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    Relazione annuale della Direzione Nazionale Antimafia

     

    Relazione annuale della Direzione Nazionale Antimafia, la nuova mappa in centronord Calabria

    18 feb 14 Gli assetti criminali nelle quattro province in cui si articola il distretto di Catanzaro, come emersi dalle più recenti indagini, sono caratterizzati da una "profonda evoluzione rispetto a quanto evidenziato dalle analisi precedentemente elaborate sulla operatività, struttura e alleanze riferite alle organizzazioni mafiose che operano sul territorio". E' quanto emerge dalla relazione annuale della Dna. "Alla ricostruzione dei nuovi scenari criminali - prosegue la relazione - ha contribuito l'acquisizione di importanti collaborazioni che hanno consentito di approfondire i legami tra gli apparati criminali veri e propri e la "zona grigia" della 'ndrangheta, con tale espressione intendendo riferirsi ai ceti produttivi, agli apparati professionali (tra i quali, in primo luogo, quelli operanti nel settore della giustizia e della finanza, quali avvocati, periti medico legali, commercialisti) in collegamento con tali sodalizi criminali. In generale può dirsi che recentissime acquisizioni investigative hanno evidenziato come le organizzazioni criminali del distretto di Catanzaro abbiano una organizzazione in qualche modo singolare rispetto a quella ricostruita nella nota "Operazione Crimine" della Direzione Distrettuale antimafia di Reggio Calabria". "Risulta infatti, da alcune dichiarazioni di collaboratori di giustizia - aggiunge la Dna - essere stata costituita una 'Provincia', con radicamento a Cutro, che comprende i circondari di Cosenza, Paola, Castrovillari, Rossano, Catanzaro, Crotone e Lamezia Terme, con esclusione della sola Vibo Valentia che risponde, invece, direttamente a Reggio Calabria. Peraltro, dall'esito delle più recenti attività investigative, sembra emergere che l'importante famiglia vibonese dei Mancuso di Limbadi, sia stata estromessa dalla struttura unitaria della 'ndrangheta reggina, anzi, risulta essere entrata in un cruento conflitto con i gruppi Anello, Fiumara, Vallelunga, Tassone, Mantella, Bonavota e dei Piscopisani - tutti operanti nella parte settentrionale del circondario - proprio a seguito del pericolo intravisto nell'avere tali sodalizi, insofferenti della sua egemonia, stretto rapporti con le cosche della parte meridionale della regione Calabria, in primo luogo quella dei Commisso di Siderno". Tale nuovo assetto ha "conseguentemente - evidenzia la Dna - determinato - a causa degli antichi rapporti esistenti tra i Mancuso e la cosca Iannazzo del lametino - la sottrazione delle più importanti organizzazioni mafiose esistenti sul litorale tirrenico alla costruzione verticistica realizzata nella Provincia di Reggio Calabria. Le investigazioni in atto confermano frequenti e stabili rapporti tra talune delle organizzazioni mafiose operanti nel distretto e quelle omologhe che hanno il loro tradizionale insediamento nel distretto di Reggio Calabria, inoltre risultano accertati collegamenti operativi con articolazioni operanti al di fuori del territorio regionale. Le attività investigative svolte dalla Direzione distrettuale antimafia ed i loro esiti sono state foriere di importanti risultati, non solo sotto il profilo numerico degli indagati colpiti da ordinanza di custodia cautelare (n.94 richieste di applicazione di misure cautelari per complessivi 713 indagati), ma anche sotto quello dell'approfondimento della comprensione dei fenomeni criminali sul territorio rientrante nel distretto di Catanzaro, per quanto attiene gli assetti criminali,i rapporti tra le varie cosche, i loro interessi economico-imprenditoriali, i rapporti con la pubblica amministrazione". "Tali soddisfacenti esiti - conclude la relazione - sono stati raggiunti nonostante l'inadeguato numero di magistrati assegnati alla Direzione distrettuale antimafia, che, in un ottica di equilibrio dei rapporti numerici con la procura ordinaria, ha consigliato di mantenere il numero di 6 magistrati".

