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    Smantellata cosca Tegano: 25 fermi, tra loro primario che portava voti a ex Prc

     

    Smantellata cosca Tegano: 25 fermi, tra loro primario che portava voti a ex Prc

    10 dic 14 Un'operazione della Polizia di Stato è stata portata a termine per l'esecuzione di 25 decreti di fermo emessi dalla Dda nei confronti di presunti esponenti della potente cosca di 'ndrangheta dei Tegano operante a Reggio Calabria, accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, favoreggiamento e procurata inosservanza pena aggravati dalle modalità mafiose. Tra loro un primario di Polistena accusato di aver favorito la cosca portando anche voti ad ex consigliere Prc-Pd. L'operazione, denominata "Il Padrino", al termine di un complessa attività investigativa, ha consentito di ricostruire l'organigramma della cosca e di acquisire elementi aggiornati sulle innumerevoli attività illecite gestite dai Tegano.

    Venivano avvisati prima durante indagini. "Voglio ancora una volta aggiungere, e lo dico con amarezza che gli indagati hanno dato prova di conoscere anticipatamente taluni risvolti di indagine, e questo conferma quanto pericolosa sia a tutt'oggi la capacità di infiltrazione e di corruzione della 'ndrangheta, della presenza di suoi stabili punti di riferimento anche in settori sensibilissimi delle istituzioni". Lo ha detto il procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero De Raho, riferendosi all'inchiesta "Il padrino" condotta contro la cosca dei Tegano. "Le indagini successive alla cattura di Giovanni Tegano ed i controlli sulle dichiarazioni dei pentiti Moio, Logiudice e Villani - ha poi detto il procuratore - hanno permesso di ricostruire le dinamiche criminali del potente gruppo mafioso. Le intercettazioni in carcere dei colloqui di Tegano con i generi, inoltre, hanno chiarito aspetti essenziali ai fini dell'indagine tanto da indurci ad emettere il provvedimento di fermo".

    Tra arrestati un primario. C'è anche un primario ospedaliero, Francesco Pellicanò, biologo responsabile del reparto analisi a Polistena, tra le 25 persone sottoposte a fermo dalla polizia stamani con l'accusa di fare parte della cosca Tegano di Reggio Calabria. Per lui l'accusa è di associazione mafiosa. Tra i fermati ci sono anche i due generi del boss Giovanni Tegano, Edmondo Branca e Antonio Lavilla, che, secondo gli investigatori della squadra mobile di Reggio Calabria che hanno condotto le indagini, avevano assunto il ruolo di reggenti la cosca dopo l'arresto del capo e le operazioni delle forze dell'ordine condotte contro la famiglia.
    Attivo in raccolta voti. Era "costantemente nella disponibilità della cosca per qualsivoglia necessità", come hanno sostenuto gli investigatori, il biologo Francesco Pellicano, primario del reparto analisi dell'Ospedale di Polistena, sottoposto a fermo dalla squadra mobile di Reggio Calabria e dallo Sco insieme ad altre 24 persone ritenute affiliate alla cosca Tegano. Il professionista è accusato di associazione mafiosa. Secondo la Dda di Reggio Calabria che ha coordinato l'inchiesta, denominata "Il padrino", Francesco Pellicano ed il fratello Giovanni, imprenditore, facevano parte della cerchia di soggetti "a disposizione" della 'ndrina per organizzare gli incontri tra i sodali e tra questi e terzi. Giovanni Pellicano, indicato dagli investigatori come referente diretto del capo cosca Giovanni Tegano, di cui avrebbe gestito la latitanza e la trasmissione dei messaggi agli altri associati, insieme al fratello Francesco, ha riferito la polizia, si sarebbe anche attivato nel 2010 per raccogliere voti in favore di politici locali alle regionali. Nel covo nel quale era stato poi arrestato Giovanni Tegano, gli investigatori della squadra mobile avevano trovato numerosa documentazione elettorale. Nell'ospedale di Polistena, tra l'altro, il 12 giugno 2009 era stato arrestato, mentre era ricoverato, il boss latitante di Antonio Pelle, alias "Gambazza", deceduto a Locri il 4 novembre successivo all'età di 77 anni. L'indagine avviata dalla squadra mobile di Reggio con il coordinamento del Servizio centrale operativo per arrivare alla cattura del boss Giovanni Tegano - poi arrestato il 26 aprile 2010 dopo 17 anni di latitanza - avrebbe permesso di ricostruire l'organigramma della cosca grazie alla video-sorveglianza del punto d'incontro dei vari adepti della cosca individuato in un banco di meloni in località Pentimele, all'interno dello storico quartiere Archi controllato dai Tegano. Giovanni Tegano, 75 anni, attualmente detenuto al 41 bis, è stato il capo indiscusso dell'omonima famiglia e protagonista della seconda guerra di mafia che provocò 600 morti a Reggio Calabria tra la metà degli anni '80 ed i primi anni '90. Ricercato dal 1993, Tegano è stato condannato all'ergastolo nel 2003. L'inchiesta, secondo gli investigatori, ha permesso di individuare e delineare tutta una serie di soggetti inseriti nell'organizzazione e di acquisire notizie aggiornate e dettagliate sui rapporti tra la famiglia dei De Stefano e i più stretti congiunti dei fratelli Tegano che avevano rinsaldato la storica alleanza con il matrimonio della nipote, figlia di Saveria Tegano, con Orazio De Stefano, latitante fino al 2004.

