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    Dia: grave rischio infiltrazione ndrangheta negli enti locali in Calabria

     

    Dia: grave rischio infiltrazione ndrangheta negli enti locali in Calabria

    05 ago 14 "E' grave e persistente in Calabria il rischio di infiltrazione mafiosa negli enti locali". E' in questa regione infatti che si conta il maggior numero di comuni sciolti per mafia. Lo rileva la Dia nella relazione al Parlamento. In particolare nella provincia di Reggio Calabria le indagini hanno dimostrato "ancora una volta, la pervasiva capacità della 'ndrangheta di infiltrarsi nel settore degli appalti pubblici condizionandone i meccanismi di regolazione". La mafia calabrese è inoltre caratterizzata da un "persistente dinamismo, robuste potenzialità organizzative, ampie disponibilità di risorse". Pericoloso, secondo la Dia, è il tessuto di relazioni e collusioni con ambienti politici e imprenditoriali che la 'Ndrangheta è riuscita a creare con un "modus operandi che costituisce la più rilevante minaccia della matrice 'ndranghetista esportata anche in altre regioni". Infine "le vulnerabilità che, ormai da tempo, affliggono il sistema amministrativo locale calabrese, sono sintomo di una emergenza che non accenna ad essere contenuta e che richiede costante vigilanza e sinergica coralità nelle risposte istituzionali".

    "La relazione esposta dalla Dia al Parlamento pone delle questioni molto importanti a cui bisogna dare risposte immediate ed efficaci". Lo dice il senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della Commissione parlamentare antimafia. "In questi anni - aggiunge - sono stati ottenuti risultati senza precedenti, ma Matteo Messina Denaro è ancora latitante, Riina continua a comportarsi come un capo, a minacciare le istituzioni e a lanciare messaggi chiari all'organizzazione. Ecco perché bisogna prevenire le mosse dei boss, non dare loro il tempo di riorganizzarsi, colpirle in modo sistemico le mafie su tutti i versanti: economico-finanziario, delle collusioni politico-istituzionali, sociale e militare". "È un'azione integrata - conclude Lumia - che richiede un salto di qualità. Oggi è possibile farlo e mi auguro che al più presto inizi quella attività legislativa che segni l'inizio di una svolta, a cominciare dall'introduzione del reato di autoriciclaggio nel nostro ordinamento, dall'aumento delle pene per tutti i reati di stampo mafioso, dall'aggressione ai patrimoni, da una migliore gestione dei beni confiscati".

    "L'allarme lanciato dalla Dia nella relazione semestrale parla di 'grave e persistente rischio di infiltrazione mafiosa negli enti locali', con la Calabria che si conferma come la regione con il più alto numero di Comuni sciolti per mafia". Lo afferma il sindaco di Pizzo e candidato alle primarie del centrosinistra per la scelta del candidato presidente alla Regione, Gianluca Callipo. "Quando parlo della necessità di rinnovare profondamente le istituzioni - prosegue Callipo - parlo anche di questo tipo di cambiamento. Se oggi, nel 2014, siamo ancora la regione a più alta densità mafiosa nella pubblica amministrazione, significa che la classe dirigente attuale, anche quando è rappresentata da persone oneste, non è comunque all'altezza di questa difficile battaglia di civiltà e di libertà. La Regione non può risolvere la questione mafia nel suo complesso, che è anche un problema culturale, ma può diventare un faro di trasparenza e di legalità per tutti gli enti locali calabresi. È questa la Regione che vogliamo".

    "L'ultima relazione della Dia al Parlamento conferma l'aggressività e la forza dei poteri mafiosi a cui si contrappone un apparato investigativo e di contrasto di grande professionalità, di cui abbiamo apprezzato il lavoro nel corso delle numerose audizioni e missioni svolte dalla Commissione parlamentare Antimafia". Così il Presidente della Commissione parlamentare Antimafia Rosy Bindi commenta la relazione al Parlamento della Direzione investigativa antimafia. "L'allarme della Dia su livelli di rischio più elevati deve far crescere l'attenzione nella lettura delle nuove sfide - aggiunge - In particolare al nuovo profilo imprenditoriale delle mafie e alle infiltrazioni nell'economia legale e negli appalti pubblici. Non a caso, la Commissione Antimafia ha avviato alcuni focus di approfondimento sui rapporti tra mafie e pubbliche amministrazioni, da Expò 2015 alla ricostruzione in Abruzzo alla presenza nelle regioni settentrionali, mantenendo alta l'attenzione sui territori più esposti all'intimidazione e alla violenza delle cosche, come la Calabria, la Sicilia, la Campania e la Puglia". Secondo Bindi non va, inoltre, "sottovalutata la ricerca di nuovi equilibri interni alle mafie, soprattutto di Cosa Nostra, anche se le inchieste stanno colpendo sul nascere i tentativi di ricreare strutture di vertice o, come nel caso Italgas, intrecci ed collusioni economiche di vecchia data ma ancora presenti. Né il rischio che lo scontro interno alla camorra possa degenerare in una nuova guerra tra i diversi gruppi". "Ma soprattutto - insiste - occorre tenere alta la guardia sulle capacità di inquinamento delle amministrazioni locali sia in Calabria che in Lombardia, Piemonte e Liguria della 'Ndrangheta, che si conferma come la realtà criminale più aggressiva". Secondo Bindi per contrastare "i tentativi dei gruppi criminali stranieri di organizzarsi sul territorio secondo il modello delle nostre mafie è indispensabile rafforzare la cooperazione internazionale e cogliere l'occasione del semestre di presidenza italiana della Ue per fare della lotta alla criminalità organizzata una priorità nella strategia di crescita dell'Europa". Bindi ricorda anche "i risultati positivi registrati sul fronte dei sequestri e delle confische delle ricchezze mafiose accumulate grazie alla complicità di intermediari, professionisti e imprenditori che agiscono nella legalità" e aggiunge:"le misure di prevenzione patrimoniali si confermano uno strumento essenziale per colpire quella vasta zona grigia in cui le mafie prosperano inquinando la politica e l'economia. Anche oggi, a Trapani, una complessa operazione della polizia di Stato e della Gdf con il sequestro dei beni del vicepresidente dell'Ance Sicilia per un valore di 25 milioni di euro, ha permesso di neutralizzare un comitato d'affari costituito da imprenditori insospettabili e uomini di Cosa nostra che condizionava lavori e appalti di rilevanti opere pubbliche".

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