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    Vicenda Scajola, deposittao audio in tribunale: Non ho fatto affari con nessuno

     

    Vicenda Scajola, deposittao audio in tribunale: Non ho fatto affari con nessuno

    12 giu 14 "Non ho mai fatto affari con nessuno perché non ne sono capace. L'ultima volta che ho comprato una casa ho fatto un casino. E poi vado a fare affari con loro ..". Lo dice Claudio Scajola nell'interrogatorio - che era stato secretato - con i pm. L'audio è stato depositato al Tribunale del riesame di Reggio Calabria. "La mia preoccupazione - spiega Scajola - era sempre quella la grandissima difficoltà economica che mi pareva di arguire" avesse Chiara Rizzo, la moglie di Amedeo Matacena, a Dubai senza passaporto dopo la condanna a cinque anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Alla domande dei pm se dal punto di vista economico ci fosse qualcosa altro che lo legasse ai coniugi Matacena, Scajola ha risposto "non ho mai fatto affari con nessuno".

    Concluso riesame difesa presenta memoria. Una memoria di cento pagine per sostenere la richiesta di annullamento dell'ordinanza di custodia cautelare o, in subordine, la gradazione della misura restrittiva dell'arresto in carcere: l'hanno presentata i difensori di Claudio Scajola, Giorgio Perroni e Elisabetta Busuito, ai giudici del Tribunale della libertà riuniti per l'udienza di riesame nei confronti dell'ex ministro. L'udienza si è conclusa nel pomeriggio. I giudici si sono riservati la decisione che sarà comunicata domani. Domani, giorno in cui scadono i termini previsti per la decisione del Tribunale della libertà, sarà anche comunicata la decisione per Chiara Rizzo dopo l'udienza celebrata ieri.

    Alla Rizzo dissi che marito doveva tornare: In questa telefonata io fui molto duro nel dirle quale era secondo me la via che avrebbe dovuto scegliere e cioè il marito sarebbe dovuto venire qua. Avrebbe sofferto ma comunque il marito latitante è peggio che in prigione". Lo dice Claudio Scajola ai pm in riferimento alla telefonata con Chiara Rizzo in cui le dice di fare una scelta. "Lei - prosegue Scajola - avrebbe potuto andare a visitarlo una volta la settimana. Lei avrebbe potuto cercarsi un lavoro, è una bella donna faceva la modella poteva trovare la possibilità di fare qualcosa. Io l'avrei aiutata come l'ho aiutata facendole dare una collaborazione". "Quello che mi fece scattare e lo feci sempre cercando di capirla, in qualche modo di assecondarla perché capivo che era sola, turbatissima, che si era trovata in un mondo opposto a quello che sapeva. Diventò un po'diverso (l'atteggiamento, ndr) da parte mia dall'episodio scatenante della macchina perché non mi tornava e dicevo non voglio sapere". Il riferimento è alla Porsche Cayenne che aveva la Rizzo - sulla targa della quale Scajola fece fare accertamenti dalla sua scorta - e che lei, nel suo interrogatorio, ha detto che le era stata regalata da Francesco Caltagirone Bellavista. Scajola poi prosegue riferendo dei suoi discorsi alla Rizzo: "non ti voglio chiedere niente sei liberissima. Io ti dico che il modello di vita che devi scegliere può essere questo. Se ti vuoi scegliere un altro motivo di vita devi sapere a cosa vai incontro. A fine gennaio le dico in maniera chiara hai già scelto ed il discorso lo faccio quando ho colto questa vicenda della macchina che mi ha dato la sensazione ..". Quindi i pm chiedono a Scajola se dall'episodio avesse cominciato ad avere dubbi sulle reali difficoltà economiche della donna. Domanda alla quale Scajola non risponde direttamente ma il senso del discorso lascia intendere di sì.

    Al telefono usato linguaggo che ha creato casino. "Se avessi parlato più chiaro non ci sarebbe tutta questa roba qua". Lo dice Claudio Scajola ai pm. "Pensavo - spiega - di non fare niente di male e quindi non avevo preoccupazione col telefono anche se potevo sospettare che lei (Chiara Rizzo, ndr) potesse essere controllata. Usavo un linguaggio che ha creato solo casino".

