsi "come polipi" che "si devono agganciare dappertutto, i tentacoli devono arrivare dappertutto, ci sono le condizioni per poterlo fare". Sono le parole pronunciate il 6 aprile 2012, nel suo ufficio di Seveso, da Giuseppe Pensabene, il capo della cosca di Desio, in Brianza, arrestato questa mattina dalla Squadra Mobile di Milano con altre 39 persone, di cui 19 ai domiciliari. La frase del boss intercettata è riportata nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Simone Luerti. Secondo il giudice dimostra "come l'associazione mafiosa" guidata da Pensabene aveva cercato anche e soprattutto di penetrare nel tessuto economico per gestire e controllare le più svariate attività e aggiudicarsi appalti e lavori pubblici nei settori edilizio, dei trasporti della nautica e delle energie rinnovabili. Secondo il giudice le parole di Pesabene, testimoniano come l'organizzazione mafiosa radicata in Brianza "si è avvalsa di numerose società non soltanto in Italia ma anche all'estero - ha osservato il gip - ha esportato parte dei capitali illeciti accumulati in Svizzera ed a San Marino, ha investito cospicue somme di denaro (...) anche nelle attività economiche della società nautica Italianavi srl, proprietaria di alcuni cantieri a Viareggio (LU) (...) e del settore energetico come la Eg Power Milano Est" di Corrado Pulici (anche lui arrestato) "ha erogato moltissimi prestiti a tassi usurari ad imprenditori e commercianti lombardi e non solo, come dimostrano le operazioni usurarie poste in essere con Pozzi Giambortolo, dirigente della società di calcio SPAL o i complessi rapporti finanziari con Antonio Rosati, grosso costruttore di Varese e già presidente del Varese Calcio". Insomma, secondo il giudice tale frase testimonia come il "programma criminoso" e gli "obiettivi, stabiliti da Pensabene e condivisi dai suoi collaboratori (...) oltre a quelli di porre in essere una pluralità indeterminata di delitti di riciclaggio, di usura, di estorsione, di contrabbando e di attribuzione fittizia di beni e di società, e di realizzare conseguentemente profitti e vantaggi ingiusti per la stessa associazione mafiosa, erano soprattutto - si legge ancora nell'ordinanza - quelli di accumulare capitali (in termini di denaro, beni immobili, e complessi aziendali) di sicura provenienza delittuosa, e di reimpiegarli in modo da acquisire la gestione, diretta o più spesso indiretta, ed il controllo di attività economiche, ma anche di concessione di appalti e lavori pubblici, in settori cruciali come quello edilizio, dei trasporti, quello nautico della costruzione di imbarcazioni da diporto, o quello delle energie rinnovabili".

    Capo Mobile: Ndrangheta potente per colpa imprenditori. ''Se l'organizzazione 'ndranghetista è riuscita ad arricchirsi e diventare così potente è stato anche per colpa della collusione di imprenditori e di altre figure che non c'entrano nulla col mondo criminale''. A parlare è il capo della squadra mobile di Milano, Alessandro Giuliano, durante la conferenza stampa per l'operazione che ha portato all'arresto di 34 persone coinvolte a vario titolo negli affari di una ''banca clandestina'' della 'ndrangheta tra Milano e la Brianza. ''Un altro dato importante emerso dalle indagini - ha continuato Giuliano - è il fatto che nonostante l'organizzazione utilizzi sistemi raffinati per fare soldi (anche con l'ausilio di brooker per la gestione del patrimonio, ndr), non ha dimenticato i metodi mafiosi: l'intimidazione e il ricorso sistematico alla violenza''.

    Sede organizzzazione era un tugurio. ''La 'sede' della banca della 'ndrangheta era in un tugurio a Seveso. Un ufficio in cui le condizioni logistiche erano al di sotto della soglia del vivere civile, eppure in questo luogo Pensabene (il presunto capo, ndr) e i suoi sodali sono riusciti a gestire centinaia e centinaia di milioni di euro''. Così il procuratore aggiunto Ilda Boccassini descrive la centrale da cui veniva gestito il flusso di denaro da parte dell'organizzazione 'ndranghetista smantellata dalla polizia nell'ambito dell'inchiesta coordinata dalla Dda di Milano. ''In quell'ufficio hanno avuto la possibilità di irretire imprenditori, alcuni dei quali hanno visto la convenienza di frodare lo Stato con fatture false, assegni con prestanome e altro - ha aggiunto il magistrato -. Ciò per favorire sé stessi, non le proprie aziende né il nostro Paese. Al centro di tutto c'è la potenza economica dell'organizzazione, che avendo capitali freschi in un periodo di crisi, diventa attraente per molti. Un elemento preoccupante è il fatto che, ancora una volta, abbiamo trovato imprenditori usurati e malmenati che hanno preferito non denunciare''.