    Sempre più detenuti al 41 bis, ma mancano carceri. Sono sempre di più i detenuti sottoposti al 41 bis, ma mancano carceri adeguate a questo regime. L'allarme arriva dalla Direzione nazionale antimafia nella sua relazione annuale. E' elevato, osserva la relazione, il numero di detenuti al 41 bis grazie ai successi investigativi, ma esso "non può andare a scapito della qualità del servizio". Le strutture che ospitano i detenuti sottoposti al 41 bis, prosegue la Dna, "sono nate spesso come strutture carcerarie femminili, nate dunque con lo scopo, ben diverso ed addirittura opposto a quello che deve realizzare il regime di cui all'art. 41 bis, di promuovere la socialità tra le detenute e con le conseguenti difficoltà strutturali che tali istituti hanno nell'impedire le comunicazioni interne alle carceri, nel senso che le celle spesso si trovano sullo stesso corridoio e che tale situazione rende, appunto, molto difficile impedire comunicazioni tra i detenuti, che poi possono essere veicolate in via indiretta all'esterno (ad es. attraverso familiari di altri detenuti)". Secondo la relazione, "se l'azione dello Stato sul territorio è vincente, essa non può subire rallentamenti per carenze di struttura e proprio nel mondo delle carceri. Anzi, tali strutture devono essere potenziate con maggiori investimenti e la creazione di nuove aree riservate ai detenuti sottoposti al regime in argomento". In questo senso, aggiunge, "diviene sempre più necessario individuare nel piano carceri nuove strutture idonee, nate esclusivamente per l'assolvimento della funzione di prevenzione prevista dall'art. 41 bis, e da destinare in via esclusiva a tale scopo".

    Nrdangheta come una holding. La 'ndrangheta ha una sua struttura tendenzialmente unitaria con una sorta di "consiglio di amministrazione della holding criminale" che elegge, al vertice, il suo "Presidente". E' quanto emerge dalla relazione annuale della Direzione Nazionale Antimafia. "Questa impostazione - prosegue la Dna - dopo tante polemiche nelle più disparate sedi viene affermata in sede giudiziaria in modo sostanzialmente incontrastato. Non esiste pronuncia, cautelare o di merito, che dovendosi confrontare con tale impostazione, la neghi. E non poteva essere altrimenti. Una compiuta valutazione del fenomeno 'ndrangheta non poteva, infatti, condurre a pensare che uomini per amministrare "bilanci" di centinaia di milioni di euro, per governare dinamiche economiche, lecite ed illecite, in decine di comparti diversi e che attraversano, non solo l'Italia, ma buona parte pianeta (dall'Australia al Sud America, dall'Europa al Nord America passando per tutti i possibili paradisi fiscali ) ci si potesse affidare allo spontaneismo anarcoide di locali, cosche e 'ndine disseminate e slegate, come una sorta di piccole monadi auto-referenziali"

    Radici ndrangheta a livello nazionale e internazionale. "Viene confermato dai processi e dalle indagini più recenti la capacità della 'ndrangheta di agire a livello nazionale ed internazionale, ma di mettere radici e consolidarsi in modo strutturato in realtà territoriali anche lontanissime, che, tuttavia, realtà che mantengono il più volte indicato cordone ombelicale con la casa madre". E' quanto si afferma nella relazione annuale della Direzione nazionale antimafia. "Parallelamente - prosegue - le investigazioni hanno evidenziato, la presenza di vere e proprie "locali" di 'ndrangheta, oltre che in Italia e, segnatamente, in Lombardia, Piemonte e Liguria, anche all'estero in Svizzera, in Germania, in Canada e in Australia, e cioè proprio nei paesi e nei territori in cui, statisticamente, esistono consistenti comunità calabresi. E tuttavia, come si vede, non in tutti i territori che hanno conosciuto l'emigrazione calabrese la 'ndrangheta si è strutturata secondo gli schemi che le sono propri e che hanno il suo archetipo in Calabria". "Ad esempio, per rimanere in Italia, è detto ancora nella relazione - nella regione Lazio, in cui è fortissima la presenza di emigrati calabresi, seppure si sono individuate significative e rilevanti infiltrazioni 'ndranghetiste nei tipici settori del riciclaggio, del traffico degli stupefacenti e della gestione di attività economiche illecite, dalle indagini non risulta accertata alcuna presenza 'strutturata' della 'ndrangheta".