    Tutta fuffa quando parlavo del Libano. ''Vi continuo a dire che era fuffa il Libano''. Così l'ex ministro Claudio Scajola ha risposto ai pm di Reggio Calabria in merito al contenuto di intercettazioni tra lui e Chiara Rizzo, moglie di Amedeo Matacena, nelle quali avrebbero fatto riferimento alla latitanza di quest'ultimo. ''Io non ho fatto nulla (...) io non ho mai cercato Gemayel (l'ex presidente libanese, ndr)'', ha aggiunto Scajola, chiarendo che il suo proposito era solo quello ''di cercare che questa qui'', ossia Rizzo, ''si metta a far qualcosa, a lavorare''. Ai pm che gli hanno contestato un'intercettazione nella quale l'ex ministro parlava di appuntamenti, anche con l'imprenditore catanzarese Vincenzo Speziali, Scajola ha risposto: "Vi continuo a dire che era fuffa il Libano, questo qui invece è un appuntamento preso per presentargli Chiara per fargli dare un altro piccolo contrattino di lavoro". In più di un passaggio del verbale i pm contestano a Scajola trascrizioni di telefonate nelle quali, a loro dire, si farebbe riferimento agli ''spostamenti'' di Matacena. Tuttavia, l'ex ministro più volte ha sostenuto che in quelle intercettazioni stava parlando di contratti di "collaborazione" per Rizzo e, in un caso ad esempio, anche di un contratto da "mille euro al mese per sei mesi". E ai pm che gli hanno domandato se abbia ricevuto "pressioni" o "richieste" da parte di Matacena o della moglie in relazione alla latitanza dell'ex parlamentare, Scajola ha risposto: "Probabilmente erano discorsi tra di loro (...) ma io non ho mai fatto nulla e dove casca l'asino? Che io non ho mai cercato Gemayel per parlare di questo, né ho parlato mai di nulla di operativo mai". Tra l'altro, Scajola ha spiegato di aver parlato con Speziali che gli aveva raccontato che Matacena voleva spostarsi da Dubai in Libano "con un volo di linea". Tanto che l'ex ministro ha messo a verbale di avergli risposto: ''Ma come fa a uscire con un volo di linea senza passaporto?''. Insomma, ''io seguivo questa roba - ha ribadito Scajola - ma non perché ci credessi o la perseguissi perché non è che esco da un cavolo, forse poteva uscire da un cavolo Chiara, non io''. Scajola in alcune telefonate con lei, come ha spiegato, cercava soltanto "di dare una veste", ma i discorsi sulla latitanza del marito erano "evidentemente tutta chiacchiera"

    Dissi a legale che Matacena che si doveva costituire. Secondo Claudio Scajola potrebbe esserci una "telefonata in cui dico all'avvocato" dell'ex parlamentare Amedeo Matacena ''che si deve costituire''. Lo ha sostenuto l'ex ministro, in carcere dallo scorso 8 maggio, nell'interrogatorio davanti ai pm della Dda di Reggio Calabria. Scajola ha raccontato che quando disse alla moglie di Matacena, Chiara Rizzo, che ci poteva "essere un'ipotesi di asilo politico", lei gli aveva risposto che "gli avvocati tanto" sapevano già come scrivere un'eventuale istanza "perché l'hanno già fatto con la Svizzera". L'ex ministro ha spiegato poi di aver parlato solo con uno dei legali di Matacena "o su Skype o al telefono, vedete voi (rivolto ai pm, ndr) perché se è al telefono ce l'avete la telefonata in cui dico all'avvocato, e lui concorda con me, che si deve costituire". E ancora: ''Spero che sia sul telefono, perché se è sul telefono ce l'avete''.

