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    Blitz della Mobile di Catanzaro contro la cosca Procopio, scoperto chi minacciò giornalista

     

    Blitz della Mobile di Catanzaro contro la cosca Procopio,18 arresti, scoperto chi minacciò giornalista

    26 ago 14 La squadra mobile di Catanzaro ha arrestato 20 persone accusate di appartenere alla cosca della 'ndrangheta dei Procopio-Mongiardo che opera nella zona del basso Jonio catanzarese. I provvedimenti sono stati emessi dalla Dda di Catanzaro. Dalle indagini sono state scoperte una serie di estorsioni e danneggiamenti a imprenditori e commercianti. I poliziotti hanno individuato anche un traffico di armi attraverso un canale utilizzato da calabresi residenti in Svizzera.

    Diciotto gli arresti, Sedici persone condotte in carcere, due agli arresti domiciliari e due ricercati. Sono i numeri dell'operazione Hybris condotta dalla squadra mobile di Catanzaro nei confronti della cosca della 'ndrangheta dei Procopio-Mongiardo. La detenzione in carcere è stata disposta per Mario Mongiardo, di 46 anni, già detenuto; Gerardo Procopio (54); Giuseppe Mongiardo (54); Domenico Procopio detto Mico (50); Gregorio Procopio (50); Roberto Andracchio (49); Francesco Procopio (30); Francesco Ranieri (29); Antonio Procopio (24); Michele Lentini (43), già detenuto; Santino Procopio (31); Alberto La Rosa detto zio Umberto (59); Angelo Aloi (25); Roberto Ierace (30); Giuseppe Corapi (31) e Carmine Procopio (27). Ai domiciliari sono stati posti, invece, Giuseppe Fiorentino, di 28 anni, e Michele Matarese (38). Sono ricercati Alessandro Borgnis, di 27 anni, e Francesco Agresta (33).

    Scoperto chi minacciò giornalista. L'autore di minacce ad un giornalista è stato scoperto nel corso delle indagini della squadra mobile di Catanzaro che stamane hanno portato all'arresto di venti persone accusate di appartenere alla cosca della 'ndrangheta dei Procopio-Mongiardo. Ad uno dei capi della cosca, infatti, è stato contestato di aver posto in essere delle minacce, aggravate dalla metodologia mafiosa, nei confronti di un giornalista per costringerlo ad astenersi dal pubblicare articoli che evidenziavano aspetti negativi riguardo alla famiglia di appartenenza.

    Boss ordinò intimidazione a giornalista. "Digli al giornalista che quando parla delle mie cose deve essere più delicato. Non deve parlare solo contro ma anche delle cose a favore". E' questa la frase pronunciata dal presunto boss Mario Mongiardo nel corso di un colloquio con la figlia minorenne avvenuto in carcere. Il giornalista a cui faceva riferimento Mongiardo è Francesco Ranieri della Gazzetta del Sud che lavora dalla zona del soveratese. Mongiardo è ora accusato di violenza privata aggravata dalla modalità mafiosa nei confronti del giornalista. La figlia del presunto boss, secondo quanto riferito dagli investigatori della squadra mobile di Catanzaro, dopo la conversazione con il padre si sarebbe effettivamente recata da Ranieri per portargli il 'messaggio'. La vicenda è confluita nell'inchiesta della Dda di Catanzaro che stamane ha portato all'arresto di venti presunti esponenti della cosca Procopio-Mongiardo. Gli investigatori hanno ricostruito quanto è accaduto attraverso intercettazioni ambientali e telefoniche. "Sono sereno e tranquillo e continuerò a fare il mio lavoro". E' quanto ha detto il giornalista della Gazzetta del Sud, Francesco Ranieri, che ha subito minacce dalla cosca della 'ndrangheta dei Procopio-Mongiardo. "Non ho ancora letto l'ordinanza di custodia cautelare - ha aggiunto - e quindi non conosco gli atti contenuti nel procedimento penale. Allo stato posso dire di non essere turbato per la vicenda". "Continuerò a svolgere il mio lavoro - ha concluso Ranieri - come ho sempre fatto e cercherò di farlo sempre meglio".

    Ascesa della cosca dalle armi al voto. Avrebbe controllato il territorio della zona di San Sostene, Montepaone, Gasperina e Sant'Andrea, la cosca della 'ndrangheta dei Procopio-Mongiardo al centro di una inchiesta chiamata Hybris della Dda di Catanzaro che stamane ha portato all'arresto di vento persone. Le indagini della squadra mobile del capoluogo calabrese hanno consentito di ricostruire una serie di estorsioni a commercianti ed imprenditori oltre ad un traffico di armi dalla Svizzera. Nell'inchiesta sono confluite numerose intercettazioni telefoniche ed ambientali e le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia che ha arricchito gli elementi già in possesso degli investigatori. I poliziotti hanno anche scoperto i responsabili del tentato omicidio di Antonio Gullà, 57 anni, avvenuto a Soverato nell'ottobre del 2010. L'uomo fu ferito perchè ritenuto vicino alla cosca avversaria dei Procopio-Sia-Vallelunga. Da una serie di intercettazioni è emerso, inoltre, l'interessamento della cosca Procopio-Mongiardo per le elezioni amministrative del 2011 a San Sostene. Questa parte dell'inchiesta, però, non rientra nell'ordinanza di custodia cautelare che ha portato all'arresto delle venti persone. Il Procuratore di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, ha evidenziato che "siamo riusciti a ricostruire gli assetti associativi della cosca. Una organizzazione che si riforniva continuamente di armi dalla Svizzera e che poi sparava all'impazzata per strada solamente per affermare il controllo ed il predominio sul territorio". Il Procuratore aggiunto, Giovanni Bombardieri, ha poi aggiunto che "la cosca aveva assunto il controllo totale del territorio creando degli spostamenti anche nella piccola criminalità". Il questore di Catanzaro, Vincenzo Carella, ed il capo della squadra mobile, Rodolfo Ruperti, hanno affermato che "abbiamo portato a termine una indagine molto complessa. Abbiamo dimostrato una forza spaventosa della cosca"

    "E' l'ennesima conferma: i giornalisti con la schiena dritta, incompatibili con gli 'inchini' sono ormai bersagli mobili. Le cosche hanno alzato il tiro: dagli avvertimenti trasversali sono passati alle minacce esplicite, alle intimidazioni dirette". Lo afferma in una nota, il Cdr della Gazzetta del Sud . "Assai eloquente è il caso, l'ultimo di una lunga serie nel panorama del giornalismo calabrese - si aggiunge - del collega di Gazzetta del Sud Francesco Ranieri, il cui unico torto è stato quello di scrivere senza usare quella 'delicatezza' che il boss pretendeva. Cioè senza piegarsi al quieto vivere, alle complicità e alle omissioni. A questo punto bisogna continuare nel solco tracciato dal Sindacato dei giornalisti calabresi, facendo scudo attraverso un rapporto operativo con le istituzioni e le forze dell'ordine. Ma scrivere sotto tutela è solo la risposta a un'emergenza, in questo caso a un'escalation di pressioni criminali che hanno raggiunto il limite. Le reazioni collettive - un po' sul modello delle associazioni antiracket - possono delineare una coscienza professionale più omogenea rispetto alla campagna di intimidazioni delle cosche contro i giornalisti". "A Francesco - conclude il Cdr della Gazzetta del Sud - il nostro pieno e incondizionato sostegno. Il suo coraggio e il suo spirito professionale sono esempi per tutti noi".

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