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    Blitz conto la cosca Bellocco 7 arresti. Tra loro il giudice Giusti

     

    Blitz conto la cosca Bellocco 7 arresti. Tra loro il giudice Giusti. Centomila euro per le scarcerazioni

    14 feb 14 La Polizia ha eseguito sette ordinanze di custodia cautelare nei confronti di soggetti ritenuti contigui alla cosca di 'ndrangheta Bellocco, che opera nella Piana di Gioia Tauro. Tra loro c'è un magistrato, il giudice Giancarlo Giusti, già sospeso dalle funzioni perché coinvolto in una precedente vicenda giudiziaria. I destinatari dei provvedimenti restrittivi sono accusati, a vario titolo, di corruzione in atti giudiziari aggravata dall'art.7 e di concorso esterno in associazione mafiosa.

    Arrestato il Giudice Giusti. Giancarlo Giusti, ex gip del Tribunale di Palmi, il magistrato è stato posto ai domiciliari. Il magistrato era già ai domiciliari per una condanna a 4 anni nell'ambito di una inchiesta della Dda di Milano ed era stato sospeso dal Csm. L'operazione contro la cosca Bellocco, denominata "Abbraccio", è stata condotta dalla squadra mobile di Reggio Calabria. Le indagini sono state dirette dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Vincenzo Luberto con il coordinamento del procuratore di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo e del procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli. Nei provvedimenti restrittivi notificati a Giusti e ad altre sei persone vengono contestati, a vario titolo, i reati di corruzione in atti giudiziari aggravata dall'aver favorito una cosca di 'ndrangheta e il concorso esterno in associazione mafiosa. Le ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse nell'ambito dell'operazione "Abbraccio" sono state eseguite dalla squadra mobile di Reggio Calabria con l'ausilio delle omologhe strutture investigative del luogo e con la partecipazione dei Reparti Prevenzione Crimine della Polizia di Stato. I provvedimenti sono stati eseguiti a Rosarno, Montepaone Lido (Catanzaro), Milano, Avellino e Benevento.

    Centomila euro per le scarcerazioni. Una somma di 100 mila euro per disporre la scarcerazione di alcuni esponenti di spicco della cosca Bellocco: è l'accusa mossa dagli investigatori, sulla base di intercettazione telefoniche ed ambientali, a Giancarlo Giusti.Il fatto, secondo l'accusa, risale al 27 agosto 2009 quando Giusti, in qualità di componente del Tribunale del riesame di Reggio Calabria, dispose la scarcerazione di alcuni esponenti dei Bellocco contribuendo, così "al rafforzamento del programma criminoso" della cosca.

    Verità grazie ad intercettazioni: "Quando nel 2009 furono scarcerati Gallo e i Bellocco, insorsero sospetti che non tutto potesse essere lineare, con grande rispetto per la Camera di consiglio. Successivamente però, alcune intercettazioni a carico degli indagati e di loro congiunti, permisero di ricostruire la verità". Lo ha detto il procuratore della Repubblica di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo, incontrando i giornalisti per illustrare i particolare dell'indagine che ha portato all'arresto dell'ex giudice Giancarlo Giusti e di sei presunti esponenti della cosca Bellocco. "Ci fu corruzione - ha detto ancora Lombardo - accertata dopo una prima richiesta di archiviazione. Grazie al lavoro degli uomini del questore Guido Longo emersero altri spunti di indagine fino agli arresti ordinati dal gip di Catanzaro Antonio Commodaro". Il capo della Dda di Catanzaro non ha voluto, invece, fare dichiarazioni circa un supplemento di indagine sulle attività di Giusti, anche se, a questo punto, pare certo che gli inquirenti vorranno valutare il periodo in cui Giusti è stato al Tribunale del riesame di Reggio Calabria. "Se ci fossimo accontentati delle apparenze - ha detto il procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro Giuseppe Borelli - non saremmo giunti alla verità. Invece, grazie ad una capillare attività di analisi dei dati, è stato possibile accertare un quadro indiziario più chiaro in ordine alle responsabilità. Appare una vicenda che evidenzia un tradimento degli obblighi professionali, fermo restando il principio di presunta innocenza". Il dirigente della squadra mobile di Reggio Calabria Gennaro Semeraro ha parlato "di sconcerto e indignazione per una vicenda assai grave che aveva portato in libertà personaggi di primo piano della 'ndrangheta di Rosarno. Con perseverante pazienza siamo riusciti a far luce su un episodio di corruzione i cui beneficiari sono personaggi di spessore della ndrangheta calabrese".