    Rizzo indifesa: La "linea" di Claudio Scajola era che Chiara Rizzo, moglie di Amedeo Matacena, "facesse una vita normale, che non sfasciasse la famiglia e che arrivasse il marito". E' quanto ha sostenuto l'ex ministro nell'interrogatorio davanti ai pm della Dda di Reggio Calabria. Secondo la versione messa a verbale dall'ex ministro, arrestato perché avrebbe favorito la latitanza dell'ex parlamentare di Fi Matacena, Rizzo "andava gestita, e lo si capisce leggendo le telefonate di lei che andava gestita, perché era una donna sola, indifesa, scossa, incasinata". Scajola ha spiegato, in sostanza, che il suo intento, dunque, non era "quello di preservare questo", ossia Matacena, "in giro per il mondo", ma aiutare la moglie a farsi una ''vita normale''.

    Suocera Rizzo difficoltà a far tornare soldi a Monaco. La suocera di Chiara Rizzo "aveva previsto di investire alcuni soldi" alle Seychelles, dove in quel periodo si trovata Amedeo Matacena, e aveva poi difficoltà "di utilizzare e fare rientrare nel Principato quelle somme, forse 600.000 dollari". Lo dice Claudio Scajola ai pm riferendo di un colloquio con la Rizzo avvenuto "forse a fine luglio 2013". La circostanza è riportata nella sintesi dell' interrogatorio depositato senza omissis al tribunale della libertà di Reggio Calabria. "Chiesi - prosegue - quale fosse la difficoltà visto che comunque erano nella loro disponibilità. A tal fine parlai con il direttore della Carige di Imperia, che mi disse di far presentare la Rizzo a San Remo per aprire un conto corrente da utilizzare a tal fine. Il direttore dopo qualche giorno venne da me ad Imperia per dirmi che c'era il rischio che la movimentazione bancaria divenisse oggetto di attenzione sulla base della normativa antiriciclaggio poiché il marito risultava latitante. E' questo il motivo per cui pensai che l'operazione bancaria potesse effettuarsi nel Principato di Monaco tramite il Credito Monegasco da dove la somma proveniva". Scajola riferisce anche che "dopo essere tornata da una crociera, la Rizzo mi chiamò con urgenza in quanto aveva dovuto lasciare la casa di Montecarlo; in quella occasione mi passò al telefono un avvocato italiano, sicuramente di origine meridionale, a cui dissi che era il caso che il Matacena si costituisse; tale avvocato mi diede ragione". "In questo periodo - dice ancora Scajola - ho parlato con l'avv. Berruti della vicenda Matacena per chiedere a cosa sarebbe andato consegnandosi: è questo il motivo per cui in alcune conversazioni parlo di Totò, da intendersi la vicenda relativa a Salvatore Cuffaro". "Quello stesso giorno, verso sera - dice ancora - ho poi saputo dell'arresto del Matacena a Dubai, di cui nessuno mi aveva parlato prima''.

    Appunto su carta Camera Deputati non è mio: L'appunto su carta intestata della Camera dei deputati in cui si evidenziano i punti da sottoporre all'attenzione degli avvocati di Amedeo Matacena per avviare la procedura di asilo politico in Libano "non è mio". Lo dice Claudio Scajola ai pm. "Può darsi - aggiunge - che me l'abbia data Speziali insieme alla lettera" attribuita a Gemayel. Al che il pm chiede: "ma su carta intestata della Camera?". "Questi sono block notes", dice Scajola. Pm: "si ma non ce li hanno tutti, voglio dire, noi non li abbiamo". Alla successiva domanda del pm, "potrebbe essere che in occasione incontro abbiate vergato questo appunto?", Scajola risponde: "potrebbe essere che in occasione della consegna della lettera lui possa avere scritto questa nota, potrebbe essere questa. Aggiungo che quando dissi a Chiara 'potrebbe esserci un'ipotesi di asilo politico' lei mi rispose 'tanto gli avvocati sanno come scriverla perché l'hanno già fatta per la Svizzera'". "Comunque - conclude Scajola - non è la mia grafia".

