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    La Dia sequestra 4 mln di beni tra Cosenza, Reggio, Prato e Ferrara

     

     

    La Dia sequestra 4 mln di beni tra Cosenza, Reggio, Prato e Ferrara

    02 apr 14 La Direzione Investigativa Antimafia di Firenze sta ultimando l'esecuzione nelle province di Prato, Ferrara, Cosenza e Reggio Calabria, di un decreto di sequestro emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del tribunale reggino relativo ad abitazioni, terreni, quote societarie e conti correnti riconducibili ad un imprenditore calabrese. Il valore complessivo dei beni da sequestrare è stimato in circa 4 milioni di euro. Il tribunale di Reggio Calabria - Sezione Misure di Prevenzione, accogliendo la proposta congiunta del procuratore distrettuale di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, e del direttore della Dia, Arturo De Felice, ha emesso decreto di sequestro dei beni riconducibili a Sante Pisani, 65 anni, originario della Piana di Gioia Tauro, trasferitosi con il nucleo familiare a Poggio a Caiano (Prato), agli inizi degli anni '90 dove ha mantenuto la residenza fino al 2012, per poi fare ritorno nel Comune di origine. Secondo la Dia Pisani ha assunto un ruolo di primo piano diventando il referente economico-finanziario di vari esponenti della criminalità organizzata calabrese, alcuni dei quali ai vertici delle più pericolose matrici 'ndranghetiste quali le famiglie Pesce e Bellocco di Rosarno (Reggio Calabria). Dall'esame di altre indagini giudiziarie, delle frequentazioni, dei legami di parentela, degli interessi societari nonché della documentazione fiscale e bancaria, Pisani è indiziato di appartenere alle associazioni di cui all'art. 416 bis c.p., con la "specializzazione" criminale di riciclare notevoli somme di denaro derivanti da truffe all'Unione Europea per contributi elargiti ad aziende e cooperative agricole della Calabria, ottenuti grazie a false documentazioni e collusioni con impiegati pubblici della Regione Calabria. Lo stesso decreto di sequestro ha riguardato anche il figlio di Sante Pisani, Vittorio Pisani, avvocato, di recente arrestato nell'operazione Onta, per aver favorito la 'ndrina Bellocco.

    Sante Pisani, l'imprenditore al quale sono stati sequestrati beni per circa 4 milioni di euro, avrebbe svolto un ruolo di mediatore per salvare la vita al figlio, l'avv. Vittorio Pisani, che le cosche di Rosarno stavano pensando di uccidere. E' quanto emerge dalle indagini condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo del Reparto investigativo del Comando provinciale di Reggio Calabria, che sono anche all'origine del sequestro. Una precedente richiesta effettuata dalla Dia di Firenze era stata respinta dal Tribunale di Reggio ed è stata reiterata dalla Dda reggina dopo le indagini dei carabinieri. Vittorio Pisani è stato arrestato nel febbraio scorso per concorso in maltrattamenti in famiglia e in violenza privata aggravati dall'avere favorito un sodalizio mafioso insieme ad un altro legale, l'avv. Gregorio Cacciola, e a Michele Cacciola, Anna Rosalba Lazzaro e Giuseppe Cacciola, rispettivamente padre, madre e fratello della testimone di giustizia Maria Concetta Cacciola morta il 28 agosto 2011 dopo avere ingerito acido muriatico e che, secondo l'accusa, sarebbe stata uccisa. I due avvocati sono accusati di avere aiutato i familiari della Cacciola a mettere in atto nei confronti della donna una serie di ricatti, intimidazioni e minacce per costringerla a ritrattare le accuse contro i Bellocco. Nel corso delle indagini, i carabinieri hanno intercettato alcune conversazioni dell'avv. Cacciola. In una, con Giovanbattista Cacciola, zio di Maria Concetta, il legale riferisce che Sante Pisani aveva affrontato Gregorio Cacciola per lamentarsi del fatto che andava in giro a parlare male del figlio. Dalla stessa conversazione, secondo i carabinieri, emerge che, successivamente, Sante Pisani si era recato a parlare anche con l'avv. Cacciola che gli aveva evidenziato che il comportamento tenuto dal figlio era ingiustificabile, al punto che la famiglia Pisani, per recuperare l'onore perduto, aveva una sola scelta, ucciderlo (prima gli ho detto io vieni con me dove ti dico io, poi prendi una "faccetta" (falce) e .. ma non voglio che arrivi nemmeno questo ...). L'avv. Cacciola, poi, secondo la ricostruzione dei carabinieri, rilevava che sarebbe stato meglio non ammazzare Pisani, in quanto "non ne vale nemmeno la pena", mentre Giovanbattista Cacciola avrebbe dato la sua disponibilità ("se c'è .. se c'è il bisogno si fa qualcosa"). I1 ruolo di "mediatore" svolto da Sante Pisani nella vicenda è stato confermato anche dal figlio Vittorio nel corso dell'interrogatorio di garanzia.

    Sarebbero provenute da truffe su finanziamenti dell'Unione Europea le somme investite in case, terreni ed attività commerciali da Sante Pisani, l'imprenditore calabrese di 65 anni a cui stamani sono stati sequestrati beni per 4 milioni di euro in base a una misura di prevenzione emessa dal tribunale di Reggio Calabria su richiesta della procura distrettuale antimafia calabrese e dalla Dia. I finanziamenti erano chiesti per imprese del settore agroalimentare in Calabria e le domande venivano esaminate dalla Regione Calabria. Ma poi, secondo gli inquirenti, le somme ottenute tramite la Ue venivano 'distratte' in investimenti in immobili e attività commerciali obiettivo del sequestro scattato oggi. All'imprenditore sono stati sequestrati, tra l'altro, un casale e terreni intestati a un cognato a Comacchio (Ferrara) ma gestiti di fatto da lui e dal figlio, l'avvocato Vittorio Pisani; una villetta e una lavanderia a Poggio a Caiano (Prato), comune dove ha avuto la residenza dall'inizio degli anni '90 fino al 2012; tre abitazioni, un negozio, agrumeti e vigneti a Rosarno (Reggio Calabria); vari conti correnti e polizze assicurative. I beni sarebbero stati intestati anche ad affiliati delle cosche di riferimento della 'ndrangheta di cui Pisani sarebbe - secondo gli inquirenti - il referente economico-finanziario. Per 'tracciare' il patrimonio di Pisani, la Dia ha operato ricerche su varie banche dati: alcuni accertamenti avrebbero evidenziato un'eccessiva sproporzione tra i redditi dichiarati da Pisani e dalla moglie rispetto al patrimonio familiare effettivo, aspetto che ha convinto gli investigatori ad approfondire le indagini.

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