    "Vengono a prendermi". "E' finita per me, guarda che vengono di notte e mi prendono... è finita". Così si esprimeva il giudice Giancarlo Giusti parlando con la sorella al telefono senza sapere di essere intercettato, il 9 dicembre 2011, dopo avere ricevuto comunicazione dal Csm dell'avvio di un procedimento disciplinare basato anche su un'inchiesta della Dda di Catanzaro in cui era indagato per corruzione in atti giudiziari. La stessa che oggi ha portato al suo arresto che fa seguito a quello disposto dal gip di Milano, in un'altra inchiesta, nel 2012. Una telefonata che il gip di Catanzaro che ha emesso l'ordinanza di custodia cautelare ritiene essere ''una sorta di lunga e sofferta confessione stragiudiziale di Giusti''. "Dopo avere intuito che la comunicazione di avvio di procedimento disciplinare da parte del Csm non potesse che riferirsi ai fatti di 'quella maledetta estate' ('quella maledetta estate, quella maledetta estate che io mi sono scambiato il turno') - scrive il giudice - Giusti manifesta la propria paura per l'imminente arresto ('... è finita per me, guarda che vengono di notte e mi prendono, sai che basta un niente per mettermi dentro'), rimarcando l'oggettiva gravità della situazione ('Gabriella, vedi che è gravissima la situazione, ma è gravissima oggettivamente ... io c'ho paura, ormai non so più che cosa aspettarmi dalla vita...') e addirittura preannunciando propositi di suicidio ('Io adesso scrivo un paio di cose, sistemo le mie cose, perché non so se ce la faccio, ti... ti lascio indicato dove sono i miei investimenti, le mie cose poi, mio figlio dovrà crescere senza di me')". Secondo il gip, ''la dettagliata e puntuale disamina del compendio probatorio operata dal pm, assolutamente condivisibile, sia in ordine alla configurabilità della contestata corruzione in atti giudiziari, sia in relazione alle responsabilità dei singoli, svela, in maniera oltremodo evidente, la sussistenza di un accordo corruttivo di allarmante offensività''. ''In particolare - afferma poi il giudice - il ruolo centrale assunto nella vicenda corruttiva da Punturiero e da Giusti è rivelato dal chiaro ed esplicito tenore delle conversazioni intercettate; dalla indiscussa, amicale e affaristica frequentazione tra i due che, anche il 27 agosto 2009, giorno dell'udienza dinanzi al Tribunale della libertà e del deposito dei provvedimenti di scarcerazione, si contattano telefonicamente con una frequenza sconcertante, connotata da ben 12 telefonate o sms tra le 11.44, mentre era ancora in corso l'udienza, e le 19.59; dal comportamento tenuto da Giusti al momento dell'auto-assegnazione dei riesami e, poi, all'atto del deposito dei provvedimenti di scarcerazione, allorquando insisteva per l'immediata pubblicazione delle decisioni, malgrado la non imminente scadenza del termine di legge''.