    Speziali mi chiese incontro Berlusconi-Gemayel. Vincenzo Speziali, in occasione di un viaggio a Roma dell'ex presidente libanese Amin Gemayel, "mi chiede se gli combinavo un incontro con Berlusconi" che "allora mi rispondeva e gli dico allora arriva questo qua. Allora Gemayel poteva avere ruolo importante di accreditamento" di Forza Italia nel Ppe "e di difesa in sede internazionale di Fi. Gemayel va da Berlusconi con me e Speziali. Il mio rapporto con Gemayel è quello". Lo dice Claudio Scajola ai pm nel suo interrogatorio. "Poi - spiega Scajola - c'è un'aggiunta. Gemayel è venuto a Roma nell'ultimo periodo, perché Vincenzo mi dice c'è Gemayel che viene a Roma, combiniamo un altro incontro con Berlusconi? Io gli dico 'ma sai adesso io il rapporto ce l'ho molto più difficile'. E lui mi risponde, 'si si ma io mi sono già mosso con la Bergamini', deputata nostra che è stata in passato nella segreteria di Berlusconi e adesso è il portavoce di Fi. 'Se tu ne hai già parlato con la Bergamini e non avete ancora concordato l'appuntamento, adesso se me ne interesso io con le difficoltà che ti ho detto mi sembrerebbe anche più difficile'. 'Si ma se tu potessi ..'. Prendo e chiamo la Bergamini, 'senti Debora mi hanno detto che Gemayel ha chiesto un appuntamento' .. 'si ma sai lui è in difficoltà perché in quei giorni probabilmente sarà fermo ad Arcore'. 'Io comunque te l'ho voluto dire vedi tu, arrivederci' e mi sono fermato li. Non so se hanno fatto l'incontro ma penso di no ma non lo so. Poi Vincenzo mi chiama e mi dice, è recente, senti c'è Gemayel a Roma, possiamo combinare in pranzo insieme? Venire a Roma da quando non sono parlamentare mi dà fastidio e francamente non mi interessava. Per cui non sono venuto e Gemayel non l'ho più visto. Questo per spiegare il rapporto mio con Gemayel. Io non ho più visto lui da nessuna parte".

    Speziali mi disse che moglie era nipote Gemayel. "Speziali mi disse che la moglie era nipote di Gemayel, che non conoscevo se non di nome, e che viveva a Beirut" ma "lo chiamava presidente, non zio" e fu Speziali a prospettare l'eventualità dell'asilo politico in Libano per Amedeo Matacena. Lo ha detto Claudio Scajola ai pm. "Speziali - dice - viene da me e non so cosa successo di nuovo a Dubai e io sono molto colpito della situazione di Chiara (Rizzo, ndr) e di questo qua che era là e che creava problemi a se stesso e a Chiara e suoi figli. Gli dico che farebbe bene a tornare qua ma sono scelte che può fare solo l'interessato. Si vede che ero particolarmente colpito nel dirgli queste cose perché lui il giorno dopo mi chiama 'sai ci ho riflettuto, ma allora perché non chiede asilo politico in Libano?'". "Allora - prosegue Scajola - gli dico 'potrebbe essere una cosa ma come si fa a fare una cosa così'. Ho fatto anche il ministro dell'Interno. So come funziona, come ci va da Dubai in Libano. Allora questa roba la accenno a Chiara e Chiara mi dice è una cosa possibile? E questa cosa si trascina fino a quando Speziali mi dice 'senti facciamo un incontro a Roma dove ci sono io, può venire uno dei consiglieri di Gemayel, vieni tu e se porti la signora si possono parlare'. Succede che lui mi chiama e mi dice 'sai questo incontro non c'è più ci vediamo noi per parlarne'. Io penso santo iddio faccio una figura micidiale, sembra che questa cosa l'ho sfarinata e allora lui mi dice che mi manda una nota, la lettera di Gemayel che poi non so se è di Gemayel. Mi organizzo in maniera tale che arrivato a Roma mi avrebbero chiamato per dirmi che l'appuntamento non c'è più e comunque ci ha mandato una nota. A quel punto quando lei non è partita con l'aereo mi sono trovato che io mi sono visto con Speziali. Abbiamo parlato di questa vicenda dieci secondi perché non ci interessava e abbiamo parlato di altro. La lettera lui mi ha detto che era di Gemayel. Vedo Chiara giorni dopo e le dò questo fax, non so se ho tenuto una copia. Non ho niente da nascondere. Speziali mi disse 'per avere asilo politico fai fare una richiesta dagli avvocati in cui si spiega la vicenda giudiziaria, la vicenda della persecuzione giudiziaria e della salute'. Fatto questa roba qua lo dico a Chiara e cominciamo a continuare a sfilacciare la roba, tanto è vero che Chiara mi dice ma sono passate tante settimane. Non si parla più di niente da gennaio dall'arrivo della lettera. Di questa questione parlato solo con speziali e con chiara".