    Raccolta voti per ex consigliere Prc-Pd. Il primario Giovanni Pellicano, insieme al fratello Francesco, in occasione delle elezioni regionali in Calabria del 2010, si era attivato per raccogliere consenso elettorale in favore di soggetti politici locali, tra i quali Antonino de Gaetano, eletto in quella occasione con Rifondazione comunista e poi passato, nell'ottobre 2011, al Pd. Lo hanno riferito gli investigatori illustrando gli esiti dell'operazione che stamani ha condotto al fermo di 25 presunti affiliati alla cosca Tegano, tra cui i fratelli Pellicano. Non a caso, hanno aggiunto, nella casa dove, nel 2010, è stato arrestato il boss latitante Giovanni Tegano, fu trovato numeroso materiale elettorale. De Gaetano, che non è indagato, non era candidato alle ultime elezioni regionali che si sono svolte nel novembre scorso. "I fermati - ha detto il questore di Reggio Calabria Guido Niccolò Longo - non solo hanno provveduto alla latitanza di Giovanni Tegano, ma hanno continuato tutta una serie di attività, illecite e lecite, grazie anche a qualche 'invisibile' divenuto visibilissimo, per garantire gli introiti economici alla cosca. Dalle indagini è emersa in tutta la sua fattualità, l'unitarietà della ndrangheta come organizzazione criminale, come rilevato dai continui rapporti tra i diversi 'locali', ed i forti legami familistici che frenano i processi di collaborazione con la giustizia".

    De Gaetano: Mia vita politica fuori da ambienti mafiosi. "La mia storia politica e personale testimonia l'assoluta incompatibilità della mia persona con ambienti e/o forze di estrazione criminale". Lo afferma, in una nota, l'ex consigliere regionale della Calabria Antonino De Gaetano. "L'assoluta estraneità nei confronti di ambienti 'mafiosi' e/o contigui alla parte malata della società - prosegue - è facilmente desumibile dagli atti politico-amministrativi da me posti in essere nel corso della mia attività istituzionale quale consigliere ed assessore comunale di Reggio Calabria prima, e quale assessore e consigliere regionale della Calabria poi. Ribadisco ancora una volta di non aver mai intrattenuto rapporti di alcun genere con le persone oggetto delle misure cautelari di cui alla indagine in corso, così come facilmente deducibile anche dalle notizie stampa diffuse nelle scorse ore. La superiore circostanza si desume, anche, dalla considerazione di non essere oggetto di indagine da parte dell'autorità giudiziaria, atteso che la mia persona non risulta indagata". "Sottolineo, ancora, con forza - afferma poi De Gaetano - la circostanza che quanto sopra puntualizzato ho già avuto modo di spiegare efficacemente nell'immediatezza delle elezioni regionali del 2010 (quando furono diffusi ad arte i primi 'rumor' sul consenso elettorale da me ottenuto) sia attraverso una conferenza stampa sia in un incontro, da me richiesto e voluto, con la Procura della Repubblica di Reggio Calabria. In ogni caso nel ribadire che tutelerò, nelle forme le più conducenti, la mia dirittura morale e la mia storia politica e personale contro qualsiasi attacco volto ad infangare la mia persona, dichiaro la mia disponibilità, oggi come allora, a collaborare con l'autorità giudiziaria, nella quale ripongo massima fiducia, al fine di dissipare qualsiasi ombra sulla mia persona e sulla mia attività politica".