    Nuovi atti su bombe a Reggio. La Dda di Catanzaro ha depositato nuovi atti nel processo per gli attentati del 2010 contro la sede della Procura generale di Reggio Calabria e l'abitazione del Procuratore generale Salvatore Di Landro e per l'intimidazione all'ex procuratore, ed ora capo della Procura di Roma, Giuseppe Pignatone. Gli atti riguardano l'indagine della Procura di Roma sul presunto complotto ordito dal collaboratore di giustizia cosentino Antonio Di Dieco per screditare Antonino Lo Giudice. Il sostituto procuratore di Catanzaro, Gerardo Dominijanni, ha informato i difensori degli imputati per gli attentati di Reggio Calabria dell'avvenuto deposito dei nuovi atti. Per la vicenda delle intimidazioni a Reggio Calabria il boss e collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice e' stato condannato alla pena di 6 anni e 4 mesi. Nel processo in corso a Catanzaro sono imputati Luciano Lo Giudice, fratello del boss pentito Antonino, Antonio Cortese e Vincenzo Puntorieri, questi ultimi ritenuti gli esecutori materiali degli attentati. Al processo per i tre imputati si e' giunti dopo le dichiarazioni di Antonino Lo Giudice, che si e' autoaccusato di essere stato il mandante degli attentati del 2010 a Reggio. Nino Lo Giudice ha iniziato a collaborare dopo essere stato arrestato per altri motivi e, per quanto riguarda le bombe e l'intimidazione, ha chiamato in causa anche il fratello, Luciano Lo Giudice, Antonio Cortese, considerato dagli investigatori l'armiere della cosca, e Vincenzo Puntorieri.

    Lombardia colonizzata. La ''presenza e l'operatività della 'ndrangheta continua a rappresentare una delle principali emergenze criminali'' a Milano e ''nel territorio lombardo è avvenuta una vera e propria 'colonizzazione' da parte della criminalità organizzata di tipo calabrese nel tessuto socio-politico-economico della regione''. Lo scrive la Direzione Nazionale Antimafia nella sua relazione annuale relativa al periodo luglio 2012-giugno 2013. In una ventina di pagine, dedicate in particolare al ''distretto di Milano'', la Dna elenca le operazioni, le inchieste e i processi più importanti che si sono svolti nel capoluogo lombardo negli ultimi anni, tra cui il procedimento 'Infinito-Tenacia' che si è concluso con 110 condanne per presunti boss e affiliati alle 'ndrine radicate in Lombardia, e l'arresto per voto di scambio dell'allora assessore regionale lombardo Domenico Zambetti. ''Pare ormai attestato - scrive la Dna - che in Lombardia sia esistita una sorta di struttura di coordinamento denominata 'Lombardia', al cui interno sono rappresentate tutte le 'locali' presenti in regione''. In Lombardia, si legge ancora nella relazione, il ''capitale sociale'' mafioso è ''quel bagaglio di relazioni'' che i presunti affiliati intrattengono ''con il mondo politico, imprenditoriale, giudiziario, delle libere professioni'', ossia la cosiddetta ''zona grigia''. La Dna, infatti, sempre sulla base delle ultime inchieste e dei processi, parla di una ''vocazione imprenditoriale della criminalità organizzata sul territorio che ha privilegiato, invece di forme eclatanti di violenza, forme di accordo e collaborazione con settori della politica, dell'imprenditoria e della pubblica amministrazione''. Alcuni rappresentanti ''delle istituzioni, professionisti, imprenditori'' con le ''loro condotte'' si sono ''situati - chiarisce la Dna - in una zona di confine rispetto'' alla 'ndrangheta. Nella parte della relazione relativa a Milano, il sostituto procuratore della Dna Flippo Spiezia descrive un territorio a ''forte presenza di strutture 'ndranghetiste'': sono emersi, tra le altre cose, ''più di 130 incendi dolosi, per lo più ai danni di strutture imprenditoriali, e altri 70 episodi intimidatori di diversa natura''. E poi, tra il 2012 e il 2013, ''si segnala un lieve aumento'' del numero di procedimenti per reati di criminalità organizzata. Tra le molte indagini e processi di cui si dà conto nella relazione c'è anche un'inchiesta della Dda di Milano nella quale sono emerse ''infiltrazioni'' della 'ndrangheta ''nell'attività dell'Azienda Ospedaliera San Paolo di Milano, con precipuo riferimento all'aggiudicazione di appalti''. Un'indagine da cui è poi nata anche un'inchiesta per corruzione e turbativa d'asta (ma non per associazione mafiosa) relativa a presunte tangenti nella sanità lombarda che ha portato in carcere, tra gli altri, l'ex consigliere regionale lombardo Massimo Guarischi. Nella relazione, infine, viene spiegato come le misure di prevenzione, tra cui la sorveglianza speciale, a Milano siano ''un importante strumento per colpire l'area grigia contigua'' alle cosche, in tutti i casi in cui non è possibile contestare il concorso esterno in associazione mafiosa.