    Speziali voleva fare il deputato. "Speziali aveva l'ambizione di fare il deputato. E secondo me il suo modo di avvicinarsi a me aveva come obiettivo era perché pensava potessi dargli una mano. Tanto è vero che poi me lo esplicita e mi dice: 'c'è mio zio che è senatore e non si vuole più candidare e allora ci potrebbe essere opportunità che io vada al suo posto". Lo dice Claudio Scajola ai pm spiegando i suoi rapporti con Vincenzo Speziali. "Non solo per questo. Probabilmente - dice Scajola - Speziali aveva bisogno di fare vedere a Gemayel che gli poteva organizzare dei rapporti e che gli poteva far fare incontri facendogli un po' da antenna. Nel contempo Gemayel poteva pensare che Speziali avesse entrature. Ero convinto che lui sia una persona perbene che fa credo le pubbliche relazioni in una grande società e quindi parla e sta in rapporti con tutti". Scajola dice di avere conosciuto "dopo le dimissioni da ministro" perché lo invitò ad un convegno dell'Internazionale democristiana a Beirut collocando l'episodio nell'autunno 2011.

    Con vicenda casa politicamnete morto. "Sulla vicenda della casa" a Roma davanti al Colosseo, "sono politicamente morto, per due motivi: uno perché la cosa era eclatante e spaventosa, secondo per la mia verità che è diventata la verità nella motivazione della sentenza di primo grado". E' quanto dice Claudio Scajola ai pm. "Mi sono dimesso - prosegue - dopo avere visto i giornali della mia parte politica che mi hanno ammazzato. Capivo che non ero difeso da nessuno". "Andai da Berlusconi - prosegue Scajola nell'interrogatorio davanti ai pm - e gli dissi 'il processo sta andando bene' e lui mi rispose 'ma te l'ho sempre detto è prescritto'. 'Si ma non è questo. Credo anche io che sarà prescritto. Ti chiedo una cosa ho bisogno di vedere e di mettermi alla prova per vedere la mia gente cosa pensa di me, mi voglio candidare alle europee'. Era dicembre e lui mi dice 'mi pare giusto'. Gli dico, 'se prendo una sventrata vuol dire che avevano ragione i tuoi giornali, se invece non prendo la sventrata vuol dire che l'opinione pubblica invece ha capito e comunque per me è un'occasione anche di fare una campagna elettorale dove se qualcuno alza il dito e se qualcuno dice qualcosa di questa vicenda so cosa rispondere. Berlusconi mi disse di sì". Ad una richiesta di chiarimento da parte dei pm su quest'ultimo punto, Scajola ha aggiunto: "mi disse mi pare una cosa giusta non disse si ti candido".