    Gip: Patto scellerato. Un vero e proprio ''patto scellerato'' ordito dal boss dell'omonima cosca Rocco Bellocco con l'essenziale partecipazione del giudice Giancarlo Giusti: è quello posto in essere per ottenere la scarcerazione di tre elementi di spicco della cosca di Rosarno, secondo la tesi della Dda di Catanzaro, accolta in pieno dal gip che ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare a carico dell'ex giudice Giusti, 47 anni (ai domiciliari), e di altre sei persone. Oltre all'ex giudice, nell'operazione Abbraccio, sono stati arrestati lo stesso Rocco Bellocco (62), già detenuto in carcere per altra causa; Rocco Gaetano Gallo (61), già ai domiciliari per altra causa; Domenico Punturiero (49); Domenico Bellocco (34), figlio di Rocco; Giuseppe Gallo (30), figlio di Rocco; Gaetano Gallo (60), fratello di Rocco Gaetano. Giusti, secondo l'accusa, quale componente del Tribunale del riesame di Reggio Calabria, il 27 agosto 2009, in cambio di una somma di denaro pari a 120 mila euro, aveva disposto la scarcerazione di Rocco Bellocco, Rocco Gaetano Gallo e Domenico Bellocco (37), detto "Micu 'u Lungo", elementi di vertice della potente cosca dei Bellocco. Secondo quanto emerso dalle indagini della squadra mobile di Reggio Calabria, il patto, ordito da Rocco Bellocco, era stato eseguito dal figlio Domenico, da Rocco Gaetano e da Giuseppe e Gaetano Gallo, con l'intermediazione di Punturiero e la partecipazione di Giusti. L'accordo sarebbe stato siglato nell'estate del 2009 quando Giuseppe e Gaetano Gallo avevano avvicinato Punturiero, mentre Domenico Bellocco, per ordine del padre Rocco, aveva consegnato allo stesso Punturiero una parte del danaro, 40 mila euro, necessario per la corruzione. Le indagini, dirette dal pm della Dda catanzarese Vincenzo Luberto con il coordinamento del procuratore Vincenzo Antonio Lombardo e dell'aggiunto Giuseppe Borrelli, si sono avvalse di numerose intercettazione telefoniche ed ambientali in carcere e di vari riscontri. A Giusti, per il quale è stata disposta la detenzione domiciliare a causa delle sue condizioni di salute, vengono contestati i reati di corruzione in atti giudiziari, aggravato dall'avere favorito un'associazione mafiosa, ed il concorso esterno. Gli stessi reati sono contestati anche agli altri indagati ad eccezione di Rocco Bellocco e Rocco Gaetano Gallo che non sono accusati di concorso esterno, in quanto già raggiunti da altri provvedimenti giudiziari in cui sono accusati di associazione mafiosa. Le scarcerazioni disposte dal Tribunale del riesame nel 2009, che suscitarono un forte clamore mediatico, giunsero in un momento di particolare fibrillazione generata dai numerosi arresti di capi e gregari della cosca nell'ambito dell'indagine "Rosarno è nostra 2". In seguito a vari ricorsi presentati dalla Dda di Reggio Calabria e dopo le pronunce della Corte di Cassazione, nei primi mesi del 2012, i tre scarcerati furono nuovamente arrestati dalla squadra mobile di Reggio Calabria, uno dopo un periodo di latitanza.

    Giusti collegato alle cosche. Un faccendiere di Vibo Valentia, conosciuto negli ambienti della criminalità come 'l'avvocato', riuscì a creare i contatti tra il giudice Giancarlo Giusti e gli esponenti della cosca Bellocco di Rosarno. E' quanto emerge dall'inchiesta della Dda di Catanzaro che stamane ha portato all'arresto dell'ex magistrato e di altre sei persone. Il faccendiere, anche lui arrestato stamani, era socio in affari, secondo quanto hanno ricostruito gli agenti della squadra mobile di Reggio Calabria e la Dda di Catanzaro, dell'ex magistrato ed era in contatto con esponenti della cosca Bellocco. Il faccendiere riuscì a mettere in contatto gli esponenti della cosca e l'ex magistrato. Per individuare l'anello di congiunzione tra la cosca della 'ndrangheta e l'ex magistrato gli agenti della squadra mobile di Reggio Calabria hanno dovuto rileggere le trascrizioni di centinaia di intercettazioni telefoniche ed ambientali. Attraverso un lavoro, definito dagli stessi inquirenti 'certosino', si è riusciti a ricostruire anche gli incontri durante i quali avvennero gli incontri per decidere i favori alla cosca. Il faccendiere Domenico Punturiero, di 49 anni, cugino dei Bellocco, secondo l'accusa, fece da tramite con Giusti che già conosceva per alcuni affari immobiliari fatti a Milano. Fu a Punturiero che esponenti della cosca Bellocco consegnarono 40 mila euro, prima tranche del pagamento destinato a Giglio, pari ad un terzo dell'importo totale, affinché li desse al giudice. Il ruolo centrale assunto nella vicenda corruttiva assunto da Punturiero e da Giusti, secondo gli investigatori, è rivelato ''dal chiaro ed esplicito tenore delle conversazioni intercettate e dalla indiscussa, amicale e affaristica frequentazione tra i due''.