    In Lombardia almeno 15 gruppi della ndrangheta. E' stabile l'insediamento della 'ndrangheta in Lombardia, organizzato in 15 'locali' (organizzazione che opera su base territoriale, composta da almeno 50 affiliati) per complessivi 500 affiliati circa. Lo evidenzia la Direzione nazionale antimafia nella sua relazione annuale. "Dunque - rileva la Dna - siamo a qualcosa di molto simile rispetto a quanto si riscontra in Calabria. I soggetti che hanno sviluppato le strutture in questione operano secondo tradizioni di 'ndrangheta: linguaggi, riti, doti, tipologia di reati sono tipici della criminalità della terra d'origine e sono stati trapiantati in Lombardia dove la 'ndrangheta si è trasferita con il proprio bagaglio di violenza". Nel territorio lombardo, prosegue la relazione, "è avvenuta una vera e propria 'colonizzazione' da parte della criminalità di tipo organizzata calabrese nel tessuto socio - politico - economico della regione. L'associazione 'ndranghetista' localizzata in Lombardia non è semplicemente l'articolazione periferica della struttura criminale calabrese sorta e radicata nel territorio d'origine (come in Emilia Romagna, ad esempio ) ma è invece un'associazione dotata di una sua autonomia operativa, benché fortemente collegata al Crimine reggino, che comunque, svolge un ruolo fondamentale in relazione alle scelte strategiche (compresi gli omicidi eccellenti e di rilievo) del sodalizio". Questa associazione, aggiunge, "è composta da soggetti ormai da almeno due generazioni presenti sul territorio lombardo, che commettono in Lombardia reati rientranti nel programma criminoso, che compiono delitti e atti intimidatori, il tutto nel contesto di un fenomeno criminale unitario".

    Supremazia della ndranghera nel traffico di stupefacenti. "Le indagini svolte dalla Dda di Reggio Calabria hanno altresì evidenziato la perdurante posizione di assoluta primazia della 'ndrangheta nel traffico internazionale di stupefacenti, traffico che ha generato, e continua a generare, imponenti flussi di guadagni in favore della criminalità organizzata calabrese che reinveste, specie nel settore immobiliare, i proventi di tale attività". E' quanto emerge dalla relazione annuale della Direzione Nazionale Antimafia. "Le cosche calabresi, grazie alla presenza di qualificati broker in tutti i principali snodi del traffico della cocaina- si aggiunge - mantengono rapporti privilegiati con i principali gruppi fornitori in Sud America e con gli emissari di questi ultimi in Olanda, Spagna e Germania. Il dato viene immediatamente dimostrato dal notevole numero di 'ndranghetisti latitanti arrestati in Sud America e nei pressi delle più importanti città portuali europee, e, fra questi arresti, in particolare, spicca quello dei broker internazionali, come Roberto Pannunzi, recentemente arrestato in Colombia, Domenico Trimboli e Santo Scipione, localizzati nel Paese sudamericano dalle indagini 'Overing' ed 'Edera' ed arrestati dalla polizia locale. Si tratta di arresti che evidenziano plasticamente la peculiare funzione di collegamento assicurata in Sud America dalla 'ndrangheta, coniugando la domanda con l'offerta di cocaina per conto delle cosche e sovrintendendo alle fasi più delicate delle importazioni: dall'imbarco nei porti sudamericani, allo sdoganamento in quelli europei (tedeschi, olandesi, belgi, francesi, spagnoli ed italiani), spesso attraverso quelli africani di transito". "Oltre alle ramificate proiezioni internazionali - afferma ancora la Dna - anche quelle del vibonese, dalle indagini di maggiore respiro emerge anche una particolare capacità di reinvestimento dei proventi del narcotraffico da parte dei sodalizi calabresi. Ciò si è realizzato attraverso sofisticate tecniche di trasferimento del denaro all'estero, seguite assai spesso dal rientro in Italia dei capitali attraverso l'utilizzo di società estere apparentemente pulite".

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