    Non credevo Berlusconi mi escludesse. "Non credevo, e ho detto la mia delusione nei confronti di Berlusconi, non credevo che Berlusconi non mi mettesse in una lista di 21 persone dove eri scelto con le preferenze. Non era un discorso simile a Matacena che avevo tolto dalla lista perché già condannato in udienza ma anche perché lì o votavi lui o non potevi votare centrodestra, c'era un nome solo". Così Claudio Scajola ha commentato la sua mancata candidatura alle elezioni Europee nel corso dell'interrogatorio davanti ai pm. "Non immaginavo - prosegue - non mi mettessero in lista dopo un'assoluzione con tutti quelli che erano in lista in Forza Italia. La mia preoccupazione era mi eleggeranno. Saltavo il discorso che potessero pensare non lo vogliamo perché lo abbiamo scaricato. Non arrivavo a pensare questo. Pensavo a qualcuno in Fi che pensasse 'arriva questo in Fi che è un casino l'aveva organizzata bene al 30% dieci anni fa casomai riesce a rimetterlo in piedi meglio non averlo tra le balle', questo potevo immaginarlo". "Ho chiamato tre volte Berlusconi a telefono - dice poi Scajola - e non mi si è fatto passare. Per 20 anni di fila telefonavo e me lo passavano subito, a qualunque ore del giorno e della notte. Quando fui prosciolto sul problema casa, ero ancora in piedi per la lettura del dispositivo, suonò il mio telefono: era Berlusconi che mi diceva 'ho sempre creduto in te'. Mai più riuscito a parlargli".

    Candidatura per riscatto politico: Il "bisogno" politico "di mettermi alla prova per vedere la mia gente cosa pensa di me" dopo la vicenda della casa con vista sul Colosseo ed anche "per accontentare" Chiara Rizzo "perché ero riuscito a darle una collaborazione con Abbrignani e dico, casomai le posso trovare il modo di avere .. perché la mia idea era che questa qui potesse trovarsi un suo lavoro, facesse una sua cosa". Così Claudio Scajola ha motivato, davanti ai pm, la sua volontà di candidatura alle elezioni europee del maggio scorso. "Questa - ha detto Scajola - era la motivazione politica. Anche perché il parlamento europeo non fa gestione, la fa la commissione con il governo. La facevo io in parte quando ero ministro per lo Sviluppo economico perché avevo i fondi strutturali".

    Speziali mi disse di incontri con Dell'Utri . "Speziali mi disse che aveva incontrato diverse volte Dell'Utri. Io ho sempre arguito che lui (Speziali, ndr) per la sua candidatura dovesse cercare gli sponsor che poteva quindi anche Dell'Utri poteva essere utile. Forse dopo il casino di Dell'Utri, lui dice è tantissimo tempo che non lo vedevo". Lo dice Claudio Scajola ai pm. Vincenzo Speziali, nipote omonimo dell'ex senatore del Pdl, è l'imprenditore catanzarese che vive in Libano che, secondo l'accusa, si sarebbe mosso per far spostare Amedeo Matacena da Dubai, dove si trova, a Beirut e fargli avere l'asilo politico per sottrarlo all'estradizione.

    Dipinto come capo mafia. Nel suo interrogatorio, davanti ai pm di Reggio Calabria, Claudio Scajola si è lasciato andare anche ad una considerazione ironica, in relazione a quanto "ho letto" sui giornali: ''Poi sono anche il capo della mafia - ha detto, tra una domanda e l'altra dei magistrati - perché sostituisco Matacena che notoriamente è più bravo di me''. L'ex ministro poi ha, però, voluto sottolineare come ''nelle inchieste che sono uscite fuori'' sulla 'ndrangheta, anche nella sua terra d'origine, la Liguria, non sia mai emerso che ''ho parlato con uno, non c'è una roba che dica che io ho avuto non dico un contatto, ma che sono andato a farmi dare un bacio come Andreotti''. Scajola è accusato di aver favorito la latitanza dell'ex deputato Matacena dopo la sua condanna definitiva a cinque anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Inoltre, l'ex ministro ha parlato anche del presunto utilizzo della sua auto con tanto di scorta da parte della moglie di Matacena, Chiara Rizzo: ''Si dice che io facevo andare la scorta con la macchina dello Stato a scorrazzare come un taxi la moglie di Matacena, non è mai successo''. Rizzo, ha aggiunto, "è salita qualche volta come tantissimi altri quando io andavo da una parte, ma c'ero io". La macchina con la scorta, ha spiegato ancora, non è mai andata ''a prendere la Matacena''.

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