    Favorita latitanza boss Giovanni. Sono accusati, tra l'altro, di avere favorito la latitanza del boss Giovanni Tegano, arrestato il 26 aprile 2010 dopo 17 anni di latitanza, alcune delle persone fermate stamani dalla Polizia di Stato a Reggio Calabria. Tegano, uno degli elementi più in vista della 'ndrangheta, era stato sorpreso dagli agenti della squadra mobile e dello Sco in una villetta in località Perretti di Reggio Calabria ed aveva cercato di nascondersi in una stanza buia. L'uomo, 74 anni, era inserito nell'elenco dei trenta latitanti più pericolosi e dal 1995 erano state diramate le ricerche in campo internazionale. All'uscita della Questura di Reggio Calabria, per essere trasferito in carcere, era stato salutato da alcuni amici e parenti con un applauso e con un grido "Giovanni uomo di pace". Circostanza che all'epoca aveva provocato numerose polemiche. Tegano deve scontare una condanna all'ergastolo ed è ritenuto uno dei protagonisti della guerra di mafia di Reggio Calabria che, tra il 1985 ed il 1991, provocò oltre seicento morti.

    Apprezzamento da Prefetto Reggio Calabria per indagine. Il prefetto di Reggio Calabria Claudio Sammartino, ha rivolto "un messaggio di vivo apprezzamento e sincero compiacimento agli esponenti della magistratura, al questore, al dirigente della squadra mobile, alle donne e agli uomini della Polizia di Stato che hanno operato con determinazione e professionalità nella disarticolazione di una pericolosa e radicata cosca 'ndranghetista che ha esercitato la propria criminale influenza in un importante quartiere del Capoluogo". "Il significativo risultato giudiziario conseguito contribuisce - conclude il Prefetto - a confermare la fiducia dei cittadini calabresi nelle Istituzioni dello Stato impegnate, in un rapporto di fruttuosa e costante collaborazione e coesione, a prevenire, contrastare e reprimere le forme di dominio della 'ndrangheta nel tessuto sociale, civile ed economico della provincia".

    Libera: "I 25 fermi eseguiti stamane per ordine della Direzione distrettuale antimafia reggina nell'ambito dell'operazione 'Il Padrino' rappresentano una tappa importante nell'attività di repressione e disarticolazione della cosca Tegano, tra le più pericolose soprattutto per la capacità di infiltrazione dell'economia cittadina". E' quanto si legge in una nota del Coordinamento territoriale di Libera Reggio Calabria. "Di tale prezioso risultato - prosegue la nota - il coordinamento territoriale di Libera Reggio Calabria dà merito alle forze dell'ordine e alla magistratura per l'incessante lavoro svolto con professionalità e abnegazione. Libera continua a ribadire che tali arresti debbono rappresentare l'inizio e non la fine di un percorso di riscatto. Gli sforzi degli investigatori non potranno mai bastare, da soli, a liberare, una volta per tutte, la nostra città dall'oppressione della 'ndrangheta. E' tempo che sempre più reggini, singoli cittadini e associazioni insieme, facciano la propria parte. Tocca alla società responsabile, non solo rispettare essa stessa le regole del vivere civile, ma compiere un ulteriore sforzo di denuncia delle ingiustizie, collusioni e violenze attraverso cui la 'ndrangheta e gli ambienti corrotti e criminali che le sono contigui continuano a soffocare la libertà della nostro comunità". "Soltanto se il 'noi' - conclude Libera - diventerà, finalmente, il soggetto della lotta alle mafie, riusciremo, tutti insieme, a trovare la forza per trasformare la paura, la fatica e la rabbia in giustizia e speranza per la nostra terra".

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