    Tentò suicidio dopo condanna. Il giudice Giancarlo Giusti, arrestato e posto ai domiciliari stamani dalla squadra mobile di Reggio Calabria, era stato condannato dal gup di Milano a 4 anni di reclusione il 27 settembre 2012 ed il giorno successivo aveva tentato il suicidio nel carcere milanese di Opera in cui era detenuto. Soccorso dalla polizia penitenziaria, era stato poi ricoverato in ospedale in prognosi riservata. Successivamente aveva ottenuto gli arresti domiciliari. Giusti, dal 2001 giudice delle esecuzioni immobiliari a Reggio Calabria e poi dal 2010 gip a Palmi, era stato arrestato per corruzione aggravata dalle finalità mafiose il 28 marzo 2012 nell'ambito di una inchiesta della Dda di Milano sulla presunta cosca dei Valle-Lampada e, in particolare, in un filone relativo alla cosiddetta "zona grigia". La Dda di Milano gli ha contestato di essere sostanzialmente a ''libro paga'' della 'ndrangheta. In particolare, i Lampada, sempre secondo l'accusa, non solo gli avrebbero offerto ''affari'', ma avrebbero anche appagato quella che il gip di Milano, nell'ordinanza di custodia cautelare, aveva definito una vera e propria ''ossessione per il sesso'', facendogli trovare prostitute in alberghi di lusso milanesi.

    DDA "Vicenda gravissima". "La vicenda corruttiva che abbiamo portato alla luce è gravissima". Lo ha detto all'ANSA il Procuratore della Dda di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, in merito all'arresto dell'ex magistrato Giancarlo Giusti. "E' una vicenda dolorosa - ha aggiunto - ma ancora una volta si dimostra che nessuno è immune alla mafia. Finalmente siamo riusciti a ricostruire nel dettaglio una vicenda che viene da lontano. All'inizio ci era apparsa una ricostruzione diversa, ma poi con il lavoro certosino fatto dalla squadra mobile di Reggio Calabria, si è riusciti a rimettere a posto i tasselli di un puzzle molto complesso". "Durante le nostre indagini - ha concluso Lombardo - c'è stata una rilettura paziente delle numerose trascrizioni di intercettazioni e dei tabulati telefonici".

    Diceva sempre "Dovevo fare il mafioso". ''Ossessionato'' dal sesso e anche capace di dire ''io dovevo fare il mafioso, non il giudice''. E' il quadro emerso dall'inchiesta condotta negli anni scorsi dalla Dda di Milano a carico del giudice Giancarlo Giusti, oggi nuovamente arrestato per corruzione su disposizione della Dda di Catanzaro. Agli atti dell'inchiesta milanese, conclusa con una condanna in primo grado a 4 anni di reclusione, c'è una telefonata intercettata dagli inquirenti in cui Giglio, parlando con Giulio Lampada, dice: ''Non hai capito chi sono io... sono una tomba, peggio di ... ma io dovevo fare il mafioso, non il giudice''. Giusti, secondo quanto scrisse il gip di Milano nell' ordinanza di custodia cautelare, aveva inoltre ''l'ossessione per il sesso'' e per ''divertimenti, affari, conoscenze utili''. In un ''diario informatico'' sequestrato dagli inquirenti milanesi, in cui Giglio annotava tutto ciò che faceva, sono state trovate varie annotazioni, tipo: ''venerdì notte brava con (...) Simona e Alessandra. Grande amore nella casa di Gregorio''.

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