    Unione imprenditori lombardi con nuova mafia. Il gip nel suo provvedimento ha voluto sottolineare "che l'associazione mafiosa di cui si tratta non presenta i tratti 'tipici' dell'associazione o del 'locale' di 'ndrangheta" come è emerso nelle inchieste più recenti come 'Infinito' (in Lombardia nel 2010 portò a oltre 170 arresti). "In altre parole - aggiunge il giudice - niente rituali, né affiliazioni; qui non compaiono "doti", né gradi, né picciotti, santisti o sgarristi di sorta; poche (ma pur presenti) armi e nessuna (almeno nota) "mangiata". Qui si parla di professionisti e imprenditori" "Si potrebbe dire - rileva sempre il gip - che siamo di fronte ad un fenomeno di vera e propria 'nuova mafia', se non fosse che purtroppo questa forma di penetrazione criminale nel tessuto economico-sociale ha già dato ampia prova di sé anche in molti processi del lontano e recente passato".

    Ex presidente Nocerina pestato per debito. Giuseppe De Marinis, uno dei responsabili della società Mexoil e che è stato in passato presidente della squadra di calcio Nocerina, avrebbe subito un violento pestaggio per un debito usurario da parte degli uomini del clan della 'ndrangheta di Desio (Monza e Brianza), smantellato oggi con un'operazione della Dda di Milano. Lo si legge nell'ordinanza del gip di Milano Simone Luerti, nella quale si dice che a De Marinis sarebbe stata causata una ''lesione grave come il distacco della retina ad un occhio''. Nei primi giorni di luglio del 2012, si legge nell'ordinanza, ''il gruppo criminale capeggiato da Pensabene Giuseppe si è reso responsabile'' di una estorsione ''in danno di De Marinis Giuseppe, dipendente (a fare data dall'inizio del 2011) della società MEXOIL srl, avente sede a Castel San Giorgio (SA), di proprietà ed amministrata dal fratello DE MARINIS Aniello''. Di questo episodio, scrive il gip, ''connotato da estrema violenza tanto da avere, probabilmente, cagionato a questo ultimo una lesione grave come il distacco della retina ad un occhio, avvenuto presso il domicilio milanese di Ferrario Patrizio, i soggetti coinvolti ne hanno ampiamente discusso all'interno dell'ufficio sito a Seveso (MB) in vicolo Giani n. 16, poiché consapevoli, e preoccupati, di avere posto in essere le condotte violente e minacciose, alla presenza di soggetti estranei, come la moglie dello stesso De Marinis e Ferrario''.

    Cosche acquisirino banca in crisi. Un banca in difficoltà economica e la 'ndrangheta pronta ad acquisirla in modo da poter avere un luogo lecito dove riciclare i proventi del narcotraffico. E' questo lo scenario scoperto nel 2011 dalla Dda di Catanzaro in una indagine, per certi versi molto simile a quella della Procura di Milano, che portò all'arresto di 11 persone, tra cui il presidente, il direttore generale, un membro del collegio dei sindaci e un funzionario del Credito Sammarinese. Dagli elementi raccolti dagli inquirenti era emerso che il Credito Sammarinese aveva bisogno di denaro per superare la fase di crisi ed i vertici dell'istituto di credito decisero di "aprire le porte alla 'ndrangheta". L'inchiesta dei sostituti procuratori della Dda di Catanzaro Salvatore Curcio e Paolo Petrolo ruotava intorno ai depositi fatti nella banca da Vincenzo Barbieri, il broker della droga legato alla cosca di 'ndrangheta dei Mancuso di Limbadi, ucciso nel marzo del 2011 in un agguato a San Calogero (Vibo Valentia). Il rapporto d'affari tra il Credito Sammarinese e Vincenzo Barbieri prevedeva un deposito complessivo di 15 milioni di euro, ovvero il prezzo che il presidente e proprietario della Banca, Lucio Amati, pretendeva per la vendita della stessa. Singolare è il racconto fatto da uno degli impiegati della banca che descrive minuziosamente il primo versamento, pari a 597 mila euro, fatto da Barbieri nell'istituto di credito. Il direttore generale del credito sammarinese, Valter Vendemini, consegnò un "trolley di misura media - raccontò l'impiegato - all'interno del quale vi era del denaro in contante credo di tutti i tagli. I soldi erano stipati, accartocciati, puzzavano di muffa ed erano racchiuse in mazzette con elastici ma non con senso logico. Proprio per le cattive condizioni in cui erano le banconote ho impiegato molto tempo per contare tutto il denaro". Le indagini sull'infiltrazione della 'ndrangheta nella banca si sono concluse nel 2013 quando i magistrati di Catanzaro hanno rinviato a giudizio i vertici dell'istituto di credito coinvolti nell'inchiesta.

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